Con il passare del tempo però emergono dettagli procedurali che rendono nebulosi e problematici gli effetti del provvedimento.Secondo le intenzioni iniziali il decreto legge 35/2013 avrebbe dovuto immettere liquidità nel sistema economico attraverso lo sblocco dei tanti, troppi crediti (fino al 31/12/2012) che imprese e professionisti vantano nei confronti della pubblica amministrazione. Già prima dell'entrata in vigore del decreto esisteva uno strumento che era stato introdotto per tentare lo sblocco dei crediti: la devoluzione a favore di Equitalia dei crediti vantati, misura rimaste pressoché inutilizzata per stessa ammissione del direttore di Equitalia Attilio Befera .Perplessità Riuscirà a risolvere i problemi il nuovo provvedimento? A preoccupare è la complessità della procedura. Le pubbliche amministrazioni debitrici, infatti, dovrebbero pubblicare l'elenco dei creditori che dovranno essere rimborsati. Alle imprese non rimarrebbe altro da fare se non attendere con pazienza il 30 giugno, data entrola quale dovrebbero ricevere una comunicazione da parte dell'amministrazione debitrice contenente l'importo dovuto e la data entro la quale il debito sarà saldato. Per l'ok definitivo bisognerà attendere il 15 settembre quando dovrebbe essere reso disponibile un elenco di tutti i debiti certi, liquidi ed esigibili. Se però l'elenco dovesse presentare errori, imprecisioni o omissioni ci sarà tempo per ricorrere. Il problema è che questa comunicazione non rappresenta una vera «certificazione» nel senso che non può essere utilizzata nei confronti dei terzi (cioè le banche). Il documento non contiene la data del pagamento e pertanto le imprese che non saranno pagate con le risorse rese disponibili dal decreto-legge non potranno sperare di riuscire a cedere il credito alle banche che vogliono essere rassicurate sulla scadenza ed avranno serie difficoltà anche ad ottenere ulteriori anticipazioni. In ogni caso, anche nell'eventualità in cui l'impresa avesse portato le fatture in banca per ottenere una anticipazione, è calcolabile una perdita vicina al 10%.
Il nodo burocratico A preoccupare sono anche le le procedure burocratiche che ne caratterizzano l'effettiva operatività. I consulenti del lavoro, per esempio, segnalano l'incredibile questione relativa al certificato Durc (Documento unico di regolarità contributiva che attesta il corretto comportamento di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi).Ma, spesso, l'irregolarità delle imprese che impedisce il rilascio del prezioso certificato dipende dai ritardati pagamenti da parte dello stesso ente che richiede l'attestato. Basti pensare al ricorrente caso in cui una impresa è regolarmente in possesso del Durc all'atto della partecipazione alla gara così come al momento dell'aggiudicazione e della fine dei lavori. Trascorsi magari alcuni anni, quella stessa pubblica amministrazione che non ha provveduto al pagamento dell'appalto, chiede il Durc. E' facile prevedere che in un appalto d'opera o servizi in cui il costo del lavoro ha una importante incidenza, il datore di lavoro non sia stato in grado di anticipare la contribuzione richiesta per ottenere la regolarità. Su questo fronte, l'unica possibilità, peraltro limitata alle imprese che vantano crediti fiscali, rimane la compensazione con i debiti mediante F24. Peccato che la misura che ne prevedeva l'innalzamento è stata rinviata al 2014.