Ultimo aggiornamento 24.04.2025 - 9:33
Mariangela Parenti

Mariangela Parenti

Dopo l'avvio dello scorso maggio, riprendono i webinar previsti in Easy - Formazione a supporto degli investimenti, il piano formativo 2022-2023 studiato per supportare i comuni sul tema degli investimenti.

In particolare, i prossimi appuntamenti riguarderanno l’aggiornamento sulla normativa di base, incentrato sul settore degli appalti e dei contratti pubblici. Come nel precedente ciclo, anche i prossimi webinar avranno un taglio concreto e operativo, per fornire in modo pratico al dipendente comunale le conoscenze necessarie a poter svolgere il proprio ruolo in modo ottimale.

L’iniziativa formativa nasce nel quadro delle attività di supporto ai processi comunali di investimento realizzate attraverso la convenzione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dell’Interno, l’Osservatorio Investimenti comunali e il Dipartimento Supporto ai Comuni e Studi politiche europee di IFEL. La Fondazione ha pubblicato nel 2022 la piattaforma EASY allo scopo di offrire un supporto operativo alle amministrazioni comunali nella realizzazione dei loro investimenti.

E' stato attivato, contestualmente, anche il servizio Easy Quesiti che ha come scopo, tra gli altri, quello di orientare la formazione: i partecipanti, infatti, possono porre agli esperti IFEL le loro domande anticipatamente, le cui risposte saranno trattate durante gli appuntamenti in calendario. (Per poter accedere al servizio, gli utenti dovranno essere registrati).

Per scoprire i temi dei nuovi webinar, date e modalità di iscrizione, consulta questa pagina.

Dialogo con Anada Francesconi, Ufficio Europa del Comune di Treviso e responsabile del Progetto La Grande Treviso Next Generation City e Filippo Spanu, Assessore alla Programmazione e realizzazione dell’Agenda 2030 del Comune di Nuoro, referente del Progetto Next Generation Nuoro 2030.

L’opportunità dei grandi investimenti, possibili grazie alle ingenti risorse economiche che stanno arrivando ai Comuni con il PNRR e che arriveranno anche con l’avvio dei programmi operativi della coesione 2021-2027, apre due fronti critici: da una parte l’impegno della progettazione, dall’altra, il tema della gestione delle nuove opere e dei nuovi servizi realizzati o rifunzionalizzati con questi investimenti e delle risorse finanziarie necessarie per la stessa.

Per fare questo occorre innanzitutto che l’Amministrazione locale affianchi agli interventi che soddisfano fabbisogni nel breve periodo una visione strategica che preveda invece interventi di medio-lungo periodo. A ciò deve aggiungersi un investimento forte su nuove competenze e capacità, di fatto sulle nuove generazioni, che poi è quanto richiede l’attuazione del Recovery Plan, ovvero Next Generation EU.

Elemento certamente innovativo nella pianificazione di interventi strategici che guardino alla concretezza dell’attuazione e della gestione sostenibile è il respiro territoriale ampio di strategie che si connotino come strategie di area vasta coinvolgendo amministrazioni comunali diverse condividendo una visione di territorio unitaria per la realizzazione di un obiettivo comune di cambiamento di lungo periodo.

Così il ProgettoLa Grande Treviso”, che raccoglie tutte le Città dell’Intesa Programmatica d’Area (IPA) Marca Trevigiana, Treviso capofila e le venti Città dell’area, intorno a una strategia condivisa non solo di sviluppo ma di cambiamento. E così anche il Progetto Next Generation Nuoro 2030.

Condivisione e apertura sono gli elementi chiave che introducono i necessari profili di innovazione negli strumenti di governance, programmazione e concertazione, di una pianificazione strategica di area vasta che guarda essenzialmente al futuro. Si tratta di “innovare il modello organizzativo dello stare insieme, del progettare fra Comuni”, ci ricorda Anada Francesconi, per far dialogare soggetti che sono tecnici ma anche politici e per ricondurre a sintesi visioni territoriali che presentano le loro specificità quando riguardano, ad es., sia territori montani e isolati che aree turistiche.

