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Debiti Pa, se il problema è (anche) la burocrazia - Il Sole24 ore del 28 giugno del 2013

  • 28 Giu, 2013
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La vicenda dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese ha una rilevanza non solo economica, ma anche istituzionale: individua alcune delle principali disfunzioni del nostro sistema amministrativo e sollecita una più ampia riflessione sull'efficacia dell'azione dello Stato centrale. Ma partiamo dai fatti.

 

Il primo provvedimento per sbloccare i pagamenti delle Pa risale al decreto legge n.185/2008. Da allora ci sono stati numerosi altri interventi normativi. Solo nel 2012, a distanza quindi di 4 anni dalla prima iniziativa, si contano tre nuove disposizioni in tre diversi decreti legge (n. 16, 52 e 95), ben quattro decreti del Ministro dell'economia e delle finanze e due circolari della Ragioneria generale dello Stato. Ciò nonostante il Governo l'8 aprile scorso ha ritenuto di dover varare un nuovo decreto legge, ma ancora non sono stati forniti con precisione i dati sull'entità dei debiti. Di fronte alle critiche la Ragioneria ha spiegato che la sua attività «si avvicina più ad un concetto di certificazione che a un giudizio di valutazione», ad un ruolo, in definitiva, «quasi di tipo notarile» e «che sia i pareri formulati che le relazioni tecniche vengono inoltrati...agli uffici di diretta collaborazione con il Ministro...».
Questi fatti mostrano dunque che strutture amministrative "chiave" nella definizione e gestione dei processi decisionali sono in grado di condizionare l'efficacia dell'azione di governo.

La prima struttura è la Presidenza del Consiglio dei ministri, da cui i decreti legge formalmente provengono. Essa dovrebbe assicurare il coordinamento dell'attività normativa e amministrativa, garantendo, in particolare, la «qualità dei testi normativi sotto un profilo formale e sostanziale» e il coordinamento tra amministrazioni per «la verifica di fattibilità delle iniziative legislative». Ma nel tempo la Presidenza, nonostante le dimensioni sovrabbondanti, si è progressivamente allontanata dalle funzioni essenziali. Essa andrebbe quindi profondamente rinnovata e rifocalizzata sulle funzioni a supporto del Presidente del Consiglio e del Governo.
La seconda struttura è il Ministero dell'economia, in particolare la Ragioneria generale dello Stato. Questa dovrebbe assicurare il «controllo e monitoraggio dei conti pubblici», anche con funzioni di «analisi e valutazione della spesa», e verificare la «copertura finanziaria delle leggi» prima della loro adozione (l. n.196/2009). Tuttavia, la prima attività sembra ancora non completamente espressa, mentre la seconda è spesso svolta oltre misura, fino ad incidere su scelte di indirizzo e gestionali, di fatto sostituendosi al decisore politico e alla dirigenza chiamata ad attuare le decisioni sulle spese. La Ragioneria generale, apparato tuttora di eccellenza, dovrebbe aggiornare la propria missione e superare la logica di micro-controllo burocratico.

La terza struttura chiave è rappresentata dagli uffici di diretta collaborazione dei ministeri. Essi costituiscono lo snodo che tiene unito vertice politico e amministrazione. Finora la guida di questi uffici è stata appannaggio pressoché esclusivo di personale proveniente dalle magistrature amministrative. E in questo quadro, la politica - priva dell'ambizione di costruire un'amministrazione moderna - ha continuato ad attribuire a tali uffici una valenza di tipo "consulenziale". Il ripensamento delle strutture di Gabinetto quindi deve passare attraverso l'immissione in esse anche di statistici, economisti, ingegneri gestionali, così da poter meglio progettare le politiche e orientare l'amministrazione al risultato. 
Infine, un'ulteriore considerazione che la vicenda dei debiti delle Pa suggerisce riguarda la qualità delle norme. Le leggi spesso sono irragionevolmente dettagliate o sono irragionevolmente lacunose, rimettendo la definizione di aspetti rilevanti ad atti successivi, che, pur essendo adottati con atto del Ministro, sono di fatto predisposti dalla burocrazia. Ma il rinvio ad atti successivi sposta in modo non trasparente dalla politica alla burocrazia delle amministrazioni centrali dello Stato il potere sostanziale di decisione. Uno spostamento in grado di determinare un mutamento genetico della burocrazia, la quale si trova ad incidere sull'efficacia delle decisioni politiche e, quindi, sulla qualità dell'azione dei governi. È tempo di ricondurre le strutture organizzative a supporto dell'Esecutivo alla loro vocazione originaria.

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