Nell'ambito del Piano nazionale di formazione per l'aggiornamento professionale del responsabile unico del procedimento (RUP) - annualità 2022-23 - in collaborazione con il Ministero Infrastrutture e Trasporti (MIT), ITACA e IFEL , la SNA avvia una procedura per la ricerca e la selezione di Master universitari di II° livello, finalizzati a garantire la formazione specialistica in materia di contratti pubblici a personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni idoneo al conferimento dell'incarico di RUP delle stazioni appaltanti e centrali di committenza, di ambito nazionale e territoriale , tramite l'erogazione di contributi alle spese di iscrizione.
Le borse di studio verranno ripartite tra le Università accreditate tenendo conto del criterio di ubicazione territoriale:
Il contributo alle spese di iscrizione prevede fino ad un massimo di 6.500 euro per ciascun dipendente ammesso alla frequenza. Il contributo complessivo finanziato prevede la partecipazione complessiva per i tre ambizioni territoriali di massimo 30 discenti.
E' possibile prendere visione e scaricare il bando completo al seguente link Avviso Master appalti 2023.
È possibile presentare le proposte formative utilizzando il modulo disponibile dal seguente link utilizzando il browser Google Chrome: master.sna.gov.it
Nella terza giornata dei lavori della XI Conferenza della Fondazione l’intervento del Ministro della Pubblica Amministrazione Zangrillo.
I lavori sono stati introdotti dalla relazione tecnica di Francesco Monaco, Responsabile Dipartimento Supporto ai Comuni e Studi politiche europee IFEL.
La considerevole mole di risorse a disposizione per investimenti pubblici territoriali chiama la pubblica amministrazione italiana ad una sfida di portata storica. Sono note le difficoltà della nostra burocrazia, ad ogni livello, nazionale reginale e locale. Non manca di ricordarcele ogni volta la Commissione UE nei suoi rapporti Paese che, nell’ambito del ciclo di bilancio europeo, restituisce annualmente il quadro dei principali fattori di ritardo e inefficienza dell’azione pubblica. Anche i rating internazionali che ne misurano l’efficacia confermano i problemi in chiave comparativa. Pesano, in particolare, le incertezze dovute ad un contesto normativo sempre in evoluzione (vedi vicende del codice dei contratti pubblici, in continuo rimaneggiamento) nonché le riforme incompiute, sia sul versante del decentramento amministrativo (gestioni associate, ente intermedio, agenzie pubbliche) sia per quanto concerne la distribuzione dei poteri e delle competenze (federalismo differenziato). Infine, c’è il fardello della sempre prolifica legislazione primaria e iper-normazione secondaria, che rende sempre attuale l’obiettivo della semplificazione. Sebbene la PA italiana sia impegnata, in questa fase, in un profondo processo di riassetto traguardato al conseguimento di target entro il 2026, grazie alle ingenti risorse messe a disposizione dal PNRR per l’obiettivo della transizione digitale, le sfide che attengono la “messa a terra” degli investimenti non possono essere dilatate nel tempo e devono essere affrontate subito.
I Comuni, solo sul fronte PNRR, secondo stime ANCI-IFEL e RGS, sono destinatari di risorse pari a circa 40 miliardi di euro. Tali risorse sono collegate a 45 investimenti (fra PNRR e Piano complementare), rispetto ai quali gli enti locali hanno le responsabilità di soggetti attuatori. In questa veste, essi accedono ai finanziamenti partecipando ai Bandi/Avvisi emanati dai Ministeri competenti per la selezione dei progetti, ovvero ai provvedimenti di riparto fondi ove previsto; ricevono, di norma, direttamente dal MEF le risorse occorrenti per realizzare i progetti, mediante versamenti nei conti di tesoreria, salvo il caso di risorse già giacenti sui capitoli di bilancio dei Ministeri; devono poi rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo e concorrere al conseguimento di traguardi e obiettivi associati al progetto e realizzare gli interventi nel rispetto delle norme vigenti e delle regole specifiche stabilite per il PNRR(es. DNSH, spese entro il mese di giugno 2026,ecc.); infine, devono prevenire e correggere eventuali irregolarità e restituire le risorse indebitamente utilizzate. Insomma, un carico importante di adempimenti e responsabilità.