Se è normale che si parta inevitabilmente da tante idee diverse di sviluppo, quando si parla di “visione” bisogna far sì che tutte le idee diventino fonti di contaminazione e di modifiche: a volte sarà necessario abbandonare la propria idea e fare sintesi con le idee degli altri, fare propria una visione “allargata” in cui si superano i confini fisici e amministrativi fra comuni.

Condivisione e ascolto attivo e partecipativo come ingredienti necessari se si vuole costruire una città a misura delle nuove generazioni. Fare rete fra città e scambiare esperienze non solo fra comuni di una stessa area vasta ma anche con altri comuni che condividono dimensioni, condizioni di contesto, criticità e opportunità (come in questo periodo di ingenti risorse finanziarie a disposizione). Sono perciò importanti occasioni di stare in rete con altre città e condividere un percorso, come quella offerta dal progetto dell’ANCI “Mediare”, un’occasione nuova per le città medie, che consente di rafforzare tutto il territorio, con strumenti di confronto e cooperazione che danno un senso forte al ruolo della città media rispetto all’area vasta di riferimento.

La pianificazione dello sviluppo e del cambiamento deve essere condivisa, nel senso ampio del termine, ma deve anche essere consapevole. Una pianificazione con queste caratteristiche si basa su analisi di contesto e valutazioni ex ante: solo in questo modo, ci si può trovare pronti con una progettazione integrata di qualità, quando arrivano anche le opportunità di accedere a risorse finanziarie ingenti, come nel caso dei bandi PNRR, soprattutto soddisfacendo i fabbisogni e valorizzando le risorse del territorio, anziché rincorrere bandi ciechi ai territori e ai bisogni. Le indagini statistiche e demografiche sul territorio, le analisi di contesto diventano imprescindibili e non può che condurle un soggetto terzo. E qui la rete si allarga a tutti gli stakeholders del territorio, in questo caso alle università e ai centri di ricerca che sono snodi di innovazione a loro volta e che si candidano ad essere parte di una rete che pervade e coinvolge il territorio vasto nella sua interezza.

L’apertura è praticata poi anche con un maggiore accesso dei cittadini ai servizi, in primis ai servizi digitali, come sottolinea Francesco Spanu, cosicché lo sviluppo del digitale non è solo un adempimento ma diventa strategico. Anche l’accesso dei cittadini ai servizi in maniera diffusa dunque si propone come strumento per legare i comuni dell’area vasta fra loro, creare un vero e proprio reticolo e rafforzare la condivisione. “Un lavoro che si realizza non senza difficoltà, poiché bisogna abituarsi a lavorare insieme, a condividere strategie e obiettivi”, che riguardano inizialmente solo la propria città, afferma Spanu.

Innovazione e cambiamento passano infine per le competenze e le capacità: troppo a lungo si è guardato solo alle competenze “tradizionali” del personale delle pubbliche amministrazioni, ma oggi occorre guardare a capacità e professionalità nuove di cui sono portatori proprio i giovani.

Questi elementi insieme, apertura all’area vasta da un lato, introduzione di nuove professionalità dall’altro, consentono di fare sintesi fra visioni strategiche di comuni diversi, inizialmente legate ai propri confini amministrativi, e consentono altresì di dare concretezza realizzativa e stabilità ai progetti.

Perché gli amministratori comunali cambiano e solo il personale tecnico, i “civic servants” possono dare continuità e accompagnare una strategia che in quanto di lungo periodo va ben oltre la durata di un mandato amministrativo.

Diventa così strategica la possibilità di reclutamento di nuove figure professionali, di carattere progettuale e tecnico, che vadano a comporre hub di competenze e risorse professionali condivisi da tutti i comuni dell’area vasta, gruppi di lavoro che lavorano sulla coesione sociale e produttiva di tutti i comuni dell’area.

Occorre anche il coinvolgimento di figure professionali “esterne” alle amministrazioni, perché il coordinamento fra gli uffici dei diversi comuni e gli uffici all’interno del singolo comune sia effettivo e funzioni. Questo coordinamento deve essere reale e forte e per questo bisogna mettere in campo facilitatori che accompagnino i comuni nel dialogo, nell’essere più aperti al confronto.

