Ultimo aggiornamento 28.04.2025 - 14:51
Slide relative al webinar del 6 novembre 2017 - I Comuni e le opportunità del Fondo europeo di Sviluppo Rurale (PSR):…
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Presentato il Rapporto Svimez 2017, un rapporto che certifica l’uscita del mezzogiorno da una lunga crisi recessiva che lo vede, nel 2016, correre più del resto del paese, seppur di poco. Oltretutto il dato previsionale per il biennio 2017/2018 è di gran lunga in terreno positivo, anche se questa positività non riesce a sopperire alle emergenze sociali che vi sono nel sud d’Italia. Principalmente questo deriva dal fatto che il lavoro aumenta ma con delle retribuzioni basse e con la presenza del part time involontario. Ed ecco, quindi, che il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è ancora il più basso d’Europa (35% inferiore alla media Ue), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura "Occupazione Sud”. Un sud che è sempre meno giovane e con una tendenza ad una natalità sempre più bassa. Dal Rapporto Svimez emerge che le politiche di sviluppo territoriale influiscono positivamente mentre restano delle difficoltà per le imprese del Sud ad accedere agli strumenti di politica industriale nazionale. La stretta integrazione e interdipendenza tra Sud e Nord rafforza la necessità di politiche meridionaliste per far crescere l’intero Paese.

Secondo le stime di Svimez, aggiornate a ottobre, nel 2017 il PIL italiano cresce dell’1,5%, risultato del +1,6% del Centro-Nord e del +1,3% del Sud. Nel 2018 il saggio di crescita del PIL nazionale si attesta all’1,4% con una variazione territoriale dell’1,4% nel Centro-Nord e dell’1,2% al Sud. A trascinare l’evoluzione positiva del PIL, nel biennio 2017/2018, è l’andamento della domanda interna che al Sud è posizionata, rispettivamente a +1,5% e a +1,4%. Altro dato che emerge dal Rapporto riguarda la povertà che accompagna il sud. 10 cittadini su 100, infatti, sono in povertà assoluta contro i 6 su 100 del centro nord. Questo dato si amplifica nelle periferie delle aree metropolitane e nei comuni più grandi. Ovviamente ciò ha fissato una nuova ondata emigratoria che nel 2016 ha determinato 62 mila abitanti in meno nel sud dell'Italia.

Il saldo migratorio totale del Sud, quindi, continua a essere negativo e sfiora le 28 mila unità, mentre nel Centro Nord è in aumento di 93.500. Il pendolarismo nel Mezzogiorno nel 2016 ha interessato circa 208 mila persone, di cui 54 mila si sono spostate all’interno del Sud, mentre ben 154 mila sono andate al Centro-Nord o all’estero. Questi alcuni dei dati presenti nel rapporto Svimez. La sintesi e i materiali della pubblicazione è possibile scaricali alla pagina dedicata del sito Svimez.

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Secondo Eurostat, nel 2015, sono circa 10 milioni le persone che, in Europa, lavorano in agricoltura. Queste persone rappresentano il 4,4% della popolazione lavorativa degli stati membri.
Circa un terzo degli agricoltori europei è composto da donne, a dimostrazione che non esiste un lavoro che non sia alla portata del gentil sesso. L’Austria, con il 45%, detiene il record della percentuale di donne che lavorano nell’attività agricola. A seguire, la Romania, con il 43%, la Polonia, la Slovenia ed, infine, la Grecia, tutte con il 41%. Nella classifica opposta abbiamo l’Irlanda con il 12% e la Danimarca con il 12%.
Infine, assieme al dato interessante sulle donne, emerge che quasi il 60% dei lavoratori agricoli hanno un’età che oscilla tra i 40 e i 64 anni. Mentre per coloro che sono sotto la soglia dei quaranta anni la percentuale scende al 32%. Gli over 64 in agricoltura sono il 9% della forza lavoro. Tra i paesi membri che ospitano il maggiore numero di over 64 abbiamo il Portogallo e l’Irlanda. Insomma, una agricoltura europea caratterizzata dalla forte presenza di donne e di over 64. 

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