èstato, infatti, firmato dal direttore generale delle finanze il decreto 29 febbraio 2016 in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e anticipato sul sito www. finanze.it, con il quale sono stati approvati i coefficienti che sono indispensabili per la determinazione dell'Imu per gli immobili che: sono classificabili nel gruppo D; non sono iscritti in catasto; appartengono a imprese; sono distintamente contabilizzati; sono sforniti di rendita catastale. Detti coefficienti (si veda tabella a fianco) sono necessari non solo per calcolare l'Imu, ma anche per determinare tributo per i servizi indivisibili (Tasi), poichà© il comma 675 dell'art. 1 della legge 147/2013, ha stabilito che la base imponibile Tasi è quella prevista per l'applicazione dell'Imu. Il ricorso all'individuazione dei coefficienti è giustificato dal fatto che per questi immobili non si può applicare il criterio generale di determinazione dell'Imu e della Tasi basato sulla moltiplicazione della rendita catastale per le aliquote stabilite dal comune, in quanto gli immobili in questione sono sforniti di rendita catastale. Per tale motivo l'art. 13, comma 3, del dl 201/2011 che ha istituito l'Imu, ha rinviato alle norme dell' Ici, in particolare all'art. 5, comma 3 del dlgs 504/92, che prevede una specifica modalità di quantificazione del valore da assumere che deve essere seguita fino all'anno in cui detti immobili vengono iscritti in catasto con attribuzione di rendita. Infatti, il valore dell'immobile deve essere fissato alla data di inizio di ciascun anno solare o, se successiva, alla data di acquisizione, applicando i coefficienti che sono aggiornati annualmente con un decreto del Mef sulla base dei dati risultanti all'Istat sull'andamento del costo di costruzione di un capannone. Questo particolare meccanismo di calcolo non sempre è stato accolto con favore e durante la vigenza dell'Ici è stato anche sottoposto al vaglio della Corte costituzionale che, nella sentenza n. 67 del 24 febbraio 2006, ha escluso la irragionevolezza del criterio di calcolo basato sul valore dei fabbricati risultante dalle scritture contabili dell'imprenditore ed ne ha confermato la legittimità . Per il calcolo dei due tributi comunali, l'Imu e la Tasi, si tratterà , quindi, di applicare i coefficienti approvati dal decreto in questione al valore dell'immobile che è costituito dall'ammontare che risulta dalle scritture contabili, al lordo delle quote di ammortamento; alla somma che ne risulta va, poi, applicata l'aliquota deliberata dal comune. Dal punto di vista operativo è utile richiamare la risoluzione n. 6/ DF del 28 marzo 2013 nella quale è stato chiarito che il valore dell'immobile è formato dal costo originario di acquisto/costruzione compreso il costo del terreno, dalle spese incrementative, dalle rivalutazioni economico/ fiscali, eventualmente effettuate, dagli interessi passivi capitalizzati e dai disavanzi di fusione, come risultante dalle scritture contabili al 1 ° gennaio dell'anno in riferimento al quale è dovuta l'Imu e la Tasi. A nulla serve, invece, tale meccanismo se gli immobili in questione hanno già una rendita catastale; in tale ipotesi, infatti, la base imponibile ai fini Imu e Tasi deve essere determinata moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per il coefficiente, pari a 65 come stabilito dell'art. 13, comma 4, lettera d) del dl 201/2011, a meno che i fabbricati non siano classificati nella categoria catastale D/5, in quanto ad essi si applica, invece, come dispone la successiva lettera b-bis), il coefficiente pari a 80.