Ultimo aggiornamento 17.04.2025 - 9:35

Con l'articolo di oggi si chiude il ciclo di approfondimenti sulla ricognizione delle risorse finanziarie dedicate al tema dello sviluppo urbano sostenibile nei programmi operativi regionali del ciclo 2014-2020 della politica di coesione, in osservanza alle stringenti prescrizioni dei regolamenti comunitari adottati a fine 2013.
Come già visto in precedenti articoli pubblicati su questo sito, l'analisi condotta da Anci-Ifel nell'ambito delle attività di ricerca dell'Osservatorio permanente sulla politica di coesione, ha fatto emergere che in quasi tutte le Regioni italiane del Mezzogiorno e del Centro Nord, la prescritta riserva di appostamento obbligatorio del 5% di risorse Fesr sui temi dello sviluppo urbano è stata rispettata; e anzi, in alcuni casi, risulta significativamente superata.
Anche nelle Regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna) tale quota di investimenti è stata rispettata e, in alcuni casi, notevolmente innalzata.
Il totale generale delle risorse dei fondi strutturali assegnati alle città infatti in queste Regioni ammonta a 1.350,4 mln di euro, così ripartiti: 841,3 mln di euro su Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr); 509,1 mln di euro sul Fondo Sociale Europeo (Fse). Vediamo meglio nel dettaglio.
Il Por Molise
Investimenti tra i più elevati in termini percentuali del valore totale del Po, si registrano proprio nel Por di una Regione in transizione, il Molise. Il Por Molise è un programma plurifondo, ovvero riguarda sia il Fesr che l'Fse. Sono previsti infatti 3 Iti urbani, ai quali sono destinati 7.809.088,56 euro di risorse Fesr pari al 14,75% della dotazione complessiva Fesr del Po, integrate da risorse Fse 1.669.726,00 euro, che corrispondono al 7% della dotazione complessiva Fse della Regione. Il totale di risorse Ue (Fesr+Fse) per gli interventi in ambito urbano ammonta dunque a 9.478.814,56 (12,34% della dotazione Ue complessiva del Programma) Con i 3 Programmi Iti la Regione supporta lo sviluppo dei tre centri urbani principali, ovvero i due capoluoghi di provincia (Campobasso, Isernia) e una città intermedia in termini demografici (Termoli), e lo sviluppo dei relativi hinterland (Ripalimosani e Ferrazzano per Campobasso; Pesche e Miranda per Isernia; Campomarino, San Giacomo degli Schiavoni e Guglionesi per Termoli), che costituiscono poli di erogazione di servizi di rango elevato. L'approccio scelto è multidimensionale e plurisettoriale, con un portafoglio di interventi a valere sugli Assi : 2 Agenda Digitale, 3 Competitività del sistema produttivo, 4 Energia Sostenibile, 5 Ambiente, cultura e turismo, 6 Occupazione e 7 Inclusione sociale e lotta alla povertà.
Il Po Fesr della Regione Abruzzo
Importanti investimenti per le aree urbane sono previsti anche nei programmi operativi di Abruzzo e Sardegna.
Vale 11.500.000 di euro l'Asse VII «Sviluppo urbano sostenibile» del Po Fesr della Regione Abruzzo, pari a circa il 9,93% della dotazione complessiva Fesr del Po. La contenuta dimensione finanziaria del Por induce ad una focalizzazione sulle quattro città capoluogo (L'Aquila, Chieti, Pescara, Teramo) e ad assumere un approccio selettivo nella definizione degli ambiti di intervento che intercettano funzioni urbane chiave e che intervengono verso alcune criticità quali la non completa disponibilità di infrastrutture e servizi digitali, l'insufficienza dell'offerta di trasporto pubblico e la debole valorizzazione del patrimonio culturale. Gli investimenti saranno dunque finalizzati a migliorare la qualità della vita della popolazione residente e sostenere la diffusione di tecnologie a basso impatto ambientale nell'erogazione dei servizi (mobilità, efficienza energetica) di utilità collettiva.
