l'Europa agirà di conseguenza. E il conto (salato) della mancata attuazione della direttiva Ue lo presentano le imprese: al settore delle costruzioni mancano 12 miliardi, mentre il primo semestre 2013 registra il periodo di attesa più lungo, in media 235 giorni. A preannunciare il pugno di ferro di Bruxelles Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, che nel corso di una conferenza convocata ieri a Roma si dichiara insoddisfatto di come il nostro Paese stia gestendo la questione: c'è molto da fare, spiega, anche perché la somma di 50 miliardi prevista dal nostro esecutivo «non è esaustiva del debito pregresso», mentre occorre saldarlo tutto «prima che entri in vigore il fiscal compact», che ci impone dal 2015 di ridurre la quota superiore al 60% del rapporto tra debito e pil di un ventesimo ogni anno. Il tempo stringe, giacché un provvedimento di pre-infrazione è già stato avviato, considerate le due «lacune» principali riscontrate nelle leggi varate (è in vigore dal 1° gennaio 2013 la normativa che recepisce la direttiva n. 2011/7/Ue). Innanzitutto, il termine dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni di 60 giorni «è già un'eccezione rispetto ai 30 indicati», e in Italia può, invece, essere utilizzato «con eccessiva semplicità». Il legislatore è stato, quindi, «troppo elastico» e, come secondo punto chiave da chiarire, c'è l'assenza nel testo italiano delle «prassi gravemente inique» (clausole contrattuali) per il creditore, «che non vengono proprio menzionate», fra cui, ad esempio, può configurarsi la richiesta all'azienda di emettere una fattura in ritardo per poter ricevere la somma spettante.Purtroppo, prosegue il numero due di Bruxelles, ancora non si conosce nella sua interezza l'ammontare dei debiti della p.a. della Penisola nei confronti delle imprese. Ecco perché si spinge a sostenere che ci vorrebbe «un'Equitalia anche al contrario», un organismo di riscossione, cioè, che non serva soltanto a verificare se i cittadini versano il dovuto, ma anche per controllare se gli enti fanno altrettanto e, di conseguenza, osservano le discipline europee. Sventolare l'ipotesi dell'apertura della procedura d'infrazione per l'Italia, nelle prossime settimane, è un rammarico per Tajani, che sottolinea come il pagamento dei fornitori da parte delle amministrazioni pubbliche incida «per l'80% sul debito e solo per il 20% sul deficit», smontando così la tesi che vi siano problemi di sforamento del tetto del deficit del 3%; risolvere la questione, comunque, si tradurrebbe nella«più grossa manovra che si possa fare per uscire dalla crisi», perché si ridarebbe ossigeno all'economia, aumenterebbe i consumi, gli ordinativi delle aziende e «ci sarebbe un maggior introito a livello di tasse dirette e indirette per lo stato». Al fianco del vicepresidente della Commissione Ue il vertice dell'Associazione dei costruttori (Ance), Paolo Buzzetti, in veste di «contabile»: l'88% delle realtà produttive rileva ritardi nel veder saldate le proprie fatture, e la prima metà dell'anno in corso ha segnato un nuovo record negativo, ovvero mediamente 235 giorni di attesa. Il Patto di stabilità interno, afferma, rappresenta «la principale causa» delle lungaggini (l'80% dei casi), mentre è «ancora in fase di rodaggio» la certificazione dei crediti, che dovrebbe consentire alle imprese di effettuare operazioni di smobilizzo in banca e di compensare i crediti con i debiti fiscali. Ma il fenomeno, interviene Giorgio Merletti, presidente della Confartigianato, sembra essersi tragicamente aggravato anche nel comparto privato, dove «si concentra l'87,5% degli insoluti». Colpisce, infine, che oltre il 50% dei debiti della p.a. verso le pmi sia di modesta entità, sotto i 2 mila euro, a dimostrazione della «farraginosità delle procedure».