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Il finanziamento ordinario delle politiche per la rigenerazione urbana

  • 08 Mar, 2019

di 
Guido Castelli, Presidente IFEL e Walter Vitali, Direttore Urban@it

Passare dai bandi alla strategia per rigenerare le città a partire dalle loro periferie. È il tema centrale della Relazione conclusiva della Commissione della Camera della XVII Legislatura sulle periferie votata all’unanimità il 14 dicembre 2017. Da qui ha preso le mosse il Position paper di IFEL e Urban@it "Il finanziamento ordinario delle politiche per la rigenerazione urbana" (in allegato).

Il problema fondamentale è la cronica sotto dotazione infrastrutturale e di servizi delle città italiane, aggravata dalla caduta degli investimenti pubblici negli ultimi anni. L’opportunità è data dai temi di policy contenuti in quella Relazione ampiamente condivisa, che potrebbero essere portati all’attenzione delle diverse sedi istituzionali che si stanno occupando di questi argomenti (Commissioni Territorio e ambiente di Camera e Senato; Tavoli al ministero delle Infrastrutture sull’aggiornamento degli standard urbanistici e sulla revisione del Codice unico dell’edilizia; Tavolo al ministero dello Sviluppo economico sulla crisi del settore delle costruzioni).

Le indicazioni della Commissione hanno uno spettro molto ampio. Tra gli strumenti di finanza autonoma dei comuni, gli oneri di urbanizzazione e il contributo straordinario per gli interventi in variante urbanistica (legge Sblocca-Italia n. 162 del 2014) meritano una particolare attenzione per assicurare le risorse necessarie alle dotazioni pubbliche delle città interrompendo la tendenza negativa alla loro riduzione. Gli interventi di rinnovo edilizio e di trasformazione urbana, anche per sostenere la ripresa del settore edilizio contenendo il consumo di suolo, possono essere favoriti con incentivi sui tributi erariali come proposto nel Manifesto di Ance per le elezioni politiche del 2018.

Tra gli strumenti di finanza derivata il più interessante sarebbe un prelievo sulle plusvalenze immobiliari attribuito ai comuni che incorpori i tributi esistenti, esplicitamente finalizzato alla rigenerazione con effetti di controprestazione per i proprietari a cui verrebbe applicato.

Per quanto riguarda invece le norme urbanistiche andrebbe approvato almeno il nucleo essenziale della legge sul governo del territorio, per uniformare a livello nazionale i principi di perequazione e di compensazione contenuti in numerose leggi regionali. La definizione quantitativa minima degli standard urbanistici, così come stabilita dal decreto del 1968, rimane un riferimento ineludibile, ma va attualizzata tenendo conto che non siamo più nella fase dell’espansione urbana e che vi sono nuove domande sociali da soddisfare.

È essenziale anche una mobilitazione incentivata di risorse private. A questo fine si potrebbe prevedere una assicurazione obbligatoria sul patrimonio edilizio più datato e più esposto ai rischi sismici, idrogeologici e d’incidente industriale rilevante, con l’impiego di parte delle riserve così create per il finanziamento di opere pubbliche nelle città.

Infine, ci sono tre programmi nazionali sui quali vale la pena soffermarsi. Il primo è il Piano strategico per le città italiane di carattere poliennale (6-10 anni), proposto dalla Commissione come evoluzione dell’esperienza dei bandi, con l’individuazione dei quartieri periferici dove si manifestano i maggiori disagi e un meccanismo di finanziamento continuativo. Gli interventi sulla città fisica vanno necessariamente accompagnati da azioni di carattere sociale, culturale, economico e ambientale e di attivazione di processi a cui la cittadinanza sia chiamata a partecipare.

Il secondo è il Piano per l’edilizia residenziale pubblica e sociale con maggiori finanziamenti costanti nel tempo e una legge-quadro sulle aziende pubbliche per la casa.

Il terzo è una regia unitaria per il sostegno agli investimenti locali, in una fase nella quale si stanno ricreando spazi nei bilanci ma l’impoverimento degli apparati tecnici rende difficile far fronte a procedure sempre più complesse, oltre alla necessità di combinarli in modo coerente con gli investimenti regionali e nazionali che insistono sui medesimi territori.

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