Fabbisogni Standard
Il fabbisogno standard di un comune può essere definito come quel livello di spesa che deve essere garantito tenendo conto di tutti gli elementi che concorrono, da un lato ad alimentare la domanda di un certo servizio, dall’altro a condizionare i costi che l’ente deve sostenere per erogarlo. In questo modo il fabbisogno standard si sostanzierebbe in un ammontare monetario che può essere immaginato come il prodotto di una quantità “standard” per un adeguato (ed efficientato) costo unitario. Di fatto le cose non stanno proprio così e la distanza da questo ideale teorico dipende anche dal servizio analizzato.
Le funzioni comunali che vengono sottoposte al calcolo del rispettivo fabbisogno aggregano, secondo una prospettiva di centro di costo, le Funzioni fondamentali definite dal comma 1 dell'articolo 19 del decreto legge n. 95 del 2012. Approfondisci
Si tratta di:
- Funzioni generali di amministrazione (Anagrafe, Ufficio tecnico, Gestione entrate e Altri servizi generali)
- Polizia locale
- Istruzione pubblica per le scuole dell'infanzia, primarie e medie (manutenzione, riscaldamento, illuminazione degli edifici scolastici, trasporto degli alunni; refezione; assistenza scolastica e trasporto di alunni disabili);
- Asili nido
- Servizi sociali (ad esclusione degli Asili nido)
- Viabilità e Territorio
- Raccolta e smaltimento rifiuti
- Trasporto pubblico locale
Solo per alcune delle funzioni è davvero possibile isolare il costo e la quantità del servizio reso. La difficoltà di misurare l’output, tipica ad esempio delle funzioni di amministrazione generale, fa sì che in diversi casi il fabbisogno sia stimato non in base ad un modello di costo, ma sulla base della spesa osservata, attraverso un modello arricchito da variabili rappresentative della domanda e dell’offerta del servizio.
In questi casi il fabbisogno standard è ottenibile come spesa procapite contestualizzata ed ha quindi natura di spesa media declinata in funzione di un complesso set di grandezze di domanda che esprimono i bisogni espressi dal territorio di ogni singolo comune (fattori demografici, economici, sociali, ecc.) nonché di comprovate specificità di offerta e dunque di costo (costo del lavoro, degli affitti, dei carburanti, ecc.).
Funzione di spesa e di costo Approfondisci
La Figura 1 mostra questa duplice opzione operativa. La catena causale muove dalle esigenze espresse dal territorio, passa attraverso il quantum di servizi da erogare e determina le risorse necessarie a questo scopo. Ove l’output è misurabile in modo convincente la relazione analizzata è quella fra output e risorse, cioè costo. Diversamente, l’analisi deve fare a meno dell’output, e la relazione studiata è quella che lega risorse ed esigenze del territorio.
Figura 1: Funzione di spesa e di costo
La scelta tra le due diverse configurazioni economiche, rispettivamente funzione di costo le prime e funzione di spesa le seconde, risponde proprio alla possibilità o meno di giungere a vere e proprie misurazioni di output. Finora la funzione di costo è stata applicata per la determinazione del fabbisogno per l’Istruzione pubblica, per l’Asilo nido e per il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti. La funzione di spesa è stata adottata per le Funzioni generali di amministrazione, per la Polizia locale, per la Viabilità e Territorio.
Nella metodologia più recentemente adottata è stata individuata una terza possibilità in qualche modo intermedia. La funzione di spesa è stata potenziata per alcuni servizi attraverso una soluzione tecnica etichettata come “funzione di spesa aumentata”, individuata per sopperire alla necessità, più volte espressa nel corso degli anni, di attribuire un maggior fabbisogno ai comuni “che fanno di più”, seppur nell’impossibilità di costruire delle vere e proprie funzioni di costo e quindi di poter quantificare con esattezza l’ammontare di servizio erogato. E’ il caso dei Servizi sociali e del Trasporto pubblico locale.
Il versante applicativo
Da un punto di vista operativo, il calcolo dei fabbisogni per ciascuna funzione è un processo a due stadi. Il primo consiste nella definizione del modello di regressione e nella stima econometrica dei coefficienti delle variabili considerate, il secondo nella applicazione concreta del modello per giungere alla determinazione del fabbisogno standard di ciascun comune.
Il primo passo è quello di spiegare al meglio la spesa storica dei diversi servizi per singolo comune, individuando gli elementi che sia da un punto di vista logico, sia come evidenza statistica siano associabili ai differenziali di spesa. La tecnica econometrica consente fondamentalmente di verificare la fondatezza di una ipotesi di spiegazione e, in caso positivo, di valutarne la rilevanza quantitativa.
La Figura 2 mostra nella parte sinistra l’intervento dei diversi driver raggruppati in base alla loro natura. Come si può vedere, per le funzioni di spesa oltre ai fattori di scala sono presenti contenitori relativi al complesso degli elementi di domanda e di offerta, alle scelte gestionali, ai costi dei fattori produttivi e agli effetti territoriali.
