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Il mosaico delle regole sblocca-pagamenti - Il Sole24 Ore del 15 Aprile

  • 15 Apr, 2013
Pubblicato in: Pagamenti
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La manovra proposta dal Governo col decreto legge 35 non intende semplicemente immettere liquidità nel sistema - mediante la soddisfazione diretta dei creditori dello Stato e delle sue differenti amministrazioni – ma ha la più articolata (e difficoltosa) finalità di perfezionare e rendere (finalmente) funzionante un complesso sistema di norme messe in capo per porre rimedio ai ritardi dei pagamenti. Un fenomeno - come emerge dal documento del Centro studi della Camera con le schede di lettura del Dl n. 35 2013 - che nel corso degli anni ha conosciuto una crescita impressionante, sino a sfiorare il totale dei 90 miliardi (secondo stime Banca d'Italia), ovvero circa il 5,8% del Pil. Come se non bastasse, è lo stesso governo a confermare che, al momento, non esistono dati certi sull'ammontare dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese.

 

Il governo, a più riprese, ha cercato una soluzione. Non fosse altro perché - a seguito del recepimento della direttiva 2011/7/UE - c'è stato un significativo giro di vite sulle sanzioni legate ai mancati pagamenti delle transazioni commerciali, ivi comprese quelle delle Pa. Per i contratti conclusi a decorrere dal 1° gennaio 2013, poi, il termine massimo per i pagamenti della Pa è di 60 giorni e gli interessi moratori (circa l'8% su base annua) decorrono automaticamente alla scadenza del termine. In altre parole, se fino ad ora "chiedere qualche sacrificio" ai fornitori era tollerato (e tollerabile) - magari con l'introduzione di specifiche clausole contrattuali negli accordi di fornitura, in deroga alle previsioni del Dlgs n. 231/02 che, in Italia, regola tempistica dei pagamenti commerciali e sanzioni per gli inadempimenti - tutto ciò non è più certamente possibile dal 1° gennaio di quest'anno. La conseguenza è che, oltre a indebolire il sistema imprenditoriale, il ritardi dei pagamenti generano anche un danno all'Erario. In ogni caso, già l'articolo 9 del Dl n. 78/09 - con il fine di prevenire la formazione di nuove situazioni debitorie della pubblica amministrazione - ha introdotto, tra l'altro, una specifica responsabilità disciplinare e amministrativa dei funzionari pubblici chiamati ad adottare provvedimenti che comportano impegni di spesa, laddove questi non accertino preventivamente la conformità del programma dei pagamenti coi relativi stanziamenti di bilancio. Con obiettivi di certo più ambiziosi, poi, con l'articolo 9, comma 3-bis, del Dl n.185/08 è stata introdotta la cd "disciplina della certificazione dei crediti verso la Pa" (in prima battuta, solo quelli verso gli enti territoriali), anche ai fini della cessione pro-soluto dei medesimi a banche o altri intermediari finanziari (o, più verosimilmente, per utilizzarli in compensazione con debiti erariali). Per rendere più efficace questo nuovo istituto, la legge di stabilità per il 2012 ha introdotto la previsione secondo la quale, scaduto il termine di sessanta giorni, su nuova istanza del creditore, provvede alla certificazione la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, la quale, ove necessario, nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell'ente territoriale. Successivamente, il termine per la certificazione è stato ridotto da 60 a 30 giorni dall'articolo 13-bis del Dl 7 maggio 2012, n. 52 il quale ha, inoltre, reso obbligatoria - e non più eventuale - la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l'amministrazione non abbia provveduto alla certificazione. Il meccanismo della certificazione dei crediti è stato esteso anche agli enti del Ssn dal Dl 52/2012 e, alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, dall'articolo 12 del Dl 2 marzo 2012, n. 16. In un primo momento, la certificazione veniva rilasciata solo in forma cartacea. Dall'ottobre dello scorso anno è obbligatorio, invece, l'utilizzo di un'apposita piattaforma elettronica che, tra l'altro, ha il vantaggio che le cessioni dei crediti certificati in modalità telematica assolvono al requisito della forma per atto pubblico e all'obbligo di notificazione al l'amministrazione ceduta.

 Nonostante questi sforzi, l'efficacia dei provvedimenti per l'accelerazione dei pagamenti della Pa è stata veramente minima. La mancanza (sinora) di sanzioni per le amministrazioni inadempienti sulla certificazione ha fatto si che si fermasse a soli 300 milioni di euro il totale delle certificazioni "cartacee" rilasciate fino a ottobre 2012 e a soli 31 milioni di euro quelle elettroniche. Un dato, questo, che non meraviglia, se si considera che le pubbliche amministrazioni che si sono accreditate sulla piattaforma elettronica sono solo 1.700, su un totale di oltre 20.000. Questa situazione non fa bene al "sistema" di leggi sinora creato per lo sblocco dei debiti della Pa che non può - visti i numeri - reggersi solo sulle immissioni di liquidità garantite dal Dl 35. In altri termini, tutti gli strumenti disponibili per utilizzare i crediti verso la Pa devono essere resi efficacemente disponibili, soprattutto perché le imprese che non saranno "soddisfatte" (o non lo saranno per intero) in questa tornata di pagamenti potranno continuare a fare affidamento solo sugli strumenti alternativi sinora esistenti.

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