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Tassa rifiuti con delibere libere-Italia oggi sette

  • 07 Mar, 2016
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Le delibere comunali che fissano le tariffe della tassa rifiuti non devono essere motivate. Si tratta di atti generali per i quali non è imposto l'obbligo di motivazione.

Lo ha affermato la Commissione tributaria regionale di Palermo, sezione XXV, con la sentenza n. 400 del 2 febbraio 2016. È una questione dibattuta tra giudici di legittimità e di merito e anche tra giudici amministrativi. Sono infatti state emanate diverse sentenze di segno contrario rispetto a quella in esame. Però interessa molto ai contribuenti sapere se le amministrazioni pur di coprire i costi del servizio, per Tarsu, Tia, Tares e Tari, devono dar conto o meno delle loro scelte. Secondo la commissione regionale, la delibera comunale che non contenga una motivazione dettagliata dei costi del servizio di smaltimento rifiuti che giustifichi le tariffe adottate, non si pone in contrasto con l'articolo 7 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000) e non è sindacabile per eccesso di potere. Quindi, non deve essere disapplicata. Per i giudici d'appello la delibera fa riferimento ai costi del servizio, «quali si ricavano dal bilancio di previsione allegato all'atto deliberativo». Tra l'altro, precisano, «va richiamato l'orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al dlgs n. 507 del 1993, art. 65, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge a una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali e aree tassabili ai sensi degli artt. 62 e 63». L'orientamento oscillante della giurisprudenza. Non la pensa allo stesso dei giudici siciliani il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna (sentenza 1056/2015), secondo cui la delibera che ? ssa le tariffe della tassa ri? uti deve essere motivata e deve indicare i costi di esercizio dell'anno precedente, le stime dell'anno di competenza, il gettito della tassa e le ragioni dell'eventuale aumento dei costi e delle tariffe. Vanno quindi esplicitate con chiarezza tutte le risultanze istruttorie e le ragioni delle decisioni dell'ente. Si tratta di una deroga al principio generale che esclude la motivazione per tutti gli atti a contenuto generale, vale a dire delibere e regolamenti. Sulla necessità di motivare le delibere tariffarie non c'è un'uniformità di vedute nella giurisprudenza amministrativa. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (II), con la sentenza 1238/2013, ha stabilito che il comune non è tenuto a motivare l'aumento delle tariffe Tarsu. L'aumento può essere giusti? cato dalla necessità di coprire i costi del servizio. In senso contrario si è espresso il Consiglio di stato (sentenza 5616/2010), il quale ha sostenuto che il comune deve motivare la delibera che prevede un aumento delle tariffe Tarsu. E non può invocare genericamente la necessità di assicurare la tendenziale copertura totale della spesa, senza avere dati certi sullo scostamento tra entrate e costo del servizio. Anche con la sentenza 504/2015 ha ribadito che l'amministrazione comunale deve indicare nella delibera le ragioni che hanno comportato l'aumento delle tariffe della tassa ri? uti, con l'obiettivo di coprire integralmente i costi del servizio, ma è insindacabile la scelta di privilegiare le utenze domestiche rispetto alle attività produttive. Quindi, può prevedere tariffe più elevate per le utenze non domestiche. Al riguardo, invece, la Cassazione ha preso una posizione diversa. I giudici di legittimità (sentenza 22804/2006; ordinanza 26132/2011) hanno escluso questo adempimento per gli atti generali, come previsto dall'articolo 3 della legge 241/1990.In sintesi

Riferimenti normativi Tarsu: articoli 65, 68 e 69 decreto legislativo 507/1993 Atti adottati dai comuni per la tassa ri? uti: regolamenti e delibere Le delibere che ? ssano le tariffe della tassa ri? uti non devono essere motivate: Ctr Palermo (sentenza 400/2016); Tar Puglia (sentenza 1238/2013) Orientamento contrario: Consiglio di Stato (sentenza 5616/2010); Tar Emilia-Romagna (sentenza 1056/2015) Le delibere tariffarie devono essere motivate e indicare: costi di esercizio dell'anno precedente; stime dell'anno di competenza; gettito della tassa; ragioni dell'aumento dei costi e delle tariffe Altre indicazioni da riportare nelle delibere: risultanze istruttorie e ragioni delle decisioni dell'enteImmobili soggetti a prelievo senza eccezioni

Tutti gli immobili sono soggetti alla tassa rifiuti, anche quelli vuoti. Il mancato utilizzo di un locale o di un'area non esonerano il contribuente dal pagamento. Questo è il principio più volte ribadito dalla Cassazione. Si tratta, però, di una questione controversa, dibattuta da anni e che ha fatto registrare contrastanti prese di posizione della giurisprudenza, di legittimità e di merito, e del Ministero dell'economia e delle finanze. Per la Tari, l'Ifel con una nota si è espressa per la tassabilità di questi immobili. Peraltro, i comuni avrebbero dovuto tener conto di questa regola anche negli anni precedenti per i vecchi regimi di prelievo sui rifiuti. In passato, invece, la maggior parte delle amministrazioni locali hanno escluso dalla tassazione gli immobili inutilizzati, se privi di allacci alle reti, idriche e elettriche, o di mobili. In realtà, la tassa è dovuta a prescindere dall'uso degli immobili, purché siano potenzialmente in grado di produrre rifiuti urbani. Quindi, a prescindere dalla circostanza che vi sia un effettivo utilizzo del servizio pubblico. La Tari si paga se l'immobile è suscettibile di produrre rifiuti. Sono soggetti gli immobili non utilizzati, se non allacciati alle reti idriche, elettriche o se privi di mobili. I principi fissati dalla Cassazione per la Tarsu vanno osservati anche per la Tari. Stesso discorso vale per la Tares. Per i giudici di legittimità (ordinanza 18022/2013) il cambio di residenza del contribuente, la denuncia di cessazione dell'occupazione dell'immobile e il mancato consumo di energia elettrica non lo esonerano dal pagamento della tassa rifiuti. Vanno esclusi dalla tassazione solo gli immobili non utilizzabili (inagibili, inabitabili, diroccati). Non ha alcuna rilevanza la scelta soggettiva dei titolari di non utilizzarli. Anche il mancato arredo non costituisce prova dell'inutilizzabilità dell'immobile e della inettitudine alla produzione di rifiuti. Un alloggio che il proprietario lasci inabitato e non arredato si rivela inutilizzato, ma non oggettivamente inutilizzabile.

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