Il meccanismo è regolato dalle disposizioni attuali che disciplinano il redditometro. Anche la ratio alla base del redditometro ricalca quella degli studi di settore: ancorchà© il primo venga definito "sintetico" ed il secondo "induttivo", entrambi sono basati su campioni statistici presi quali benchmark rispetto al contribuente accertato, ed entrambi valorizzano un reddito ipotetico figurativo sulla base di un software e/o di formule predefinite. Ciò che li distingue, in definitiva, sono esclusivamente l'ambito soggettivo di applicazione e le modalità di assunzione del datibase: mentre il redditometro "colpisce" le persone fisiche in quanto tali, gli studi si focalizzano su imprenditorie professionisti. Inoltre, mentre Gerico esprime un ricavo atteso sulla base di informazioni auto dichiarate (in Unico), il redditometro deriva le proprie determinazioni dai dati già in possesso dell'agenzia delle Entrate. Come dire: un medesi mo (o simile) motore su due applicazioni differenti. Proprio tale parziale sovrapposizione delle modalità di funzionamento ha portato a considerare valide, per il "nuovo" redditometro, alcune assunzioni già consolidate nel panorama degli studi di settore. Un esempio di tale "trasposizione" si rileva in uno dei concetti espressi dalla Cassazionea Sezioni unite del 18 dicembre 2009 (n. 26635 e 26638). In tale contesto, i giudici confermarono per gli studi di settore quanto l'agenzia delle Entrate aveva già espresso con la precedente circolare 5/E/2008: in caso di mancata partecipazione da parte del contribuente al contraddittorio, o partecipazione totalmente passiva, l'ufficio può emettere avviso di accertamento esclusivamente sulla base dei dati in possesso. Ebbene, più recentemente (circolare 24/E/2013) tale assunto è stato confermato anche per il redditometro. In tale solco si colloca la recente sentenza della commissione tributaria regionale di Milano (139/2016 depositata il15 gennaio) che, in tema di redditometro, propone un'interessante visione ampliata (e per certi versi, più equa) di questo concetto. Secondo i giudici lombardi, anche «a prescindere dall'intervento del privato » (quindi: pur in assenza del contribuente al contraddittorio) l'Ufficio deve operare uno sforzo finalizzato a «una ricostruzione della reale capacità del contribuente a partecipare alla spesa pubblica. L'applicazione di valorie coefficienti ministeriali non può, pertanto, essere rigida, asettica, espressione di calcolo esclusivamente matematico, ma deve comunque contenere una riflessione circa l'idoneità di tale risultatoa rappresentare la realtà dei fatti, dovendo l'agenzia delle Entrate, in caso contrario, ricondurre il risultato ottenuto a uno più razionale ». In altre parole la Commissione, partendo dal principio di rango costituzionale sancito dall'articolo 53 della Costituzione, secondo cui «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche secondo la loro capacità contributiva », ha derivato che l'amministrazione finanziaria debba in tuttii casi verificare se il mero calcolo matematico sotteso al reddito figurativo possa "calzare" sul soggetto accertato, evitando di emettere avvisi di accertamento in quei casi in cui detto calcolo (e in generale, i dati in proprio possesso) portino a risultati chiaramente distanti dalla reale condi zione del contribuente. E ciò anche "autonomamente", se il contraddittorio preventivo non si riveli utile allo scopo. L'assunto secondo cui l'ufficio, in mancanza di partecipazione del contribuente al contraddittorio, può emettere l'avviso di accertamento basandosi esclusivamente sui dati in proprio possesso, deve essere quindi contemperato con una analisi preliminare di validità e coerenza degli stessi dati rispetto alla realtà verificata. A ben vedere, in tema di redditometro, un concetto simile è stato già proposto, in passato, dalla stessa agenzia delle Entrate nella circolare 6/E/2014. In tale circostanza, infatti, l'amministrazione finanziaria aveva esortato gli uffici a effettuare controlli (prima dell'emissione dell'avviso di accertamento) affinchà© i dati attribuiti al contribuente monitorato non risultassero palesemente incoerenti con il relativo quadro informativo complessivo. Riprendendo il parallelismo con gli studi di settore, analoga determinazione è stata raggiunta qualche anno fa, con riferimento a tale strumento accertativo induttivo, dalla Ctr di Bari (sentenza 25/2011).