Ultimo aggiornamento 11.12.2024 - 19:25
Amministratore IFEL2

Amministratore IFEL2

“Nel corso della pandemia i comuni hanno accettato di buon grado la sfida dell’emergenza, “gettando il cuore oltre l’ostacolo” e senza badare a quei formalismi che avrebbero potuto privato le comunità dei necessari interventi di sostegno”. Ha concluso così Guido Castelli, Presidente IFEL, i lavori del Talk on web odierno della Fondazione su “Responsabilità amministrativa e contabile durante l’emergenza”.

“Le Radici e sensori della Repubblica, secondo la felice espressione del Presidente Mattarella – ha dichiarato Castelli - i Sindaci devono essere messo in condizione di operare senza dover temere quella cultura del sospetto che spesso ha intossicato la pubblicità amministrazione. Non si tratta solo di semplificare ma anche di create un ambiente favorevole all’esercizio di quella discrezionalità amministrativa che rappresenta il motore della decisione pubblica. Nei comuni e altrove”.


IL VIDEO DELL'EVENTO

 

Talk on web della Fondazione sul futuro post pandemia. Una grande massa di risorse pubbliche nei prossimi mesi sarà impiegata per sostenere l’impatto del congelamento dell’economia nazionale a seguito dell’epidemia Covid-19.

In un Paese già fortemente indebitato e con una grande necessità di sostenere la crescita, i Comuni dovranno provare tutte le strade, per realizzare o rinnovare le opere pubbliche di cui hanno urgenza. Strategici gli investimenti pubblici per il rilancio del paese e su questo la Fondazione ha avviato un approfondimento in talk.

“L’emergenza Covid richiederà un grande sforzo per recuperare i danni economici e sociali del congelamento dell’economia nazionale” - ha così introdotto i lavori odierni il Direttore della Fondazione Pierciro Galeone – “Servono ingenti risorse pubbliche ma anche risorse private indirizzate verso investimenti ad impatto sociale. Salute, ambiente, educazione, mobilità sostenibile, risparmio energetico. E’ verso questi obiettivi che va indirizzato il risparmio privato attraverso strumenti finanziari trasparenti. Occorre inserire stabilmente i Comuni in questi circuiti perché è a livello locale che emerge la domanda reale e puntuale di infrastrutture e servizi collettivi. E’ quello il livello di misurazione e verifica dell’impatto. Naturalmente vanno messi a punto progetti e strumenti per raggiungere le necessarie dimensioni di scala.”

Ci sono le condizioni per cambiare paradigma e passare dal debito all’equity per una spesa di pubblica utilità? Quali sono i vantaggi e quali i rischi di questa prospettiva? Quali le potenziali pipeline da sottoporre ad eventuali investitori? Questi gli interrogativi della discussione odierna tra gli esperti chiamati a rispondere dalla Fondazione.

“Dall’inizio della pandemia è stata forte la richiesta di risparmio privato sia per aiutare la piccola e media impresa ma anche per finanziare progetti con ricadute locali”. E’ quanto ha dichiarato l’ex Direttore del Corriere della Sera e del Sol24ore Ferruccio De Bertoli. “Nelle ultime settimane sono arrivate molte proposte da più parti politiche, in accordo o disaccordo con l’Unione Europea come per il MES. Ciò dimostra che c’è una grade attenzione e maturità, anche da parte delle famiglie, che non sono indebitate, su strumenti che abbiamo un rendimento finanziario accettabile con lunghezze temporali anche ampie, che potrebbero consentire di finanziarie delle opere infrastrutturali importanti i cui benefici ricadono in maniera visibile a vantaggio delle comunità o per sostenere grandi programmi, come da me stesso proposto attraverso l’istituzione di grandi borse di studio nazionale, a sostegno dell’eduzione dei giovani e per l’istruzione”.