Tre Iti pilota in Sardegna
La Regione Sardegna ai suoi 3 ITI pilota per le aree urbane di Cagliari, Sassari e Olbia, destina 31.149.641 di risorse Fesr pari al 6,69% della dotazione totale Fesr del programma, prevedendo però la possibilità che le tre città citate assumano il ruolo di organismo Intermedio, ovvero assumano autonomia gestionale rispetto all'Iti, a seguito della delega delle relative funzioni attuative da parte dell'Autorità di gestione regionale del Po. La delega è tuttavia esplicitamente condizionata a che le città si dotino di strutture dedicate allo scopo e di qualificate competenze. I 3 programmi sono rivolti ai quartieri disagiati delle 3 aree urbane, con un approccio che intende incentivare specifiche politiche - in grado di incidere in situazioni di disagio abitativo e sociale - di rigenerazione urbana con un insieme di azioni organico, integrato e intersettoriale di carattere economico, per la riqualificazione degli spazi e per il sostegno ai soggetti più deboli, con una particolare attenzione rivolta ai temi dell'innovazione e dell'inclusione sociale.

di Simona Elmo - Dipartimento Fondi Europei e Investimenti Territoriali Ifel e Francesco Monaco - Area Politiche di coesione territoriale Anci

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Slide e Relazione relative al Corso organizzato in partnership con ANUTEL ad Amelia il 22 settembre 2016 "Gli aspetti di…
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A partire dal 2014, i cinque fondi strutturali e di investimento europei operano all'interno di un quadro comune e perseguono obiettivi politici complementari, nell'ambito della strategia strategia Europa 2020. Questi fondi rappresentano la principale fonte di investimenti a livello Ue per aiutare gli Stati membri a contrastare il declino, ripristinare e incrementare la crescita, assicurare una ripresa economica e dei livelli di occupazione, garantendo al contempo lo sviluppo sostenibile, in linea con gli obiettivi di Europa 2020.
Un corpus unico di regole disciplina i cinque fondi strutturali e di investimento (Esif) dell'Ue: Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr); Fondo sociale europeo (Fes); Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr); Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp); Fondo di coesione (Fc).
Priorità d'intervento dello sviluppo rurale
La politica di sviluppo rurale dell'Ue si è evoluta costantemente per rispondere alle sfide emergenti nelle zone rurali.
La riforma della Politica agricola comune (Pac) del 2013 mantiene d'altra parte molte delle caratteristiche principali della politica di sviluppo rurale del 2007-2013.
Come in passato, la politica sarà attuata mediante programmi di sviluppo rurale (Psr) nazionali e/o regionali settennali.
Gli Stati membri hanno elaborato i programmi di sviluppo rurale basandosi su almeno 4 delle 6 priorità Ue per lo sviluppo rurale: 1) promuovere il trasferimento di conoscenze e l'innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali; 2) potenziare la redditività e la competitività di tutti i tipi di agricoltura e promuovere tecnologie innovative per le aziende agricole e una gestione sostenibile delle foreste; 3) promuovere l'organizzazione della filiera alimentare, il benessere degli animali e la gestione dei rischi nel settore agricolo; 4) preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alle foreste; 5) incoraggiare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio a un'economia a basse emissioni di CO2 e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale; 6) promuovere l'integrazione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali.
In base ai criteri stabiliti nell'Accordo di Partenariato, in Italia ai fini dell'ammissibilità degli interventi di sviluppo rurale, si distinguono: aree A) urbane e periurbane; aree B) rurali ad agricoltura intensiva e specializzata; aree C) rurali intermedie con densità di popolazione uguale o inferiore a 180 abitanti/km²; aree D) rurali con problemi complessivi di sviluppo.
Programmi nazionali e dotazione finanziaria
Il Programma nazionale di sviluppo rurale (Pnrs) prevede tre linee di intervento: 1) gestione del rischio; 2) investimenti in infrastrutture irrigue; 3) miglioramento genetico del patrimonio zootecnico e biodiversità animale.