Viste le complessità attuali, occorrono poi uffici progettazione dotati di professionalità che sappiano pianificare integrando settori di intervento e territori, che sappiano fare rete ed analizzare contesto e fabbisogni. E per questo, occorrerebbe ripensare anche alle procedure di reclutamento, migliorandole ed attualizzandole ai nuovi contesti e a i nuovi fabbisogni di risorse umane qualificate, sottolinea Francesconi: “occorrono le competenze, ma anche le capacità relazionali e manageriali (….), perché le risorse umane fanno grandi progetti e senza le risorse umane non vanno avanti i progetti”.

Dunque, partiamo dalle competenze, certo, ma guardiamo alle capacità e al ricambio generazionale nel personale, diversamente non si riuscirà a guardare al futuro!

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Dialogo con Gelsomina Macchitella, Dirigente del Settore Sviluppo Economico del Comune di Brindisi e Daniela Luisi, Responsabile dell’Ufficio InformAmbiente del Comune di Padova

La spesa pubblica diventa la leva per le transizioni, traducendo le strategie in atti amministrativi per l’affidamento e la realizzazione degli interventi desiderati. Per questo la scelta dei fornitori di beni e servizi pubblici richiede di pensare, fin dall’inizio, agli impatti desiderati.

Affinché un investimento pubblico produca valore condiviso è certamente necessario impostare una strategia volta ad ottenere obiettivi precisi, così come è importante tradurre la strategia in una progettualità adeguata. Dopo di ché, c’è un terzo passaggio che ha un ruolo-chiave ed è l’affidamento della realizzazione del progetto (o di alcune sue parti) agli attori “giusti”. L’attuazione di ogni progettualità passa da una fase critica: la scelta del modello di procurement che, sempre di più, richiede al committente pubblico di condividere con i propri fornitori e partner, una serie di azioni volte a garantire la sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) delle azioni messe in campo e volte altresì a garantire la realizzazione degli impatti desiderati. Scegliere i fornitori di beni e servizi pubblici richiede di pensare, fin dall’inizio, agli impatti che si vogliono ottenere attraverso l’investimento.

La spesa pubblica diventa, dunque, la leva per i cambiamenti e le transizioni, traducendo le strategie in atti amministrativi per l’affidamento e la realizzazione degli interventi: per questo è cruciale come ciò che è stato inizialmente progettato si trasferisca negli atti di affidamento.

E’ quanto emerso nel corso dell’intervista con Gelsomina Macchitella e Daniela Luisi che hanno presentato, in particolare, due progetti: Appia 2030 – che ha come capofila il Comune di Brindisi-  e Veneto ADAPT -con capofila il Comune di Padova. Entrambi sono centrati sui temi del green e della sostenibilità ambientale. In particolare Appia 2030 intende fare di Brindisi la capitale del turismo lento ed esperienziale, a partire da una strategia che valorizzi l’itinerario turistico collegato alla via Appia. Il progetto Veneto ADAPT (che da poco si è concluso) si è concentrato, invece, sul cambiamento climatico e ha coinvolto alcune città del Veneto centrale con problemi determinati dall’assetto idrogeologico e dalle isole di calore.

In tutti e due i casi il metodo di lavoro è stato aperto e partecipato, con il coinvolgimento delle comunità e di diversi portatori di interesse. I fornitori esterni coinvolti sono stati scelti sulla base delle necessità specifiche: nel caso di Brindisi, parlando di mobilità lenta, sono state individuate due società che hanno un focus specifico sui temi ambientali e sul rispetto della natura, cammino lento e mobilità sostenibile. Nel caso di Veneto ADAPT, invece, l’azione di coinvolgimento realizzata dal Comune di Padova è stata ampia, anche grazie alle modalità ormai tradizionali di confronto con il territorio che il Comune ha già da anni, dove tutti sono coinvolti: dalla società civile, ai professionisti, alle imprese, alle associazioni di categoria.