Della qualità degli investimenti e degli strumenti da utilizzare ha parlato invece Claudio Cacciamani, economista Università degli Studi di Parma. “Un fondo di investimento che può essere privato ma anche pubblico è necessario in questa fase di ripartenza per aiutare gli enti locali a gestire anche la stessa pandemia, come ad esempio è avvenuto nella gestione cimiteriale e le sue problematiche recenti. Serve una volontà di aggregazione degli investimenti per superare logiche campanilistiche perché un’opera necessaria per i Comuni non è sufficiente per la gestione di un Fondo. Occorre un cambio di mentalità anche nella stessa gestione degli investimenti pubblici. Suggerisco di passare dal concetto di proprietà a disponibilità del bene per liberare risorse”.

“Stiamo proponendo una prospettiva diversa” ha replicato Leonardo Becchetti, economista Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Abbiamo tanti strumenti ma come schiodiamo i cittadini per far capire le possibilità esistenti. E’ chiaro che ci sono stati problemi nell’ultimo periodo ma ci sono programmi di investimento che hanno più rendimenti rispetto degli stessi conti correnti. Abbiamo molti soldi parcheggiati nei conti correnti ma abbiamo anche distorsioni come gratta e vinci e nei giochi vari. Bisognerebbe dire ai cittadini di “giocare” puntando su un capitale di rischio su imprese diventando anche partner stabile che accompagni gli investimenti. Dobbiamo girare il volante. L’esposizione a rischio pandemico sarà normale, ogni imprenditore, commerciante, cittadino si domanderà del fattore del rischio pandemico a seconda se il settore è più esposto o meno sposto. Devono nascere bond regionali che finanzino quegli investimenti con ripresa resiliente e rigenerativa che abbiano questi obiettivi: più valore economico e del lavoro, ricchezza e qualità della vita, meno rischio del fattore pandemico e il business del futuro sarà l’economia circolare. Il risparmio degli italiani deve essere attratto da nuovi strumenti da mettere in campo”.

Pietro Negri, Presidente Forum per la Finanza Sostenibile, nel suo intervento ha illustrato l’importanza per la Pubblica amministrazione che gli enti pubblici integrino l’impatto sociale contenuto negli obiettivi dell’Agenda europea 2030 e goals ONU nelle strategie di investimento sostenibile. “La finanza al servizio di un’economia sostenibile – ha dichiarato Negri – Saranno necessari d’ora in poi investimenti resilienti ai cambiamenti esterni, anche pandemici, in grado di creare valore aggiunto e tenendo conto degli stakeholder e degli investitori privati. Tutti gli indicatori dicono che gli investimenti etici hanno resistito all’emergenza da Covid19. Il fattore sociale ed etico negli investimenti sarà determinante in futuro per connettere le diverse parti del territorio con una regia stretta degli enti locali”.

“IFEL dopo aver affrontato il tema più generale del PPP in svariate occasione nel passato, affronta quello dell'utilizzo del risparmio privato per la realizzazione di infrastrutture sociali. L'incontro tra domanda e offerta è la questione cruciale. La finanza acquista prodotti già pronti e il territorio fatica a promuovere progetti capaci di corrispondere all'enorme offerta di capitali orientati alla finanza d'impatto. Uno spazio che deve essere riempito da operatori professionali in grado anche di stimolare le aggregazioni territoriali necessarie a raggiungere le dimensioni di scala che consentano di dialogare con il mercato dei capitali. Torneremo sull'argomento con approfondimenti su tutte queste tematiche su cui il nostro pubblico ha dimostrato notevole interesse”. Questo è invece il commento di Tommaso Dal Bosco, dell’Osservatorio Investimenti della Fondazione.

