Sempre che succeda davvero.
Pare infatti che sul testo ci sia maretta. E che l'esecutivo possa decidere per un nuovo giro di pareri parlamentari, visto che quelli arrivati sono molto discordi. Sarebbe un unicum, però. Per un governo come questo, tra l'altro, che ha fatto ampio uso di leggi delega.
E che mai si è fatto condizionare dai pareri di deputati e senatori (seppur scomodi), per di più consultivi.
Basti pensare al Jobs Act e alle posizioni non certo concilianti di Damiano e Sacconi, poi di fatto ignorate. Sia come sia, le novità da discutere oggi in Cdm saranno diverse. A partire dalla gestione degli esuberi (i sindacati ne prevedono 150 mila) da affidare alla mobilità «in ambito regionale» e non più a Palazzo Chigi (dipartimento della Funzione pubblica), considerata la gestione non brillante del caso Province. Per poi passare all'Anpal (il nuovo collocamento), se dopo sei mesi la Regione non riesce a ricollocare. Arrivano poi due sconticini nei criteri per sfoltire le partecipate. Da una parte, l'abbassamento della soglia di fatturato medio nel triennio come indicatore di vita o di morte: scende da uno a mezzo milione. Sopra ti salvi, sotto no.
E poi le perdite in quattro su cinque esercizi, ma solo «per un ammontare non inferiore al 5% del fatturato». Il nodo della Corte dei Conti viene sciolto esplicitando che è salva la sua giurisdizione «per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti». Aspetto che il Consiglio di Stato dava per scontato nel suo parere, vista la sentenza di sei anni fa della Cassazione. Poi certo c'è quella richiesta del Senato di spiegare le eccezioni. Ovvero il famoso allegato A con una serie di partecipate escluse dalla mannaia: da Expo al Gruppo Eur, dal Coni a Lazio Innova.