Negli ultimi anni c’è stata una forte spinta (che arriva anche dall’Europa) verso l’applicazione di novità che possono aiutare le amministrazioni comunali a scegliere i partner e i fornitori più adeguati per realizzare progetti innovativi con impatti ambientali, sociali ed economici positivi. Per esempio, il codice degli appalti ha inserito i CAM (Criteri Ambientali Minimi)[1], una novità che richiede di valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa e, a differenza del ribasso, pone attenzione alla qualità. In questo modo il pubblico condiziona l’offerta esterna di beni e servizi: se cambia la domanda dovrà infatti cambiare anche l’offerta, permettendo al mercato di adattarsi ai criteri della PA. Dato che le verifiche delle dichiarazioni che le aziende presentano nelle gare non sono semplici, i Comuni, per scegliere i loro fornitori si orientano, come per esempio suggerisce Brindisi, su soggetti certificati: le certificazioni, infatti, sono uno dei criteri che garantiscono la presenza di certe condizioni e caratteristiche di qualità tecnica e di qualità. Il Comune di Padova, invece, da qualche anno si è dotato di un piano triennale degli acquisti verdi e sperimenta obiettivi che vadano oltre i CAM con interventi specifici come per esempio la riduzione dell’impatto degli eventi organizzati in città.

Dall’Europa è arrivato di recente un ulteriore impulso verso l’attenzione agli impatti sostenibili. Con il PNRR è stato inserito un altro parametro che deve essere rispettato per accedere alle risorse del Recovery and Resilience Facility: il principio del Do Not Significant Harm (DNSH) che prevede che gli interventi previsti dai PNRR nazionali non arrechino nessun danno significativo all’ambiente. Inoltre, i piani devono includere interventi che concorrono alla transizione ecologica.

Queste novità mettono in difficoltà coloro che, all’interno dei Comuni, si occupano dei lavori pubblici e che devono gestire le nuove indicazioni relative agli impatti traducendole in procedure per gli acquisti verdi e nella gestione di gare che tengano conto dell’obbligo di aggiudicare l’offerta non al prezzo più basso ma all’offerta economicamente più vantaggiosa. Gli operatori comunali sono spesso timorosi nell’applicazione di queste novità e richiedono a gran voce di essere supportati e formati (oltre che tranquillizzati) per poter rendere concrete queste nuove opzioni. La PA ha bisogno di orientamenti coerenti e di tanta formazione per adeguarsi alle nuove normative e per imparare a far fronte alla complessità.

Sono diverse, dunque, le questioni che si aprono rispetto alla gestione degli appalti come snodo per gli investimenti che accompagnano le transizioni:

  • le novità sul fronte degli appalti richiedono maggiore attenzione alla qualità sia da parte della domanda (PA) sia da parte dell’offerta (i fornitori che rispondono alla PA);
  • per realizzare un’opera servono tanti tipi diversi di competenze sia tecnico-amministrative sia competenze legate ad un sapere relazionare, a maggior ragione dovendo negoziare visioni e lavorando su aree vaste (come nel caso dei due progetti presentati nell’intervista);
  • sicuramente il PNRR sarà un elemento di svolta non solo per la quantità di finanziamenti ma perché obbligherà i progettisti e i funzionari dei Comuni a ragionare non solo su come spendono i soldi, quanto sugli impatti che l’opera può generare lungo tutto il suo ciclo di vita;
  • servono al più presto strumenti e azioni formative di supporto per gli operatori dei Comuni.

[1] Sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato.

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Dialogo con Roberto Moriondo, Direttore Generale del Comune di Novara e Michele Bertola, Direttore Generale del Comune di Bergamo e Presidente di ANDIGEL

Gli investimenti locali negli ultimi anni sono stati i grandi assenti sui nostri territori, oggi i Comuni hanno a disposizione molte risorse, tecnicamente aggiuntive e straordinarie e orientate a realizzare cambiamenti importanti. I Comuni sono chiamati, sempre di più, a giocare un nuovo ruolo di regia che favorisca la creazione di nuove occasioni, nuove risposte ai bisogni, nuove ricombinazioni degli interessi, con un orientamento generativo e sostenibile per tutto il sistema territoriale. Per farlo, occorre che le opportunità d’investimento siano inserite in una visione di futuro del territorio ed essere integrate in programmi e progetti di medio-lungo periodo. Una prospettiva che guardi soprattutto agli effetti e agli impatti che il complesso di investimenti programmati può generare, affrontando così le sfide dell’innovazione tecnologica e sociale e della transizione verde. Se i Comuni riusciranno a conquistare una loro autonomia di visione strategica, gli investimenti avranno un impatto significativo sui loro territori; diversamente saranno comunque utili ma certo non decisivi per il futuro. 