Al Presidente IFEL, Guido Castelli, è stata affidata la riflessione finale con l’indicazione del ruolo della Fondazione in questo percorso nazionale di rilancio del paese. “L’impatto sociale per mobilitare le risorse private per riattivare l’economia è già socialmente qualificante perché è già generativo l’atteggiamento che paga in percentuale tantissimo – è la sintesi di Castelli - La perdita del Pil sarà al sopra del 10 per cento come indicano gli indicatori. Per reagire alla pandemia è necessario che l’attivazione degli investimenti non sia solo pubblicistica. Pubblica utilità e pubblico devono essere superati come anche il principio della sussidiarietà. Liberiamo energie nel mondo più utile possibile. In senso pro-attivo lo stato dovrà incentivare l’uso di risorse private anche per il bene dello sblocco delle risorse pubbliche. In questa logica che evoca la necessità di mobilitare il risparmio privato sarebbe anche molto utile, come indicato da De Bortoli, rafforzare l’alfabetizzazione finanziaria degli italiani. Lo stato ha il compito di costruire un paesaggio chiaro in cui la liberazione di energie ad impatto sociale è fondamentale, come anche la sburocratizzazione dell’intero sistema. Le norme non ostacolino la liberazione dell’energie private, come avviene per il Partenariato Pubblico Privato a livello comunale con un ambiente non ostile all’investitore privato. Il punto di caduta è il sistema degli investimenti comunali, che riguardano il patrimonio pubblico, come per la riqualificazione delle scuole ad esempio. Superiamo i condizionamenti anche attraverso strumenti nuovi con economie di procedure semplificate, norme qualificate e poca volubilità nelle strategie politiche da attuare, a prescindere dall’appartenenza politica e a lungo periodo. Il mondo delle imprese, invece, sappia valorizzare le esperienze delle reti imprese con l’inclusione territoriale già esistente”.

IL VIDEO

Il secondo Talk on web di IFEL sulle aree interne ha coinvolto anche il Ministro per il sud e la coesione territoriale

L’emergenza Covid induce a ripensare molti aspetti della nostra vita economica e sociale. Uno di questi è l’equilibrio fra città ed aree interne. IFEL ha dedicato a questo tema cruciale per i Comuni due appuntamenti di Talk on web per ipotizzare scenari futuri coinvolgendo studiosi, esperti ed accademici e per individuare politiche pubbliche e strategie da mettere in campo con le istituzioni tutte.

Per lo sblocco burocratico nell’attuazione delle strategie in atto per le aree interne e per un potenziamento dei livelli di governo è stata annunciata la nomina del Coordinamento Nazionale per le strategie delle aree interne nazionali. Lo ha annunciato lo stesso Ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano che ha partecipato ai lavori della Fondazione. Il ministro, dopo aver parlato dell’impatto sociale enorme non solo dovuto alla pandemia da Covid19 ma anche per le differenze territoriali tra città metropolitane ed aree interne già presenti ma acuite dalla crisi, ha snocciolato i ritardi accumulati negli anni, soprattutto nel settore della digitalizzazione del paese ipotizzando possibili soluzioni di sblocco. Al centro del suo intervento i provvedimenti che il Governo sta mettendo in campo nei confronti dei comuni in termini non solo di risorse ma di strategie da condividere con tutti i settori coinvolti.

Stesso dicasi per il contributo offerto da Stefano Boeri. “Gli attori nuovi creati dalla pandemia lasceranno una nuova consapevolezza diffusa soprattutto nel progettare il tempo di lavoro – ha spiegato l’architetto ed esperto urbanista - conciliandolo con una domanda fortissima di un ciclo di vita diverso, passando anche dai negozi di vicinato, riscoperti e rivissuti, con una domanda forte di un rapporto diverso con la natura, non solo digitale, rapporto che si è rotto da tempo. Dobbiamo capire come si esce dall’ingorgo istituzionale ed il problema non sono le risorse. Il tema ambientale è fondamentale ed importante per l’Italia ma chi se ne fa capo? Non solo i Ministeri della Coesione territoriale e dell’Ambiente, ma tutti devono costruire nella rigenerazione delle città con una dimensione differente del ciclo della vita. La mia preoccupazione è legata al timore che tutto si disperda in merito progetti ministeriali, anche se iniziative importanti, ma senza la forza di un progetto unitario e strategico per l’intero paese”.

