E’ stato pubblicato il 6 febbraio scorso il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 30 gennaio 2018 che prevede per gli asili nido l’obbligo di trasmettere all’Agenzia delle Entrate – ai fini della precompilazione a cura dell’Agenzia stessa della dichiarazione dei redditi – i dati riguardanti le spese sostenute dai genitori (per ciascun figlio iscritto) per il pagamento delle rette relative alla frequenza degli asili nido.
L’obbligo stabilito dal decreto – che dà più compiuta attuazione alle disposizioni recate dal decreto legislativo n.175/2014 in materia di dichiarazione dei redditi precompilata, in particolare dall’art.3 rubricato “Trasmissione all'Agenzia delle entrate da parte di soggetti terzi di dati relativi a oneri e spese sostenute dai contribuenti” – riguarda gli asili nido pubblici, di norma comunali, e gli asili privati, convenzionati e non.
Il termine previsto per ottemperare all’invio delle comunicazioni relative alle spese sostenute nell’anno 2017 è attualmente fissato al 28 febbraio 2018.
Le modalità tecniche di invio dei dati sono state definite con il decreto direttoriale dell’Agenzia delle Entrate pubblicato il 9 febbraio scorso (http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/normativa+e+prassi/provvedimenti/2018/febbraio+2018+provvedimenti/provvedimento+09022018+asili+nido). Al riguardo, il provvedimento in questione prevede che possano essere utilizzate indifferentemente una delle due piattaforme Fisconline o Entratel. In particolare, l’art. 2 del citato provvedimento prevede che gli asili nido “effettuano le comunicazioni [...] utilizzando il servizio telematico Entratel o Fisconline in relazione ai requisiti da essi posseduti per la trasmissione telematica delle dichiarazioni. Al fine della trasmissione telematica devono essere utilizzati i prodotti software di controllo resi disponibili gratuitamente dall’Agenzia delle entrate”.
In relazione alle tempistica si segnala, infine, che il canale di trasmissione dei dati è già operativo ed è pertanto possibile da parte dei soggetti obbligati procedere al caricamento dei dati senza attendere alcun ulteriore provvedimento.
Eurostat ha pubblicato i dati, estrapolati da una ricerca effettuata nel 2016 sull’accesso europeo ai servizi sociali, e relativi, nello specifico, ai servizi sociali dei bambini europei. Quasi il 40% dei bambini (esattamente il 39%) che non superano i 12 anni di età usufruiscono dei servizi di assistenza all’infanzia. Di questi il 29% paga un ticket completo, o quantomeno ridotto, mentre il 10% usufruisce di una sussistenza economicamente completa da parte dei servizi assistenziali statali.
Il dato messo in luce da Eurostat è uguale in città come nelle aree urbane; l’unica vera differenza si evidenzia nell’erogazione di servizi a costo zero che sono decisamente più alti nelle città (11%) e nelle aree suburbane (10%), mentre si registra un accesso decisamente più basso nelle aree rurali (6%).
Dai dati presentati da Eurostat emerge, inoltre, che quasi il 70% delle famiglie europee, con almeno un bimbo sotto i 12 anni, è soddisfatta dei servizi assistenziali erogati. la Danimarca è il paese europeo dove l’assistenza all’infanzia gode della massima soddisfazione.
I dati di Eurostat sono dei segnali positivi, tanto più che la tematica dell’assistenza all’infanzia e del sostegno ai bambini risultano essere uno dei pilastri dei diritti sociali europei.
Entrando nel dettaglio dei paesi membri, emerge che in otto di essi più della metà dei bambini riceve assistenza all’infanzia. Il paese più performante è la Danimarca che raggiunge l’86% dei bimbi. A seguire vi sono la Svezia, l’Inghilterra e la Finlandia. Agli ultimi posti in questa classifica vi sono la Lettonia (1%), la Croazia (2%), la Slovacchia (3%), l’Estonia (4%), la Spagna (4%) e l’Italia. Ecco, in Italia l’8% dei bimbi riceve assistenza all’infanzia. Nella metà degli Stati membri, i bambini nelle aree urbane ricevono un'assistenza all'infanzia più remunerata rispetto a quella dei bimbi dell’area suburbana e di quelli delle aree rurali. In allegato i numeri completi di Eurostat
La Banca d’Italia ha condotto, nel mese di gennaio, un’indagine sul mercato abitativo della nostra penisola.
Un’indagine, quella della Banca d’Italia, che ha coinvolto più di 1500 agenzie immobiliari per cercare di capire l’andamento del mercato nell’ultimo quadrimestre del 2017. In prima istanza emerge la tendenza, sempre più marcata, al ribasso dei prezzi delle abitazioni.
In ogni caso rispetto al precedente rilevamento si evidenzia la presenza di un aumento delle intermediazioni e, di conseguenza, si è palesata la presenza di una diminuzione delle giacenze in carico.
I mutui continuano ad essere la fonte di finanziamento privilegiata per acquisire un immobile. Più del 80% delle compravendite, infatti, avviene attraverso un mutuo. Le difficoltà ad accedere ad un mutuo non sono più quelle evidenziate fino a poco tempo fa; anzi, si è tornati ai valori registrati nel 2009. Tutto questo rende gli operatori del settore ottimisti in un orizzonte temporale di breve e medio periodo. Infine da registrare un evoluzione positiva della quota di locazioni nel mercato italiano.
In allegato il sondaggio curato dalla Banca d'Italia
Eurostat ha appena pubblicato i dati relativi alle risorse finanziarie delle famiglie europee. I movimenti economici delle famiglie europee, nell’annata 2016, tra attività e passività corrispondono a 33.850 miliardi di euro. Per quanto concerne l’attivo delle famiglie il 30% è rappresentato da depositi e valute, il 25% dal patrimonio netto e il restante in quote assicurative e pensioni.
Per quanto riguarda, invece, le passività la quota delle famiglie europee corrisponde a 10.113 miliardi di euro; di questa quota il 90% è rappresentato da prestiti, in modo particolareggiato quello legato all’acquisto di case.
Nell’arco degli anni le passività delle famiglie europee sono rimaste stabili, rimanendo attorno al 70% del Pil.
Le risorse delle famiglie europee sono passate dal 213% del Pil nel 2006 al 182% 2008 per poi ricrescere nel 205% del 2009 e, infine, arrivare al 230% del Pil nel 2016.
I paesi europei dove sono presenti le maggiori risorse vi sono i Paesi Bassi (332,5% del Pil), il Regno Unito (329,3%) e il Belgio (314,9%). Tra i paesi con le maggiori passività vi sono Cipro (141,5%), Danimarca (133,2%) e Paesi Bassi (119,8%).