Se tutto questo è vero, la pubblica amministrazione locale italiana risulta tuttavia ancora condizionata da una stagione recentissima in cui gli amministratori hanno reperito le risorse finanziarie per investimenti rincorrendo bandi e avvisi, spesso non coerenti con gli obiettivi dell’amministrazione comunale e con i bisogni del territorio e della comunità; inoltre, il personale comunale è progressivamente invecchiato e si è depauperato in termini di competenza e know-how, oltre ad essere diminuito di numero.

E se alcuni interventi normativi, come lo sblocco del turn-over nei Comuni e la possibilità di assumere per l’attuazione degli interventi finanziati dal PNRR, hanno dato una boccata d’ossigeno e avviato la spinta al rinnovamento ed all’arricchimento degli organici comunali, la pioggia di bandi del PNRR ha invece accentuato, in alcuni casi, la criticità legata alla partecipazione a bandi non coerenti ai bisogni del territorio e alla strategia di sviluppo del Comune, che si candida ad accedere a risorse finanziarie che rischiano, per questo, di non essere in grado di generare impatti significativi, né interventi sostenibili nel tempo.

Di più: il PNRR è un programma sviluppato “verticalmente” per missioni settoriali (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute) e ha rischiato di produrre un effetto di “spiazzamento” su programmi e/o strategie territoriali integrate, la cui realizzazione richiede investimenti e interventi intersettoriali e che, invece, per intercettare le risorse PNRR, è stato necessario “spacchettare”.

D’altra parte, la fissazione nel Piano di target e milestones contribuisce a introdurre la cultura della valutazione ex ante degli impatti e dei risultati attesi degli interventi in contesti amministrativi dove non erano praticati. Ma soprattutto, PNRR e le altre risorse per investimenti che arriveranno, ad es., dai fondi strutturali europei 2021-2027, consentono al Comune di dare gambe a strategie integrate di sviluppo e ad interventi complessi, come quelli di riqualificazione urbana ad es., che in precedenza erano inattuabili proprio per mancanza di risorse, con il limite di investire nella realizzazione di singole opere e servizi.

Alla luce dell’esigenza di mobilitare risorse straordinarie (tali non solo per quantità, ma soprattutto per gli obiettivi e i risultati attesi), una delle principali condizioni che potrà rendere possibile il cambiamento radicale e significativo nella programmazione e nell’attuazione che ci si attende da parte dei Comuni italiani, è proprio questo cambio di paradigma che vede le amministrazioni comunali logicamente impegnate prima nel disegno di una strategia integrata di sviluppo basata su obiettivi dell’amministrazione e bisogni del territorio e, successivamente, nella partecipazione a bandi o nella ricerca di altre fonti di finanziamento coerenti.

Lo scouting delle risorse finanziarie è servente e successivo alla programmazione strategica e alla progettazione degli interventi che, se rispondenti all’interesse collettivo, sono indipendenti dalla preesistenza di risorse pubbliche per finanziarle; anzi, se prevedono l’attivazione di partenariati pubblico-privati, possono garantire la realizzazione di obiettivi e risultati anche in mancanza o con risorse pubbliche scarse. La scelta di candidarsi all’accesso di risorse pubbliche messe a disposizione da un bando dovrebbe dipendere dalla coerenza e dalla strategicità delle stesse rispetto al piano strategico del Comune e dalla tipologia di investimenti programmati per la sua realizzazione.

Il tema dei finanziamenti di politiche, servizi e progetti è questione complessa che molti Comuni stanno affrontando anche attraverso soluzioni ibride come succede a Novara dove il Comune ha creato un fondo di investimento (che durerà 17 anni), con una quota di capitale istituzionale e in partenariato con i privati, per la riqualificazione di un’opera importante per la città o come a Bergamo dove il Comune ha fatto una scelta organizzativa, istituendo un ufficio ad hoc che si dedica alla ricerca di finanziamenti (principalmente attraverso bandi) che consentano di realizzare molte delle idee già inserite nel programma elettorale e che, in genere, implicano anche il coinvolgimento di privati e di altre istituzioni.