Gli interventi del Psrn agiranno in sinergia con i 21 Psr attivati a livello regionale, garantendo la coerenza e la complementarietà della strategia e delle misure attivate.
La dotazione finanziaria ammonta a € 2.140.000.000 [di cui 963 milioni di euro Feasr e 1,17 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale].
Il Programma della rete rurale nazionale (Rrn) intende invece favorire lo scambio di esperienze e di conoscenze tra le aree rurali. Essa si rivolge a 3 gruppi target: a) tutti i soggetti ai diversi livelli (regionale in primis e locale) impegnati nella programmazione, gestione e attuazione della Politica di sviluppo rurale (Autorità di gestione, Organismi Pagatori, Gal, eccera); b) il partenariato economico e sociale nelle forme organizzate, compresi le organizzazioni professionali degli imprenditori ed i reali o potenziali beneficiari del sostegno pubblico (stakeholder); c) la società civile, coloro che contribuiscono alle entrate fiscali.
La dotazione finanziaria di Rrn ammonta a € 114.665.194 euro [di cui 59.671.767 di euro Feasr e 55 milioni di euro di cofinanziamento nazionale
Strumenti dello sviluppo rurale
Il sostegno del Feasr deve andare a interventi diretti a:
a) invertire le tendenze al declino socioeconomico e allo spopolamento;
b) favorire l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
c) favorire lo sviluppo di servizi di base ed infrastrutture locali atti a promuovere l'inclusione sociale nelle zone rurali.
Lo strumento di intervento più importante per i Comuni è denominato Strategia di Sviluppo Locale – SSL, disciplinato agli articoli 32 e seguenti del regolamento Ue n. 1303\2013.
Nella passata programmazione tale approccio era denominato Leader e presupponeva, come ora, che le azioni condotte da singoli operatori interagivano tra loro in una logica coordinata a livello territoriale e/o di filiera locale.
Gruppi di Azione Locale (Gal), costituiti da partners privati e pubblici, realizzano le Strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo nell'ambito della Misura 19 dei Piani di sviluppo rurale regionali. In molti programmi regionali, la Misura 19 concorre alla realizzazione della «Strategia nazionale per aree interne».
Caratteriste dei Gal
Nei Gal devono essere presenti diversi gruppi di interesse, tra cui partner sia privati sia pubblici - questi ultimi, in misura inferiore al 50% a livello decisionale - rappresentativi del territorio e della strategia individuata. Il territorio oggetto della strategia deve avere una popolazione non inferiore a 10.000 abitanti e non superiore a 150.000 abitanti.
I Gal esercitano le funzioni attribuite dall'articolo 34, paragrafo 3, del regolamento Ue n. 1303/2013 ossia: a) rafforzare la capacità dei soggetti locali di elaborare e attuare operazioni, anche stimolandone le capacità di gestione dei progetti; b) elaborare una procedura di selezione trasparente e non discriminatoria e criteri oggettivi di selezione delle operazioni che evitino conflitti di interessi, che garantiscano che almeno il 50 % dei voti espressi nelle decisioni di selezione provenga da partner che sono autorità non pubbliche e che consentano la selezione mediante procedura scritta; c) garantire la coerenza con la strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo nella selezione delle operazioni, stabilendo l'ordine di priorità di tali operazioni in funzione del loro contributo al conseguimento degli obiettivi e dei target di tale strategia; d) preparare e pubblicare gli inviti a presentare proposte o un bando permanente per la presentazione di progetti, compresa la definizione dei criteri di selezione; ricevere e valutare le domande di sostegno; e) selezionare le operazioni e fissare l'importo del sostegno e, se pertinente, presentare le proposte all'organismo responsabile della verifica finale dell'ammissibilità prima dell'approvazione; f) verificare l'attuazione della strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo e delle operazioni finanziate e condurre attività di valutazione specifiche legate a tale strategia.

