Neanche il 4% dei cittadini europei, per l’esattezza il 3,8%, in età lavorativa risiede nel 2017, alla data dell’indagine Eurostat, in un altro stato membro europeo. Questo rilevamento dell’Ufficio Europeo di Statisica è aumentato sensibilmente rispetto alla precedente studio di dieci anni fa (il dato era al 2,5%). Il tutto seguendo il principio fondamentale del trattato sul funzionamento della Ue che prevede la libera circolazione all’interno dei paesi membri.
All’interno della variegata geografia europea si passa dal 19% della Romania che precede la Lituania (15%) e la Croazia (14). All’esatto opposto vi è la Germania al 1% e, subito dopo, Regno Unito (1%) e, per finire, Francia e Svezia (tutte e due al 1,3%). L’Italia è sotto la media europea; nel 2007, invece, era in media con i rilevamenti europei.
Da notare l’impennata della Romania aumentata di 12,5 punti di percentuale rispetto al 2007. Al contrario abbiamo la quota dei ciprioti che, rispetto al 2007, è diminuita del 4,2% (dal 7,1% al 3,9%).
Il settore che più si addice alla mobilità è quello dei laureati del terziario con una quota del 32,4%. Il tasso occupazionale per chi decide di lavorare in altro paese europeo è del 76,1%, contro il 72,1% generalizzato della Ue. Gli Italiani che decidono di lavorare in altri paesi Ue hanno un percentuale di scorgere lavoro che è del 75,6% contro il 62,3% di coloro che rimangano nel belpaese.