Figura 2: Funzioni di spesa e di spesa aumentata.
Nota: Nella sezione riferita all’Applicazione, l'intensità della casella mostra visivamente l'incidenza specifica delle sterilizzazioni (bianco: nessuna sterilizzazione, colore pieno: tutte). Per il costo dei fattori produttivi la colorazione gialla indica che l'effetto non è stato sterilizzato, ma normalizzato.
Nel caso delle funzioni di spesa aumentate si aggiungono le caratteristiche del servizio, intese come misure di presenza o di intensità di alcune attività di particolare importanza. Nei servizi sociali, ad esempio, si considera il numero di aree di intervento o la presenza di strutture residenziali o semi-residenziali, mentre nel Trasporto pubblico locale si distinguono i comuni che hanno la metropolitana, il tram o i servizi a fune da chi svolge il trasporto locale unicamente su gomma.
Per le funzioni di costo, schematizzate in Figura 3, gli elementi di contesto che rappresentano i fattori di domanda e di offerta sono sostituiti dalle quantità degli output prodotti, dalle caratteristiche dei servizi erogati e dalle specificità socio-economiche. Queste ultime intervengono assegnando ciascun comune ad un gruppo omogeneo in relazione, appunto, a caratteristiche economiche e sociali.
Figura 3: Funzioni di costo.
Nota: Nella sezione riferita all’Applicazione, l'intensità della casella mostra visivamente l'incidenza specifica delle sterilizzazioni (bianco: nessuna sterilizzazione, colore pieno: tutte). Per il costo dei fattori produttivi la colorazione gialla indica che l'effetto non è stato sterilizzato, ma normalizzato.
La seconda fase del meccanismo (illustrata nella parte destra di Figura 2 e 3 ) affronta una diversa tipologia di scelte sulla base dei pesi individuati per ciascun driver e dal valore che quel driver assume per giungere al fabbisogno standard. Una caratteristica decisiva dell’intero meccanismo è infatti quella di lasciare al policy maker la possibilità di decidere quali dei driver hanno dignità di entrare a definire le relatività nel programma perequativo. Approfondisci
E’ il caso di tutte le grandezze che rappresentano specifiche scelte gestionali, come la quota di spese esternalizzate, che in molti casi spiegano in misura significativa i differenziali di spesa. Nel calcolo del fabbisogno si è deciso che queste scelte non incidano sul valore che si va a determinare. Un altro esempio è quello delle caratteristiche puramente geografiche: pur tenendo conto di ampi set di driver, quote consistenti dei differenziali di spesa restano connessi al fatto di appartenere ad una regione piuttosto che ad un’altra. Anche in questo caso, tranne che per due servizi, non si è ritenuto opportuno che differenziali di costo o di spesa di natura puramente geografica trovino riflesso nel valore del fabbisogno.
La scelta di quali driver debbano intervenire nella definizione dei fabbisogni standard è stata assunta formalmente in sede di CTFS (Commissione tecnica per i fabbisogni standard).
L’utilizzo dei fabbisogni standard in chiave gestionale
Ai fini del riparto perequativo, il fabbisogno standard di ciascun comune viene espresso in coefficienti di riparto, i quali a loro volta sono posti a confronto con gli analoghi coefficienti di riparto ricavati dalle capacità fiscali. La misura pubblicata del fabbisogno non è dunque un ammontare monetario assoluto, ma esprime la “quota di partecipazione” di ciascun comune al riparto complessivo. Nondimeno, una volta definite tutte le scelte applicative, prima di calcolare i coefficienti di riparto è necessario giungere alla determinazione di fabbisogni procapite, o alternativamente di costi unitari in termini di output, espressi naturalmente come valori monetari.
Non si tratta di valori da leggersi come corrispettivi di un finanziamento integrale delle funzioni fondamentali, oppure come costi efficienti, ma come espressione dei comportamenti medi di fatto attuati dai singoli comuni. Il grande patrimonio informativo a disposizione ha permesso di costruire una piattaforma di benchmarking, attraverso la quale ciascun comune può posizionare le proprie scelte. Da una curiosità iniziale di vedere cosa fanno gli altri Comuni simili, l’esercizio può trasformarsi in una più articolata presa d’atto della propria situazione gestionale.
A questo scopo, i fabbisogni standard sono presentati sotto diverse angolazioni in 3 differenti Prospetti:
- il primo è finalizzato alla comparazione fra i valori specifici del Comune e quelli di un gruppo di Comuni simili (benchmark)
- il secondo completa ed arricchisce l'analisi con una serie di indicatori gestionali, aggiuntivi rispetto alla determinazione dei fabbisogni standard
- il terzo pone in evidenza l’effetto di ciascun driver nel determinare i valori di fabbisogno standard
Di seguito si presentano brevemente le informazioni sintetizzate in ciascun Prospetto. Nella parte accessibile agli amministratori comunali, raggiungibile tramite il tasto Visualizza i dati, ciascun utente potrà visualizzare le informazioni puntuali relative al proprio comune.