Ma con quale “esercito” i Comuni affrontano la sfida dell’attuazione del PNRR? Come sappiamo il personale comunale negli ultimi 12 anni si è ridotto di oltre un quarto di unità e sarà ulteriormente interessato dai pensionamenti dei prossimi 5 anni stimabile con l’uscita di oltre un sesto dell’attuale dotazione. Pesa nel mancato rinnovamento, il blocco delle assunzioni dell’ultimo decennio. L’età media supera i 50 anni. Le competenze sono datate e non aggiornate alle nuove esigenze delle transizioni ambientale e digitale.
In verità, deroghe sono state accordate di recente per aumentare le capacità assunzionali dei Comuni; sono state messe a disposizione task force di esperti; sono state altresì mobilitate alcune agenzie pubbliche per fornire supporto di sistema; il nuovo programma di assistenza tecnica della politica di coesione (PON CAP COE) è indirizzato a rafforzare la capacità amministrativa di autorità di gestione e soggetti attuatori, anche di interventi PNRR.
Il sistema ANCI-IFEL è impegnato assiduamente, in collaborazione con l’amministrazione di coordinamento (MEF) ed ad alcuni ministeri responsabili di missione (soprattutto MINT, ma non solo) ad offrire formazione e servizi di supporto.
Non sappiamo se la sfida sarà vinta, a volte l’impresa sembra oltremodo gravosa per le forza in campo, le quali andrebbero strutturalmente potenziate con una massiccia immissione in ruolo di giovani motivati e preparati. Quello che è certo è il forte impegno di tutti.
La seconda giornata dei lavori della XI Conferenza IFEL racconta gli scenari futuri degli investimenti pubblici.
Nel corso della mattinata le relazioni e gli interventi di: Walter Tortorella, Responsabile Dipartimento economia locale e formazione IFEL, Giampaolo Arachi, Ufficio Parlamentare di Bilanicio e Antonio Colaianni, Direttore Centrale Finanza Locale MIistero dell'interno e il dibattito con gli amministratori.
Dopo un lungo periodo di grande incertezza per la finanza pubblica italiana in generale, e comunale in specie, l’Italia fa registrare per i prossimi anni un parziale ritorno alla continuità delle poste finanziarie utili a sostenere la crescita e lo sviluppo. Un quadro di finanza pubblica alimentato prevalentemente da risorse straordinarie certe e continuative a fronte, tuttavia, di un futuro stretto tra nuove regole del Patto di stabilità ed un contesto macroeconomico fluido.
Oltre a rilevanti “risorse ordinarie” in pancia alle amministrazioni con importanti avanzi finanziari, si tratta prevalentemente delle “risorse straordinarie” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nonché di quelle derivanti dalla Politica di coesione fissate nel nuovo Accordo di Partenariato. Queste rappresentano ormai per l’intero Paese, e per il Mezzogiorno in particolare, una delle principali fonti finanziarie per alimentare gli investimenti con risorse concrete e non poste finanziare allocate in leggi di bilancio dalle coperture incerte.
Per gli enti locali, e per i comuni nello specifico, costituiscono una voce fondamentale per investimenti di medio-lungo periodo per troppo tempo assenti dalle scelte di crescita e sviluppo locale. D’altra parte, il ciclo finanziario tra entrate e uscite è entrato in un loop a rendimenti decrescenti da molto prima del Covid 19 e dal conflitto in Ucraina. Ha origini lontane e riguarda buona parte dei Paesi europei. È dall’inizio degli anni ’80 che sosteniamo il ciclo economico nella sua componente della domanda aggregata relativa agli investimenti prima con il debito (che ha puntellato anche buona parte della spesa corrente) e oggi con il PNRR (che per i due terzi è sempre debito) e con le risorse della Coesione.