“La strategia che il sistema dovrà attuare – così Guido Castelli, Presidente IFEL - richiederà un telaio istituzionale per la messa a terra delle linee di azione con una leale collaborazione tra gli attori protagonisti. Apriamo una stagione di programmazione, organizzando una strategia compiuta. Ritroviamo la cultura del risultato, curiamo l’obiettivo prima del mezzo. Il rafforzamento amministrativo è necessario e parte con 500 mila nuovi dipendenti pubblici annunciati, rispondendo al disegno unitario, oltre alla logica specialistica delle aree interne, in un’unica grande rete “metro-montana”. Il rilancio va interpretato parando il colpo, ma realizzando un destino più aderente all’Italia che nel policentrismo ha il suo elemento distintivo. Remiamo tutti dalla stessa parte come abbiamo fatto in pandemia”.

“Non è certo nuovo il tema delle aree interne – così nella sua relazione Pierciro Galeone, Direttore della Fondazione ha tracciato gli scenari possibili - ovvero dei paesi, dei borghi e dei territori a minore vitalità economica, più isolati rispetto ai sistemi di mobilità, con minore dotazione di servizi, e a rischio spopolamento. Questi comuni sono spesso lasciati ai margini dei processi economici e sociali seppur siano oggetto da anni di una specifica politica pubblica, quella della Strategia nazionale per le aree interne. L’emergenza sanitaria è esplosa in tutta Europa nelle aree economicamente più dinamiche e più sviluppate. E il contrasto all’epidemia ha avuto come arma principale: la “distanza”. La concentrazione, la densificazione, l’agglomerazione tutti i fenomeni urbani che sembravano avere una connessione necessaria con i processi di sviluppo sono diventati fattori di rischio. E nelle aree interne l’isolamento da elemento critico ha assunto un connotato positivo in questa rivalutazione della distanza”.

“Non sappiamo se le conseguenze del Covid – ha spiegato il Direttore - quelle economiche innanzitutto, amplieranno i divari e gli squilibri territoriali o la necessità di porre i temi dell’ambiente e della salute forniranno un’occasione per ridurre le distanze tra città e campagna, se questo scenario di convergenza come può essere favorito da politiche pubbliche di riduzione degli squilibri e di perequazione tra le dotazioni di servizi e infrastrutture. Non sappiamo poi se la Strategia Nazionale per le Aree interne possa contribuire a traguardare questo obiettivo. C’è il rischio che le necessarie politiche espansive dirette a recuperare la perdita di PIL e di occupazione dirigano le risorse dove queste promettono di fruttare più rapidamente: i settori più forti e i territori più sviluppati. Solo una forte opzione politica può dare avvio ad una rinnovata stagione di politiche di coesione che non punti su solo su interventi compensativi verso i territori svantaggiati ma incentivi la connessione tra aree urbane e aree interne. Dobbiamo agire sotto il segno dell’interdipendenza tra territori, tra modi diversi di abitare e di produrre. La connessione deve essere il vettore per il superamento del digital divide, lo sviluppo di una sanità di territorio, l’alternarsi strutturato di educazione in presenza e a distanza; un recupero edilizio dei borghi e una cura dei territori nel segno dell’efficienza energetica, della sicurezza sismica e idrogeologica”.

“Gli squilibri e le disuguaglianze negli ultimi dieci anni sono stati accentuati dall’emergenza sanitaria in corso soprattutto nelle città delle aree interne” – ha dichiarato Micaela Fanelli, del Comitato Direttivo per Anci dell’Agenzia per la coesione territoriale – “E’ necessario ripartire il prima possibile dalle politiche previste dalla Strategia Nazionale per le Aree interne, dalle buone intuizioni già previste accelerando le scelte come quelle per gli investimenti per il welfare pubblico territoriale. Tra gli interventi da mettere in campo, primo fra tutti il trasporto pubblico locale, perché c’è il rischio che si raddoppino i costi del servizio nelle aree interne, ma gli interventi devono riguardare anche la qualità della vita dei cittadini, garantendo la distanza dei servizi come, oltre al trasporto pubblico, nelle scuole e nelle mense. Inoltre bisogna ripensare ed investire per migliorare il sistema della medicina territoriale. Puntiamo per il rilancio del turismo di prossimità, verde e di vicinanza e pensiamo a misure e politiche strategiche per l’ambiente. Gli strumenti per farlo ci sono, anche a livello europeo destinate alla coesione territoriale, non dobbiamo fare passi indietro”.

