La seconda giornata dei lavori della XI Conferenza IFEL racconta gli scenari futuri degli investimenti pubblici.
Nel corso della mattinata le relazioni e gli interventi di: Walter Tortorella, Responsabile Dipartimento economia locale e formazione IFEL, Giampaolo Arachi, Ufficio Parlamentare di Bilanicio e Antonio Colaianni, Direttore Centrale Finanza Locale MIistero dell'interno e il dibattito con gli amministratori.
Dopo un lungo periodo di grande incertezza per la finanza pubblica italiana in generale, e comunale in specie, l’Italia fa registrare per i prossimi anni un parziale ritorno alla continuità delle poste finanziarie utili a sostenere la crescita e lo sviluppo. Un quadro di finanza pubblica alimentato prevalentemente da risorse straordinarie certe e continuative a fronte, tuttavia, di un futuro stretto tra nuove regole del Patto di stabilità ed un contesto macroeconomico fluido.
Oltre a rilevanti “risorse ordinarie” in pancia alle amministrazioni con importanti avanzi finanziari, si tratta prevalentemente delle “risorse straordinarie” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nonché di quelle derivanti dalla Politica di coesione fissate nel nuovo Accordo di Partenariato. Queste rappresentano ormai per l’intero Paese, e per il Mezzogiorno in particolare, una delle principali fonti finanziarie per alimentare gli investimenti con risorse concrete e non poste finanziare allocate in leggi di bilancio dalle coperture incerte.
Per gli enti locali, e per i comuni nello specifico, costituiscono una voce fondamentale per investimenti di medio-lungo periodo per troppo tempo assenti dalle scelte di crescita e sviluppo locale. D’altra parte, il ciclo finanziario tra entrate e uscite è entrato in un loop a rendimenti decrescenti da molto prima del Covid 19 e dal conflitto in Ucraina. Ha origini lontane e riguarda buona parte dei Paesi europei. È dall’inizio degli anni ’80 che sosteniamo il ciclo economico nella sua componente della domanda aggregata relativa agli investimenti prima con il debito (che ha puntellato anche buona parte della spesa corrente) e oggi con il PNRR (che per i due terzi è sempre debito) e con le risorse della Coesione.
Appare evidente che le risorse della coesione, da ormai almeno due cicli di programmazione, assolvono sempre meno al loro ruolo di riequilibrio territoriale svolgendo una funzione meramente anticiclica che poco ha a che vedere con scelte di politica economica e/o industriale. Anzi nel periodo di programmazione 2021-2027 la geografia della coesione europea dell’Italia è cambiata, con il ritorno tra le regioni meno sviluppate del Molise e della Sardegna, e l’ingresso tra le regioni in transizione delle Marche e dell’Umbria. Un generale peggioramento della classificazione di alcune regioni che ha, però, comportato un aumento della dotazione di Fondi strutturali per l’Italia per il 2021-2027.
Di fronte a questo quadro complessivo di una quantità di risorse finanziarie mai così imponente nella storia repubblicana, i comuni sono chiamati ad operare su più fronti e in un contesto di regolamenti e regole (si pensi al nuovo Codice degli appalti) in continua evoluzione che delineano uno scenario articolato e un sistema di competenze in forte trasformazione. Resta che il personale comunale, già decimato negli ultimi 12 anni di oltre un quarto di unità sarà ulteriormente falcidiato dai pensionamenti dei prossimi 5 anni stimabile con l’uscita di oltre un sesto dell’attuale personale. Ci troviamo così di fronte ad un nuovo paradosso: bilanci comunali con tanta spesa in conto capitale e pochissima, se non nulla, spesa corrente necessaria a sostenere le strutture operative dei comuni attraverso l’assunzione di personale qualificato e dare continuità funzionale agli investimenti realizzati.