Appare evidente che le risorse della coesione, da ormai almeno due cicli di programmazione, assolvono sempre meno al loro ruolo di riequilibrio territoriale svolgendo una funzione meramente anticiclica che poco ha a che vedere con scelte di politica economica e/o industriale. Anzi nel periodo di programmazione 2021-2027 la geografia della coesione europea dell’Italia è cambiata, con il ritorno tra le regioni meno sviluppate del Molise e della Sardegna, e l’ingresso tra le regioni in transizione delle Marche e dell’Umbria. Un generale peggioramento della classificazione di alcune regioni che ha, però, comportato un aumento della dotazione di Fondi strutturali per l’Italia per il 2021-2027.
Di fronte a questo quadro complessivo di una quantità di risorse finanziarie mai così imponente nella storia repubblicana, i comuni sono chiamati ad operare su più fronti e in un contesto di regolamenti e regole (si pensi al nuovo Codice degli appalti) in continua evoluzione che delineano uno scenario articolato e un sistema di competenze in forte trasformazione. Resta che il personale comunale, già decimato negli ultimi 12 anni di oltre un quarto di unità sarà ulteriormente falcidiato dai pensionamenti dei prossimi 5 anni stimabile con l’uscita di oltre un sesto dell’attuale personale. Ci troviamo così di fronte ad un nuovo paradosso: bilanci comunali con tanta spesa in conto capitale e pochissima, se non nulla, spesa corrente necessaria a sostenere le strutture operative dei comuni attraverso l’assunzione di personale qualificato e dare continuità funzionale agli investimenti realizzati.
La relazione del Direttore di Ifel Pierciro Galeone e gli altri contenuti della prima giornata
Nella prima giornata dei lavori della XI Conferenza annuale della Fondazione gli interventi del Direttore Pierciro Galeone, del Responsabile del Dipartimento finanza locale Anci IFEL nonché Vice direttore IFEL Andrea Ferri e dell’Ispettore generale Capo I.Ge.P.A. della Rgs Salvatore Bilardo. Alla manifestazione ha preso parte, tra gli altri, anche Veronica Nicotra, Segretario Generale di ANCI.
I Comuni sono alle prese con gli effetti di un doppio colpo di origini esterne con diversi effetti sul comparto: la crisi pandemica, sostanzialmente alle nostre spalle, e l’impennata dei prezzi in corso, sostenuta dall’aggressione russa all’Ucraina.
L’attuale fase è inoltre caratterizzata dallo snodo cruciale dell’attuazione del PNRR, che mette a dura prova le capacità organizzative e regolatorie dell’intero Paese, in particolare per ciò che riguarda i Comuni e gli enti locali in genere, sottoposti a controlli e vincoli tuttora rilevanti e solo in parte allentati per consentire una più forte ripresa della spesa locale d’investimento.
Sia il contrasto alla crisi pandemica che l’impostazione del PNRR hanno visto gli enti locali tra gli attori principali.
La risposta alla pandemia ha prodotto in termini economico-finanziari un forte sostegno a favore dei territori: per i soli Comuni quasi 10 mld., più circa un mld. per gli enti in crisi finanziaria tra il 2020 e il 2021. Questo ha consentito un impegno coeso ed efficace nel contrasto di quella crisi soprattutto a favore dei settori più deboli, cui si rivolgono in maggior misura i servizi comunali.
Il contrasto all’aumento dei prezzi – in particolare della bolletta energetica - si sta sviluppando in modo più complesso, anche per effetto di uno scenario finanziario meno favorevole: a fronte del sostegno solidale agli indispensabili deficit pubblici per superare la crisi pandemica, nel quadro europeo si sono riaffacciati particolarismi nazionali e aspettative differenziate sulla ridefinizione del patto di stabilità e sviluppo che hanno portato, almeno in una prima fase, a sminuire la portata del problema e ad agire in modo più timido, anche oltre la necessaria gradualità.