Questa nuova stagione di investimenti pubblici, con disponibilità di risorse straordinarie, può dunque favorire il cambiamento e l’introduzione di elementi innovativi nella P.A. locale, con la possibilità di intervenire in nuovi settori (investimenti integrati in luogo di investimenti puntuali) e nuove progettualità (progetti complessi) ma occorre che i Comuni “investano” a loro volta su alcune pre-condizioni:

  • dotarsi di un piano strategico integrato di investimenti e delle relative progettualità, con visione e obiettivi complessivi di sviluppo: la partecipazione ad un bando dovrebbe dipendere dalla coerenza e strategicità delle risorse messe a disposizione e non dall’esigenza di “non perdere un’occasione”;
  • imparare a governare la città e non solo a far funzionare il Comune. Significa avere uno sguardo attento alla città e la capacità di governare, insieme ad altri attori-chiave come lo sono le altre istituzioni e anche i privati. Il coinvolgimento è prezioso già nella fase di definizione di una strategia complessiva per la città. Imparare, quindi, a tradurre operativamente (e amministrativamente) il paradigma dell’amministrazione condivisa;
  • occorre che si diffonda la cultura della valutazione ex ante: valutazione dei bisogni e degli obiettivi, ma anche degli impatti degli interventi sulla struttura sociale ed economica del Comune, ricercandone la sostenibilità nel tempo e la coerenza con il contesto nel quale si calano. Progettualità di qualità, coerente con obiettivi e bisogni che deve venire prima della ricerca delle risorse finanziarie.
  • centrale è l’investimento (formazione e premialità) sul capitale umano interno recuperando non solo know how ma anche il senso del lavoro pubblico per poter essere attrattivi anche nei confronti delle giovani generazioni che rifuggono l’idea di investire le loro capacità in questi contesti. Il PNRR è un’occasione sia per motivare le risorse interne più preparate al governo della complessità, sia per acquisire nuove conoscenze attraverso persone giovani con skills preziose per i Comuni;
  • inserire figure manageriali, necessarie per guidare la complessità in corso e per governare i tanti e diversi interessi (a volte confliggenti) interni ed esterni all’amministrazione comunale. Questo può consentire ai Comuni di diventare attori credibili e di riferimento anche per le altre istituzioni e per i privati;
  • valorizzare le reti di scambio fra pubbliche amministrazioni: un’occasione di intelligenza collettiva (già sperimentata sia informalmente sia attraverso progetti di supporto ad alcune comunità di pratica) che, mettendo a fattor comune soluzioni ed errori, rende più rapida l’execution perché aiuta a non ripercorrere strade non efficaci. Queste reti, inoltre, consentono ai Comuni di poter immaginare e sperimentare nuove soluzioni tecniche ed amministrative;
  • attivare forme di collaborazione pubblico-privato per dare gambe a strategie territoriali che producano degli impatti, anche, favorendo la contaminazione fra l’attore pubblico e l’attore privato, sia nell’approccio alla progettazione che in quello all’attuazione, consentendo all’uno e all’altro di apprendere e di riconoscere la centralità dei reciproci ruoli per tradurre investimenti e risorse in risultati e impatti.

 

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Dialogo con Vitandrea Marzano, Dirigente dello staff del Sindaco del Comune di Bari e Luca Torri, Amministratore Delegato STU Reggiane Parco dell’Innovazione e della Ricerca del Comune di Reggio Emilia

 

La logica utilizzata dai Comuni per pensare e realizzare le loro attività e funzioni è sempre meno autoreferenziale, grazie a tante forme di compartecipazione e partenariati incentivati anche da recenti normative. Il confronto con diversi portatori di interesse, nei diversi momenti di ideazione, progettazione e attuazione, consente di avere una lettura più articolata dei bisogni e risposte più efficaci, così come i partenariati pubblico-privati favoriscono il finanziamento e la gestione di servizi e infrastrutture di interesse collettivo che non potrebbero essere realizzati con investimenti esclusivamente pubblici.

