Come è noto, l’articolo 2, comma 4, dell’Ordinanza del Capo della Protezione civile n. 658/2020 stabilisce che ciascun Comune è autorizzato all'acquisizione, in deroga al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50:
Le scelte applicative dei Comuni possono essere decise con ampia discrezionalità, in deroga alle norme del Codice degli appalti: dall’acquisto di strumenti tipo “buoni pasto” di ampia spendibilità locale, a convenzioni con esercizi commerciali, all’acquisto diretto di generi alimentari e relativa distribuzione.
Diversi Comuni, in prevalenza di medie e piccole dimensioni, si stanno orientando alla “emissione diretta” di documenti del tipo “buoni spesa”, spendibili presso gli esercizi commerciali di generi alimentari, resisi disponibili a questo tipo di collaborazione. Questa modalità, pur non espressamente prevista dall’Ordinanza, appare certamente ammissibile e risponde alle istanze di celerità e flessibilità per l’utilizzo del contributo in particolare per quanto riguarda i Comuni di minori dimensioni.
Sono frequenti, in proposito, le incertezze circa il regime fiscale (e, in particolare, il regime IVA) al quale si possa fare riferimento, anche al fine di assicurare la necessaria semplicità nella realizzazione di un intervento che ha tutti i caratteri della massima urgenza (ved. note ANCI e IFEL sull’argomento).
Sotto il profilo strettamente fiscale, in caso di emissione “diretta” di buoni spesa – che determina l'obbligo di essere accettato come corrispettivo di una cessione di beni – lo strumento si può configurare quale voucher multiuso ai sensi dell'articolo 6-quater del DPR n. 633 del 1972. In questo caso, l'acquisto dei generi alimentari viene effettuato direttamente dal soggetto beneficiario e l'intervento del Comune si limita alla regolazione finanziaria dell'operazione, attraverso il pagamento previa presentazione, da parte dell’esercente, dei buoni trattenuti dal beneficiario, accompagnati dalle copie degli scontrini giustificativi dell'operazione.
Ai fini della sua realizzazione, appare utile evidenziare l’opportunità di:
Si ritiene che questi accorgimenti permettano di assicurare, anche sotto il profilo formale, la coerenza tra l’operazione d’urgenza messa in campo con l’Ordinanza n. 658 e le prescrizioni fiscali in materia.
ANCI, UPI ed ABI hanno stipulato un Accordo quadro contenente le linee guida in base alle quali le banche potranno procedere alla sospensione della quota capitale delle rate in scadenza nel 2020 dei mutui erogati in favore degli enti locali, sulla scorta di quanto già avvenuto con la sospensione della quota capitale dei c.d. “mutui Mef” (dl Cura Italia) e con l'operazione di rinegoziazione dei mutui recentemente approvata da Cdp. L’iniziativa va quindi a completare il set di misure su cui ANCI ha alacremente lavorato in queste settimane al fine di ridurre gli oneri da rimborso prestiti nell’ambito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
L’Accordo prevede un meccanismo di adesione su base volontaria da parte delle banche. Le banche aderenti potranno in ogni caso scegliere di adottare le linee guida indicate nell’Accordo, sospendendo pertanto la quota capitale delle rate in scadenza nel 2020 e allungando contestualmente di un anno il periodo di ammortamento attualmente vigente, o individuare misure diverse purché equivalenti, o migliorative, in termini di impatto finanziario. Gli enti dovranno presentare la richiesta alle banche aderenti entro il 15 maggio, le quali si impegnano a fornire risposta entro i successivi 30 giorni. Sul sito dell’Associazione bancaria sarà possibile consultare l’elenco costantemente aggiornato delle banche aderenti.
Stime preliminari indicano che l’impatto potenziale sul 2020 ammonta a circa 500 milioni di euro concentrati su circa 1800 comuni interessati dall’iniziativa. E’ auspicabile, come peraltro già mostrano alcuni primi riscontri, che la proposta sia ampiamente accolta dalle banche così da fornire un ulteriore sostegno finanziario agli enti locali a fronte dei prevedibili squilibri nei bilanci connessi all’emergenza epidemiologica.