Nel 2022 ai Comuni sono stati assegnati fondi straordinari per circa 1 mld. di euro, che valutiamo in quasi il 60% del maggior costo sostenuto (pari in media quasi al raddoppio della spesa annuale di circa 1.700 mln. di euro). A questo si sono inoltre affiancate, con diversi provvedimenti, misure finanziarie molto utili in particolare per i Comuni in condizioni finanziarie non critiche: utilizzo libero degli avanzi, dei proventi urbanistico-edilizi e delle multe per fronteggiare il caro-bollette, oltre che degli eventuali avanzi da risorse Covid non spese nel 2020-21.
Le incertezze che caratterizzano anche il 2023, per ciò che riguarda gli enti locali, sono intercettate dalla legge di bilancio essenzialmente con lo stanziamento di 400 mln. di euro (di cui 350 per i Comuni e 50 per Città metropolitane e province) che devono costituire un primo impegno, da accompagnare con il rinnovo degli stessi interventi ordinamentali del 2022 ed con un condiviso monitoraggio degli impatti della crisi sui bilanci locali.
Il PNRR ha infine evidenziato un problema di snellezza procedimentale e capacità amministrativa dovuto a un decennio di tagli di risorse e alla correlata impostazione vincolistica di tutte le regole finanziarie e di spesa, molto difficile da sradicare anche solo sotto il profilo ordinamentale.
Tutti i Comuni hanno goduto delle maggiori risorse per investimenti via via assegnate dal 2018-19 in poi, ora moltiplicate dalle ormai avvenute assegnazioni del PNRR-PNC, che hanno coinvolto quasi 6mila enti. Un flusso di fondi straordinario pari, tar Comuni e Città metropolitane a circa 40 mld. di euro. Nonostante qualche ritardo di assegnazione siamo ora in piena fase di progettazione definitiva e affidamento degli interventi, una fase che determinerà in larga parte il successo dell’intero piano.
La sessione “finanziaria” della Conferenza IFEL cerca di rispondere alla domanda “come arrivano i Comuni a questo appuntamento cruciale ?”. Lo stato della finanza locale è a luci ed ombre, come ci si può aspettare da un comparto segnato da profonde differenziazioni interne.
Il recupero di risorse correnti degli ultimi anni, ancora in corso, è stato in larga parte indotto dalla maggior consapevolezza dell’importanza dei sistemi di presidio territoriale in campo sanitario e sociale. A questo si è aggiunto un intervento articolato su più provvedimenti tra il 2020 e il 2022 a sostegno degli enti in crisi finanziaria, anche in applicazione della sentenza CCost 115/2020 che ha – tra le altre – evidenziato l’esigenza di sopperire alle carenze strutturali sottostanti alle situazioni di squilibrio.
Ma sono processi che si attuano con lentezza e non sufficientemente coordinati, in particolare per ciò che riguarda le crisi. In massima parte le maggiori risorse correnti rese disponibili per i Comuni sono vincolate ad “obiettivi di servizio” che impongono spese aggiuntive in alcuni campi di rilevanza sociale (asili nido, servizi sociali e scolastici): il Fondo di solidarietà Comunale è in aumento tra il 20 e il 30 di circa 2,5 mld., di cui 2 mld. vincolati.
Si tratta quindi di risorse che non possono concorrere alla formazione degli equilibri correnti dei Comuni e lasciano in una condizione di precarietà quell’ampia minoranza di enti in condizioni finanziarie critiche.
Più in generale l’impennata dei prezzi coinvolge tutte le attività e i servizi erogati dai Comuni, in massima parte “consumatori di ultima istanza”, con entrate già depauperate dai massicci tagli dello scorso decennio e rigide per loro natura, sia sotto il profilo tecnico (basi imponibili non sensibili al PIL) sia sotto il profilo sociale (tariffe di servizi di forte impatto sulle fasce più deboli della popolazione)
Il sostegno al “caro-bollette”, ovviamente doveroso, non copre tuttavia un più grave problema di riassetto delle risorse derivante dall’inflazione.