Ma quand’è che un progetto pubblico può diventare attrattivo e interessante per altri attori del territorio? Come si possono co-responsabilizzare i partner all’interno di un progetto utile all’intera comunità? E quali sono gli strumenti giuridici da utilizzare per definire questi accordi?

Le normative che si sono succedute in questi anni riguardo le funzioni comunali e l’esercizio delle stesse, hanno alla base riferimenti impliciti a diversi modelli d’azione delle amministrazioni locali: negli anni ’90 l’idea dell’efficacia e della conseguente efficienza ha portato a spingere sulla gestione manageriale degli enti e su forme di gestione di stampo sempre più privatistico e, progressivamente, nel corso degli anni 2000, è andata aumentando l’esigenza dell’efficientamento della macchina pubblica cioè della riduzione della spesa pubblica, con una progressiva dismissione (di investimenti, di competenze, di personale, di staff interni, ecc.) e con esternalizzazioni che oggi mostrano, da tanti punti di vista, i loro lati negativi.

Oggi, in era di PNRR, sembra che si possa, anzi che si debba, recuperare un nuovo equilibrio tra efficacia dell’azione pubblica ed efficienza della stessa: la grande complessità da affrontare e gli oneri che ne conseguono, hanno fatto riportare l’attenzione sull’esercizio della cittadinanza attiva come valore e come produttore di valore, così come è stata recuperata la focalizzazione sul ruolo dell’azione del Comune che deve essere sempre e comunque orientata al bene comune, anche quando la gestione operativa venga affidata a soggetti esterni. Per questo teorie e modelli recenti ripensano all’azione pubblica esercitata dai Comuni (in quanto enti prossimi ai cittadini e ai territori) come ad un’azione ecosistemica e sinergica con gli altri attori-chiave: le imprese, le altre istituzioni, i cittadini, le associazioni, ecc. Per definire questo nuovo orientamento generativo dell’azione amministrativa, possiamo attingere all’idea di amministrazione condivisa proposta nel Codice del Terzo settore, ampliando il ricorso agli strumenti tracciati dal Codice oltre gli attori del Terzo settore e verso tutte le diverse forme di collaborazione e co-creazione che i Comuni e gli altri attori del territorio (istituzionali e non) attivano o possono attivare. Perché è vero che i Comuni svolgono un ruolo-chiave nei processi di cambiamento e di sviluppo dei territori ma, evidentemente, non sono i soli attori responsabili della crescita del territorio e del benessere delle persone, delle comunità e dell’ambiente. Sono diversi, quindi, i portatori di interesse che –a vario titolo- possono intervenire nelle fasi di ideazione, progettazione, attuazione, gestione, valutazione delle politiche e dei servizi.

L’esercizio della cittadinanza e la creazione di valore condiviso (che fa l’interesse anche dei privati profit) è anche questo: interiorizzare e affrontare insieme i cambiamenti del quartiere, degli spazi pubblici e, in generale, della città in cui si vive, si lavora, si studia, si produce, ecc. In questo senso, quindi, le diverse forme di partenariato pubblico-privato e le forme di co-progettazione con gli attori del Terzo settore sono processi che –pur facendo riferimento a due strumenti giuridicamente diversi- rappresentano entrambi interventi concertati e strumenti di condivisione di responsabilità tra Comune e altri attori. Anche la compravendita di alcuni spazi pubblici da parte di attori privati può rientrare in questa idea di amministrazione condivisa se, come spiega Luca Torri nell’intervista, le aziende che acquistano sono in grado di partecipare ad un certo tipo di progetto e aderiscono alla “causa comune”, trovando anche tornaconto adeguato alle loro esigenze.

Il processo di coinvolgimento dei portatori di interesse (siano essi imprese, associazioni o semplici cittadini) va fatto fin dall’avvio del percorso di creazione di visioni comuni: per definire insieme da quali bisogni partire, quali sono gli elementi di contesto da tenere in considerazione, ecc. Questo primo momento di condivisione mitiga il conflitto che può nascere dalle diverse posizioni dei portatori di interesse, riduce l’incertezza di chi viene coinvolto in questi processi e può diventare la vera chiave del successo dell’iniziativa. A una condizione però: che non si violi il patto di fiducia sul quale si basa la possibilità di negoziare le posizioni dei diversi portatori di interesse verso un cambiamento che sia sempre più condiviso.