di Simona Elmo - Dipartimento Fondi Ue e investimenti territoriali Ifel e Francesco Monaco - Responsabile Area Politica di coesione territoriale Anci

 

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Il recente Comitato di indirizzo e sorveglianza (Cis) del Pac servizi di cura per infanzia e anziani non autosufficienti ha sancito un'inversione di rotta nella gestione dell'intervento: la spesa ha fatto registrare un avanzamento significativo, Regioni e i Comuni (attraverso Anci) hanno ristabilito la normale cooperazione interistituzionale, le prime realizzazioni sul territorio cominciano a vedere la luce, i servizi sembrano essere avviati in buona parte degli ambiti territoriali.
Il Piano
Il Piano nato nel 2013, a seguito di un'energica azione di rimodulazione dei programmi operativi regionali della coesione (POR FESR e FSE 2007-2013), si applica a Calabria, Sicilia, Puglia e Campania. Mette a disposizione cospicue risorse, per rafforzare l'azione pubblica nel campo dei servizi di welfare locale. La dotazione finanziaria di 730 milioni (400 per i servizi di cura all'infanzia e 330 agli anziani non autosufficienti) con la legge di stabilità 2015 aveva subito un taglio di oltre 102 milioni di euro, cosicché la dotazione attuale ammonta a 627 milioni di euro.
Il Piano prevede un rafforzamento del sistema di programmazione e gestione dei servizi e interviene su una filiera ordinaria di competenze multilivello, distribuite fra Stato, Regioni ed enti locali (distretti sociali d'ambito e uffici di piano della legge 238/2000). L'obiettivo è quello di potenziare, nei territori ricompresi nelle 4 Regioni, l'offerta dei servizi all'infanzia (0-3 anni) e gli anziani non autosufficienti (over 65), riducendo il divario di "offerta" rispetto al resto del Paese.
Oggi, i dati degli impegni finanziari nelle quattro regioni interessate, risultanti dal monitoraggio straordinario condotto dall'autorità di gestione del programma, si attestano intorno 170 milioni di euro pari al 71% del finanziamento complessivo per la prima annualità mentre solo quattro mesi fa si era fermi al 15%.
Con questa inversione di tendenza sarà probabilmente possibile evitare i tagli previsti -come sanzione per mancati impegni - dalla legge di stabilità 2016, scongiurando forti penalizzazione nei Comuni e nelle fasce più deboli della popolazione meridionale.
I risultati
Si può, dunque, dire che i problemi del Piano siano stati superati e da ora andrà tutto bene? Guardiamo intanto alle cose fatte.
Fino a qualche mese fa il Piano era segnato da gravissimi problemi di attuazione e risultava quasi al palo nell'erogazione della spesa.
Il Comitato di indirizzo e sorveglianza (Cis) a ottobre 2015aveva preso atto delle difficoltà attuative e promosso un'azione di monitoraggio straordinario per sollecitare gli ambiti a velocizzare le procedure.
Dalla discussione era emerso che le parti istituzionali condividevano la necessità di rafforzare il presidio del Piano e, su iniziativa dell'Anci, hanno identificato una metodologia di lavoro piuttosto incisiva e un catalogo di comuni impegni, al fine di aggredire i nodi ancora non sciolti dell'attuazione.
Gli impegni sono poi confluiti in un protocollo d'intesa siglato dall'autorità di gestione, dalle Regioni e dalle Anci regionali (previsto un ruolo di supporto per Anci nazionale); tale protocollo successivamente è stato ratificato anche dal partenariato economico e sociale. Dalla sigla dell'intesa a oggi è stata realizzata una intensa attività di approfondimento e di supporto sia livello centrale che, soprattutto, territoriale. A seguito di tale attività l'autorità di gestione ha diramato circolari che hanno parzialmente ri-definito le procedure da seguire per portare a termine le attività previste dai Piani di Intervento del Primo Riparto.