“L’emergenza da Covid19 – ha spiegato Matteo Luigi Bianchi, Delegato ANCI per le aree interne - sta lasciando strascichi importanti e da non sottovalutare nella tenuta sociale oltre economica del paese. Trasformazione del mondo del lavoro è evidente riguarda anche quelli che la crisi economica del 2008 non erano stati coinvolti, alcuni faranno fatica a gestire la propria vita e si riverseranno sulle amministrazioni che non devono farsi trovare impreparate nel dare risposte. Abbiamo visto in questi mesi tutti i limiti nel vivere in isolamento, in spazi piccoli, pochi metri quadri e senza verde, invece nei borghi sono state più mitigate le problematiche. Abbiamo visto come i nostri imprenditori debbano necessariamente adeguare le imprese in termini di innovazione, sicurezza e valorizzazione del materiale umano, valorizzando il contesto in cui si vive e il contesto famigliare che il proprio dipendente può sviluppare. Nella pianificazione territoriale è necessaria e strategica una riduzione importante dell’inquinamento, un potenziamento dello smart working come modalità stabile e nuova di lavoro ma è anche necessaria una e tema demografico. E’ necessario essere quanto più vicini possibili ai cittadini per raccogliere le esigenze anche al di là di situazioni emergenziali”.

IL VIDEO

di Guido Castelli - Presidente Fondazione IFEL

L’appuntamento di oggi della Fondazione è il primo dei due appuntamenti di Talk on web dedicato alle aree interne e le città, le loro politiche pubbliche territoriali nel dopo emergenza sanitaria da Covid19, il prossimo sarà domani con la presenza del Ministro del Sud Giuseppe Provenzano. La nostra vuole essere una riflessione su di un tema che è uno dei più dibattuti in questo periodo di pandemia, ovvero il rapporto tra città e campagna e l’influenza che il Covid ha avuto su quella che era prima la percezione prima che la crisi sanitaria esplodesse, nei rapporti tra città ed entroterra, tra aree metropolitane e aree interne. Il dibattito è amplissimo.

Una delle metafore più utilizzate, anche forse abusate ma secondo me più efficaci che ha accompagnato la pandemia è quella che vuole far somigliare il Covid ad un pettine che fa venire alla luce i nodi italiani emersi secondo una dinamica che ha sconvolto parecchi paradigmi su cui riposavano tante certezze in Italia e nel mondo rispetto all’individuo singolo e all’amministrazione sociale. C’erano analisi e studi che indicavano nelle città il luogo naturale verso il quale si sarebbe incentrato il destino dell’uomo, le grandi concentrazioni urbane sembravano essere per molti l’esito ultimo della globalità e della modernizzazione.

Abbiamo constatato che le cose non si sviluppano necessariamente in questi termini, non solo nel dibattito tra intellettuali e accademici, ma quello che è accaduto ha dato la sensazione che fuori dalle mura urbane c’era una possibilità di salvezza più significativa, più importante, che ha esaltato la dimensione territoriale, anche quella marginale. Quella che negli ultimi anni ha vissuto in maniera più sofferta il processo di centralizzazione a cui abbiamo assistito soprattutto a far data dalla crisi economica del 2011 nella quale anche dal punto di vista istituzionale i concetti di sussidiarietà verticale ed orizzontale o stessa centralizzazione delle decisioni sembravano rappresentare dei mantra contro i quali era difficile armarsi.

L’elemento territoriale ritorna in maniera prepotente come luogo, meta e salvaguardia degli equilibri umani come nell’organizzazione sanitaria. Abbiamo visto come un’adeguata territorializzazione dell’elemento sanitario può essere salvifico per le comunità e come IFEL abbia indagato sulle buone performance che le organizzazioni comunali periferiche hanno mostrato nel momento della difficoltà massima, forme di assistenza garantite dalle unioni dei comuni e non solo, dai comuni stessi come elementi di prossimità.

