Dialogo con Anada Francesconi, Ufficio Europa del Comune di Treviso e responsabile del Progetto La Grande Treviso Next Generation City e Filippo Spanu, Assessore alla Programmazione e realizzazione dell’Agenda 2030 del Comune di Nuoro, referente del Progetto Next Generation Nuoro 2030.
L’opportunità dei grandi investimenti, possibili grazie alle ingenti risorse economiche che stanno arrivando ai Comuni con il PNRR e che arriveranno anche con l’avvio dei programmi operativi della coesione 2021-2027, apre due fronti critici: da una parte l’impegno della progettazione, dall’altra, il tema della gestione delle nuove opere e dei nuovi servizi realizzati o rifunzionalizzati con questi investimenti e delle risorse finanziarie necessarie per la stessa.
Per fare questo occorre innanzitutto che l’Amministrazione locale affianchi agli interventi che soddisfano fabbisogni nel breve periodo una visione strategica che preveda invece interventi di medio-lungo periodo. A ciò deve aggiungersi un investimento forte su nuove competenze e capacità, di fatto sulle nuove generazioni, che poi è quanto richiede l’attuazione del Recovery Plan, ovvero Next Generation EU.
Elemento certamente innovativo nella pianificazione di interventi strategici che guardino alla concretezza dell’attuazione e della gestione sostenibile è il respiro territoriale ampio di strategie che si connotino come strategie di area vasta coinvolgendo amministrazioni comunali diverse condividendo una visione di territorio unitaria per la realizzazione di un obiettivo comune di cambiamento di lungo periodo.
Così il Progetto “La Grande Treviso”, che raccoglie tutte le Città dell’Intesa Programmatica d’Area (IPA) Marca Trevigiana, Treviso capofila e le venti Città dell’area, intorno a una strategia condivisa non solo di sviluppo ma di cambiamento. E così anche il Progetto Next Generation Nuoro 2030.
Condivisione e apertura sono gli elementi chiave che introducono i necessari profili di innovazione negli strumenti di governance, programmazione e concertazione, di una pianificazione strategica di area vasta che guarda essenzialmente al futuro. Si tratta di “innovare il modello organizzativo dello stare insieme, del progettare fra Comuni”, ci ricorda Anada Francesconi, per far dialogare soggetti che sono tecnici ma anche politici e per ricondurre a sintesi visioni territoriali che presentano le loro specificità quando riguardano, ad es., sia territori montani e isolati che aree turistiche.
Se è normale che si parta inevitabilmente da tante idee diverse di sviluppo, quando si parla di “visione” bisogna far sì che tutte le idee diventino fonti di contaminazione e di modifiche: a volte sarà necessario abbandonare la propria idea e fare sintesi con le idee degli altri, fare propria una visione “allargata” in cui si superano i confini fisici e amministrativi fra comuni.
Condivisione e ascolto attivo e partecipativo come ingredienti necessari se si vuole costruire una città a misura delle nuove generazioni. Fare rete fra città e scambiare esperienze non solo fra comuni di una stessa area vasta ma anche con altri comuni che condividono dimensioni, condizioni di contesto, criticità e opportunità (come in questo periodo di ingenti risorse finanziarie a disposizione). Sono perciò importanti occasioni di stare in rete con altre città e condividere un percorso, come quella offerta dal progetto dell’ANCI “Mediare”, un’occasione nuova per le città medie, che consente di rafforzare tutto il territorio, con strumenti di confronto e cooperazione che danno un senso forte al ruolo della città media rispetto all’area vasta di riferimento.
La pianificazione dello sviluppo e del cambiamento deve essere condivisa, nel senso ampio del termine, ma deve anche essere consapevole. Una pianificazione con queste caratteristiche si basa su analisi di contesto e valutazioni ex ante: solo in questo modo, ci si può trovare pronti con una progettazione integrata di qualità, quando arrivano anche le opportunità di accedere a risorse finanziarie ingenti, come nel caso dei bandi PNRR, soprattutto soddisfacendo i fabbisogni e valorizzando le risorse del territorio, anziché rincorrere bandi ciechi ai territori e ai bisogni. Le indagini statistiche e demografiche sul territorio, le analisi di contesto diventano imprescindibili e non può che condurle un soggetto terzo. E qui la rete si allarga a tutti gli stakeholders del territorio, in questo caso alle università e ai centri di ricerca che sono snodi di innovazione a loro volta e che si candidano ad essere parte di una rete che pervade e coinvolge il territorio vasto nella sua interezza.
L’apertura è praticata poi anche con un maggiore accesso dei cittadini ai servizi, in primis ai servizi digitali, come sottolinea Francesco Spanu, cosicché lo sviluppo del digitale non è solo un adempimento ma diventa strategico. Anche l’accesso dei cittadini ai servizi in maniera diffusa dunque si propone come strumento per legare i comuni dell’area vasta fra loro, creare un vero e proprio reticolo e rafforzare la condivisione. “Un lavoro che si realizza non senza difficoltà, poiché bisogna abituarsi a lavorare insieme, a condividere strategie e obiettivi”, che riguardano inizialmente solo la propria città, afferma Spanu.
Innovazione e cambiamento passano infine per le competenze e le capacità: troppo a lungo si è guardato solo alle competenze “tradizionali” del personale delle pubbliche amministrazioni, ma oggi occorre guardare a capacità e professionalità nuove di cui sono portatori proprio i giovani.
Questi elementi insieme, apertura all’area vasta da un lato, introduzione di nuove professionalità dall’altro, consentono di fare sintesi fra visioni strategiche di comuni diversi, inizialmente legate ai propri confini amministrativi, e consentono altresì di dare concretezza realizzativa e stabilità ai progetti.
Perché gli amministratori comunali cambiano e solo il personale tecnico, i “civic servants” possono dare continuità e accompagnare una strategia che in quanto di lungo periodo va ben oltre la durata di un mandato amministrativo.
Diventa così strategica la possibilità di reclutamento di nuove figure professionali, di carattere progettuale e tecnico, che vadano a comporre hub di competenze e risorse professionali condivisi da tutti i comuni dell’area vasta, gruppi di lavoro che lavorano sulla coesione sociale e produttiva di tutti i comuni dell’area.
Occorre anche il coinvolgimento di figure professionali “esterne” alle amministrazioni, perché il coordinamento fra gli uffici dei diversi comuni e gli uffici all’interno del singolo comune sia effettivo e funzioni. Questo coordinamento deve essere reale e forte e per questo bisogna mettere in campo facilitatori che accompagnino i comuni nel dialogo, nell’essere più aperti al confronto.
Viste le complessità attuali, occorrono poi uffici progettazione dotati di professionalità che sappiano pianificare integrando settori di intervento e territori, che sappiano fare rete ed analizzare contesto e fabbisogni. E per questo, occorrerebbe ripensare anche alle procedure di reclutamento, migliorandole ed attualizzandole ai nuovi contesti e a i nuovi fabbisogni di risorse umane qualificate, sottolinea Francesconi: “occorrono le competenze, ma anche le capacità relazionali e manageriali (….), perché le risorse umane fanno grandi progetti e senza le risorse umane non vanno avanti i progetti”.
Dunque, partiamo dalle competenze, certo, ma guardiamo alle capacità e al ricambio generazionale nel personale, diversamente non si riuscirà a guardare al futuro!