L'Anci ha svolto una complessa e determinante funzione di interfacciamento dialogico/operativo con le proprie associazioni territoriale, le Regioni e i Comuni interessati. L'autorità di gestione ha quindi esaminato, in incontri verticali (per ambiti territoriali), tutte le problematiche attuative Regione per Regione.
Con le Anci regionali sono stati proposti diversi incontri con i Comuni capofila degli ambiti (destinatari dei finanziamenti) nel corso dei quali sono stati monitorate e affrontate le esigenze degli uffici e dei servizi.
Le richieste emerse sono state portate all'attenzione dell'autorità di gestione che, in alcuni casi, ha provveduto, emanando – come detto - specifiche direttive e apportando numerosi chiarimenti alle norme attuative del Pac.
Ora però si apre una nuova fase. Si dovrà decidere delle economie del primo riparto e preparasi ad avviare il secondo. Il lavoro non è finito, ma un significativo passo avanti è stato certamente fatto.

di Francesco Monaco - Responsabile Area Politiche di coesione territoriale Anci e Fabrizio Clementi - Responsabile Area Anci Supporto e Documentazione ai Processi di Innovazione Istituzionale e Coordinamento delle Anci Regionali

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Con l'approvazione ad agosto del Por Fesr Sicilia e del Por Plurifondo della regione Puglia nonché a ottobre del Por Plurifondo della regione Calabria (in ottobre si è completata anche l'approvazione degli 11 Programmi operativi nazionali), è quasi completo il quadro dei programmi operativi della coesione 2014-2020.
A completare la programmazione è prevista, a inizio dicembre, l'approvazione del Por Fesr Campania.
Sul fronte dello Sviluppo urbano sostenibile, gli ultimi Programmi operativi regionali approvati pongono l'accento sulle aree urbane, puntando o sullo strumento degli Investimenti integrati territoriali (Sicilia e Calabria) o su un Asse dedicato (Puglia).
Lo sviluppo urbano in Calabria (Por Plurifondo)
Sono otto gli Iti previsti dal Por plurifondo della regione Calabria che declina la Strategia sviluppo urbano sostenibile, disegnando un piano dedicato alle tre maggiori e più dense concentrazioni insediative regionali (l'area urbana di Cosenza-Rende, la città di Catanzaro e la città di Reggio Calabria) e una Strategia di sviluppo delle aree urbane di dimensione inferiore (città portuali e hub dei servizi regionali), che riguarda il rafforzamento delle altre città capoluogo di provincia, Crotone e Vibo Valentia, il sistema urbano Corigliano-Rossano, la città di Lamezia Terme e la "Città-Porto" di Gioia Tauro (che include Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando). Gli Iti saranno tre per Cosenza-Rende, Catanzaro e Reggio Calabria; e cinque per le aree di Crotone, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Corigliano-Rossano, "Città di Gioia Tauro".
La dotazione a valere sul Fesr è pari a 92.362.126 di euro (6,04% della dotazione totale Fesr del Por) e quella a valere sull'Fse è pari 13.564.793 di euro (4,0% della dotazione totale Fse del Por). La dotazione complessiva degli otto Iti dedicati allo sviluppo urbano è pari a 105.926.919 euro (5,94% della dotazione complessiva del programma). Dal punto di vista gestionale, il Por Calabria prevede - in presenza dei requisiti amministrativo-organizzativi richiesti dai regolamenti - la possibilità che l'Autorità di gestione regionale deleghi le proprie funzioni all'Autorità cittadina (almeno per la fase di selezione delle operazioni), la quale sarà riconosciuta come Organismo intermedio del programma.
Gli interventi si concentreranno sul tema della rigenerazione urbana, con l'obiettivo di favorire migliori condizioni abitative, una più elevata efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico e servizi per l'inclusione sociale. Nel caso della città di Reggio Calabria, il Por agirà in maniera complementare rispetto agli interventi che saranno realizzati attraverso il Pon Metro, incentrato sulle tematiche di agenda digitale, efficientamento energetico e mobilità urbana.
