Rimedi per evitare la procedura d'infrazione
I pagamenti della Pa assomigliano sempre di più a un sistema di vasi comunicanti: dopo che il Governo ha immesso liquidità per 23,5 miliardi in nove mesi, scende lo stock di debiti arretrati. E mentre il Documento di economia e finanza annuncia di voler mettere la parola «fine» con un'iniezione di altri 13 miliardi da qui a ottobre, resta alta la colonnina dei nuovi debiti insoluti. Al punto che ancora oggi quasi due fatture su tre tra quelle emesse solo l'anno scorso restano incagliate.
Il termometro degli insoluti arriva dall'ultima rilevazione Cerved Group sui pagamenti della Pa , delle partecipate e dei fornitori. Su 374mila fatture scadute, a fine 2013, l'ammontare complessivo di debiti non pagato è sceso dal 67,7% di fine 2012 al 56,3% (11 punti in meno rispetto al 2012). E il numero delle fatture incagliate è diminuito fino alla fatidica soglia del 50 per cento.
Segno evidente che i provvedimenti di sblocco hanno dato la "scossa" alla galassia dei fornitori pubblici. Ma l'operazione varata con il Dl 35/2013 riguarda solo l'arretrato fino al 2012. Cerved invece ha "isolato" le fatture in scadenza nell'ultimo trimestre 2013, le più nuove dunque, e ha rilevato che di queste una quota ben più alta - pari al 62,5% - resta nei cassetti. «Sono evidenti i segnali positivi sui debiti arretrati - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group -, ma rimangono elevati gli squilibri sulle transazioni correnti, con la creazione di nuovo debito che riduce l'effetto dei provvedimenti di sblocco».
A dispetto delle leggi anti-ritardi e dei moniti che arrivano da Bruxelles (sui pagamenti l'Italia rischia la doppia procedura di infrazione), dunque, la montagna di arretrati si sta lentamente ricreando. Ne è consapevole anche il Governo, che proprio nel documento di economia e finanza - che approderà alla Camera giovedì - ha previsto altri 13 miliardi a favore delle imprese per svuotare la vasca dei pagamenti arretrati, ampliando il perimetro a quelli accumulati a fine 2013. Sempre nel Def, poi, sono tracciati anche vincoli più stringenti per chiudere il rubinetto delle nuove fatture da saldare, scongiurando così l'avvio di una procedura di infrazione in arrivo da Bruxelles. Allo studio è un sistema basato sull'obbligo di registrare le fatture (che dal 6 giugno per i ministeri dovranno essere elettroniche) e di certificare il credito, resi più stringenti attraverso sanzioni rafforzate. Per gli enti inadempienti scatta il blocco delle assunzioni; in più la certificazione del credito sarebbe resa semi-automatica. Il Def punta anche a un allentamento del Patto di stabilità per consentire a chi ha le risorse di pagare i fornitori. Infine, la Cassa depositi e prestiti verrebbe autorizzata ad acquisire dalle banche i crediti ceduti assistiti da garanzia statale. La nuova legge sui pagamenti verrà illustrata dai rappresentanti del Governo alla Commissione Ue il 5 maggio.
L'altro fronte aperto riguarda il contenzioso con Bruxelles per il mancato rispetto da parte dell'Italia della direttiva sui ritardi di pagamento che fissa a 30 giorni (prorogabili a 60 solo in circostanze eccezionali) i termini per saldare le fatture dello Stato nei confronti delle imprese. La risposta dell'Italia alla prima contestazione non sarebbe stata giudicata sufficiente, tanto che il vicepresidente Ue, Antonio Tajani, ha annunciato l'imminente messa in mora del nostro Paese (si veda Il Sole 24 Ore del 1° aprile) per una normativa che secondo la Commissione è ancora poco vincolante sui tempi del saldo fatture.
Mentre a Bruxelles gli occhi sono puntati sull'Italia, a Roma si preparano le contromosse. «Stiamo lavorando - spiega Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche europee - a un emendamento da inserire nella legge europea 2013-bis che dovrebbe approdare in Aula il prossimo 29 aprile o comunque entro i primi di maggio. Il testo chiarirà la cogenza dei termini di pagamento dei pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese rispondendo ai rilievi mossi da Bruxelles».
L'emendamento in preparazione punterebbe a rafforzare l'obbligo di pagare nei tempi fissati dalla legge senza fornire alla Pa l'appiglio di sanare i ritardi con il semplice pagamento degli interessi moratori. L'obiettivo dichiarato è eliminare i dubbi interpretativi sull'obbligo per i debitori di rispettare i termini di legge.
Nell'attesa delle correzioni legislative, quindi, l'unica nota positiva è lo smaltimento degli arretrati. La performance migliore la mettono a segno i Comuni, che abbattono di 17 punti la propria quota di scaduto rispetto al 2012, seguiti dagli enti del Servizio sanitario nazionale (-11%). Ma le Asl restano comunque le peggiori pagatrici (oltre 150 giorni di attesa media). Segnali positivi anche dalle società partecipate, che a dicembre 2013 fanno registrare una diminuzione di quasi quattro punti degli importi insoluti. La maglia nera resta a quelle regionali, dove ancora il 60,8% dei debiti non viene onorato.
Ma basta un solo dato a fotografare la sconfitta su questo fronte: ancora oggi solo una fattura su quattro nell'ultimo trimestre 2013 è stata onorata nei termini pattuiti dal contratto.