Alla base di un buon partenariato e di una buona co-progettazione dobbiamo collocare la fiducia che nasce e si consolida attraverso diverse vie:

  • la presenza del Sindaco e degli Assessori, ovvero dei decisori politici “rappresentativi”, nei momenti-chiave di questi processi di condivisione, che devono prevedere anche la partecipazione attiva dei portatori di interesse;
  • per essere credibili è importante “fare esattamente quello che si è detto” perché è fondamentale che non ci siano deviazioni dalla vision e dalla strategia condivisa;
  • rispettare i tempi anche se può essere faticoso: questo è un messaggio di attenzione e affidabilità molto importante;
  • impegnarsi a fare “cose belle” quando si interviene su luoghi, edifici e spazi comuni: curare l’aspetto estetico è molto importante, rispettando criteri e valori che devono guidare una città contemporanea. Anche questo è un messaggio importante di cambiamento, di cura e di presa in carico: “il posto più brutto deve diventare il posto più bello”;
  • far guidare i processi collaborativi da persone che siano insieme competenti, per generare engagement, e autorevoli rispetto alla struttura interna al Comune, per tradurre tutto il lavoro di partecipazione e condivisione in azione amministrativa;
  • coinvolgere i portatori di interesse non solo nella co-progettazione ma anche nella gestione per renderli sempre più responsabili;
  • chiarire i confini e le condizioni degli accordi reciproci.

Il successo di iniziative cogenerative, soprattutto partendo dalla scala minima dei quartieri (come fanno tutte le città medie e grandi), dipende principalmente “dalla capacità di costruire una visione condivisa”. Solo in un secondo momento arrivano gli accordi formali e gli strumenti che saldano i patti che l’amministrazione comunale definisce con i diversi portatori di interesse.

Tutti gli strumenti amministrativi messi in campo per suggellare e mettere in opera una co-progettazione o un partenariato con attori privati, sono strumenti che devono essere scelti all’interno di un programma di lungo periodo e nel rispetto della natura giuridica che hanno gli attori coinvolti: diverso, infatti, è che si tratti di riqualificare grandi immobili, oppure di lavorare sull’engagement giovanile, sul coinvolgimento delle famiglie molto vulnerabili, sull’inclusione di migranti, sulla riqualificazione di piazze e spazi pubblici, sull’emersione della classe universitaria, sulla riconversione economico-commerciale, .. . Ogni obiettivo richiede l’uso di strumenti diversi. L’elenco fatto da Vitandrea Marzano durante l’intervista è esemplare: per i Centri Famiglia che lavorano con le famiglie vulnerabili non si possono usare strumenti come il PPP, che scaricano i rischi della gestione sulle famiglie stesse, quindi in quel caso sono stati utilizzati contratti di gestione di servizi; per affidare la gestione degli immobili a gruppi informali di ragazzi sono stati siglati patti di collaborazione; contratti di PPP con un fondo immobiliare privato sono stati invece utilizzati per la riqualificazione della ex manifattura tabacchi; sono poi state sperimentate forme di cooperazione orizzontale molto leggere che sono i consorzi di quartiere, supportati da grant cioè da forme di microcontribuzione; la sperimentazione dell’incentivazione commerciale con quote di co-finanziamento variabile a seconda delle strade e degli obiettivi di rigenerazione”.

Gli accordi formali preventivi, che cioè sono sottoscritti sulla base di una non meglio definita, negoziata e specificata intenzione, rischiano di essere inconcludenti. E’ di sicuro esperienza troppo diffusa quella che fa proliferare protocolli di intesa che restano un’intenzione e non escono dai cassetti nei quali vengono depositati dopo la sottoscrizione. “Gli accordi che funzionano nascono dopo che il progetto è stato definito e sono chiari i confini degli accordi che poi successivamente ha senso formalizzare”.

Le immagini dei due video di Bari e Reggio Emilia possono aiutare a visualizzare che tipo di valore pubblico e condiviso si produce dall’azione co-progettate e co-realizzate e da buoni partenariati pubblico-privati.

Video Reggio Emilia



 

Video Bari

 

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