Lo sviluppo urbano nella regione Sicilia (Por Fesr)
Anche il Por Fesr della regione Sicilia ha individuato nell'Iti lo strumento per realizzare gli interventi integrati strategici nelle aree urbane che riguarderanno sia le Città medie (con più di 30mila abitanti), sia le tre città metropolitane siciliane (Catania, Palermo e Messina), già destinatarie degli interventi previsti dal Pon Metro.
Saranno attivati da 8 a 10 Iti: quattro nelle città con più di 100mila abitanti. (Palermo, Catania, Messina, Siracusa); due nei Poli/capoluoghi del sistema centro meridionale (uno comprendente le città contermini di Caltanissetta ed Enna; il secondo la città di Agrigento); in ciascuno dei due restanti sistemi policentrici saranno attivati 1 o 2 Iti, costituiti da almeno due città eleggibili che insieme raggiungano una popolazione residente con più di 100mila abitanti o tra le quali vi sia immediata continuità territoriale. Le aggregazioni potranno avvenire nell'ambito del sistema urbano occidentale: Trapani/Erice (da considerarsi un unico polo a tal fine), Marsala, Mazara del Vallo, Castelvetrano; oppure del sistema sud–orientale: Gela, Vittoria, Ragusa, Modica.
L'investimento previsto ammonta a 315.068.334,67 euro (risorse Fesr), pari al 9,22% del totale Fesr del Por. La gamma di responsabilità e quindi le funzioni attuative da delegare per la gestione degli Iti alle singole Autorità urbane dipenderà dalla capacità amministrativa e gestionale della singola amministrazione cittadina; non è dunque escluso, laddove ne ricorrano le condizioni, il riconoscimento di spazi di autonomia gestionale, con la delega di funzioni gestionali alle Autorità cittadine da parte dell'Autorità di gestione regionale.
L'approccio territoriale integrato riguarderà settori quali: agenda digitale, sistemi produttivi territoriali, fabbisogno energetico, mobilità sostenibile, offerta e fruizione del patrimonio culturale, riposizionamento competitivo delle destinazioni turistiche, servizi di cura socio-educativi, servizi in favore di famiglie in condizioni di disagio abitativo, inclusione a favore delle persone senza dimora e incremento della legalità nelle aree ad alta esclusione sociale.
Lo sviluppo urbano in Puglia (Por Plurifondo)
È plurifondo anche il Programma operativo della regione Puglia, che si caratterizza però per un approccio parzialmente diverso rispetto agli altri Po delle regioni meno sviluppate, dedicando allo Sviluppo urbano sostenibile l'Asse 12 e prevedendo risorse finanziarie pari solo al 2,3% del totale Fesr destinato al Programma (l'Asse vale 68.000.000 di euro, di cui 3 Meuro a valere su risorse Fse). Si tratta di una percentuale nettamente inferiore a quella dedicata dalla maggior parte dei Programmi operativi regionali agli interventi strategici in ambito urbano per questo ciclo di programmazione.
L'ammontare relativamente esiguo delle risorse finanziarie in termini relativi, ovvero rispetto al valore complessivo del Po, va probabilmente spiegata con l'intenzione dichiarata dalla regione di finanziare soltanto un numero limitato di progetti pilota e prototipi di interventi innovativi, intestati ad Autorità urbane con esperienza pregressa nella realizzazione di interventi integrati di pianificazione/gestione del territorio.
L'Asse sarà attuato individuando le "Autorità urbane" attraverso bando destinato alle amministrazioni locali cui seguirà una procedura di negoziazione.
Gli interventi saranno concentrati su tre driver specifici: la riqualificazione ecologica degli insediamenti; la riconversione ecologica delle aree produttive; l'infrastrutturazione verde degli insediamenti.

di Simona Elmo - Dipartimento Fondi europei e investimenti territoriali, Ifel e Francesco Monaco - Area Politiche di coesione territoriale, Anci

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