Dalle grandi concentrazioni urbane e dagli spazi ridotti, molti pensavano di “densificare” perché dà il senso della concentrazione di persone, si è tornati a parlare di territorialità e nuova valorizzazione ed organizzazione dei territori. E’ importante capire quali siano le linee di sviluppo per rafforzare il sistema delle aree interne per consolidare e rendere sistematiche le azioni da intraprendere.
Nella risposta alle pandemie lo spazio pubblico viene messo in condizione da essere fruito anche dalle attività private all’insegna di una logica di prossimità che probabilmente nei piccoli centri, nelle aree interne, nelle città medie può essere governato in maniera più attenta ed efficace a differenza di quanto accade nelle grandi metropoli.

La centralizzazione delle scelte e della programmazione non è quanto di meglio si può fare per l’uomo moderno, la dimensione territoriale può essere una dimensione che torna al centro della discussione e un disegno e ripensamento di un modello di sviluppo che sappia estrarre il meglio da una condizione policentrica del decentramento italiano per cui di cui parla l’art.5 della Costituzione italiana bistrattato negli ultimi anni. Tutti i servizi sono parametrati dall’elemento demografico, anche la logica di sostenibilità finanziaria ma siamo davvero sicuri che questo elemento sia un dogma insuperabile che da senso alla possibilità di fornire servizi al Paese? Non è forse il caso di ricordare che sia in un piccolo paese dell’Appennino marchigiano sia a Bari, Milano o Firenze si pagano esattamente le stesse tasse? Siamo sicuri che a parità di tasse, sempre nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, fare in modo che non debba essere un gesto eroico andare a vivere nelle nostre aree interne? Io penso che si possa vivere in maniera congrua ed attiva nei piccoli paesi senza aderire ad una logica rivendicazionista quasi che le piccole comunità siano una sorta di bio diversità umana da tutelare.

Il modello di sviluppo, a mio avviso, deve prendere che nel momento in cui, ed è il momento che stiamo vivendo, si stanno mobilitando tantissime risorse pubbliche per uscire dall’emergenza sanitaria sarebbe utile e conveniente seguire un filo di mappatura, una rotta, che tenga presente che di come è fatta l’Italia. Un grande compito dovranno avere quelli che governano i territori e i comuni, gli stessi sindaci che gestiscono i comuni piccoli e medi devono fare degli sforzi enormi per cercare di progettare ciò che in termini di servizi richiede una organizzazione più vasta del perimetro comunale come per la scuola che è il tema più complicato da organizzare.

Le riflessioni fatte oggi hanno coinvolto diversi protagonisti del settore ed accademici come Antonio De Rossi, dell’Università di Torino, Giovanni Carrosio, dell’Università di Trieste, Sabina Del Luca, Forum Disuguaglianza Diversità e Filippo Tantillo, ricercatore territorialista. L’analisi e le proposte, gli scenari venuti fuori dal proficuo dibattito saranno alla base del confronto politico di domani alle 15 con Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud, come già detto, e l’architetto e urbanista Stefano Boeri. Vi segnalo inoltre un altro appuntamento di IFEL per venerdì mattina su investimenti locali e spesa pubblica con Ferruccio de Bortoli e Leonardo Becchetti, tra gli altri.

Sul canale YouTube della Fondazione potete vedere il video del Talk on web di oggi.

 

“I Comuni del Piemonte 2020” illustra le principali caratteristiche territoriali, istituzionali, economico-finanziarie e socio-demografiche dei Comuni piemontesi, attraverso mappe e tabelle articolate per provincia e per classe di ampiezza demografica, con un focus dedicato ai piccoli Comuni della regione.

L’unità di rilevazione è il singolo Comune e i dati trattati sono i più recenti provenienti dalle fonti ufficiali.

Focus

Progetti

Podcast - Gazzetta IFEL


Webinar
e-Learning

In presenza

Seminari