La regolazione perequativa di quote crescenti del Fondo di solidarietà comunale perde di senso, in quanto evidentemente concepita in un contesto di stabilità dei prezzi e di modesto sviluppo generale. Non appena si guarda non al mero riparto di risorse fisse e determinate a priori, ma al valore necessario per lo svolgimento dei servizi locali, si evidenziano in modo drammatico, non solo i diversi dualismi che caratterizzano il Paese (nord/sud, città/campagna, aree interne svantaggiate/poli di sviluppo), ma anche l’inconsistenza di standard calcolati sul passato. Basti pensare che le risorse correnti complessive dei Comuni sono sostanzialmente le stesse del 2010, mentre l’incremento dei prezzi al 2023 è di oltre il 26%, di cui il 15% è ascrivibile al biennio 2022-23.
È uno scenario nuovo, finora affrontato con riferimento all’energia e ai materiali/opere necessarie al PNRR.
Ma un Comune non può assicurare la capacità amministrativa necessaria per l’incremento degli investimenti e al tempo stesso veder accentuare la sofferenza sulla parte corrente, i servizi, gli affari generali, gli acquisti ordinari.
Il tema è fortemente intrecciato con il drastico calo di personale, diminuito di un quarto in 15 anni (da 430mila nel 2007 a 320mila nel 2021). Si sconta oggi quel mutamento nei “fattori della produzione” locale che ha visto l’esternalizzazione di molti servizi a fronte dei severi vincoli alle assunzioni e del turn-over negativo in vigore fino a pochi anni fa. Quei servizi esternalizzati oggi costano di più o perdono di qualità e intensità, a fronte di bisogni crescenti e sempre più formalmente riconosciuti. Si pensi alla definizione di “quasi LEP” nei servizi sociali, alla tendenza – necessaria – a riconoscere integralmente a tutti gli aventi titolo/diritto forme di assistenza qualificate, che troppo spesso portano a scaricare sui Comuni nuovi compiti senza un’adeguata dotazione di risorse.
In questo quadro deve essere profondamente ripensata la perequazione delle risorse, orientandola in modo deciso alla determinazione del fabbisogno monetario essenziale che consente agli enti meno dotati di erogare servizi analoghi a quelli più dotati ed efficienti. Quando nel 2020 è stato usato un approccio di questo tipo al ricalcolo dei fabbisogni per i servizi sociali è emerso (senza alcun “effetto-prezzi”) un maggiore fabbisogno (comuni RSO e Isole) di ben 760 milioni di euro su una funzione che complessivamente impiega circa 5 mld. di euro, un +15% aggiuntivo, ora in corso di assegnazione progressiva fino al 2030.
Una analoga operazione, spinta dalla rilevanza degli obiettivi del PNRR è avvenuta poi sugli asili nido, dove il grado di copertura del 33% dei bambini da 0 a 3 anni deve essere ormai considerato livello essenziale di prestazione, con l’inserzione di oltre 1 miliardo di risorse vincolate all’incremento dei posti nelle aree carenti.
L’ulteriore spinta al federalismo indotta dai programmi di applicazione dell’art. 116 Cost può favorire una più chiara individuazione dei fabbisogni connessi all’applicazione dei LEP, che rendono necessaria un’infrastruttura conoscitiva e di policy di carattere nazionale, come statale è – e resterà, a norma di Costituzione – la funzione di perequazione delle risorse e di superamento dei gap di servizio e infrastrutturali
Lo scenario internazionale fa ora trasparire il rischio di soluzioni centraliste e di ritorno all’austerità che dovrebbero essere smentite con chiarezza colmando le lacune della legge di bilancio sugli enti locali.
In estrema sintesi, sulle risorse ordinarie non vincolate, si torna ad una riduzione di fondi dopo un quadriennio di stabilità o (lievi) incrementi:
Diverse deroghe normative utilizzate per l’emergenza pandemica e per il caro-bollette non sono rinnovate. Le Città metropolitane non vengono considerate né ai fini di un incremento delle risorse previste per colmare lo sbilancio strutturale di oltre 300 mln. di euro certificato dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, né per compensare il calo, anch’esso strutturale dei tributi automobilistici.