L'obbligo deriva dall'incrocio di due norme: la manovra, appunto, che concede la riduzione del 50% dell'imponibile, e quindi dell'imposta da pagare, solo ai contratti registrati all'agenzia delle Entrate,e le regole dell'imposta di registro, che impongono la registrazione entro 20 giorni dalla data dell'atto (articolo 13, comma 1 del Dpr 131/1986). Per far decorrere il tutto dal 1 ° gennaio, quindi, occorre chiudere la partita entro il 20. Per chi registra i contratti più tardi, si aprono due opzioni: pagare le sanzioni sul ritardo o considerare il contratto solo dal momento della registrazione, pagando le imposte piene peri mesi non "coperti" dalla registrazione. Il problema riguarda soprattutto i Comuni, circa 6.300 su 8mila, in cui finora non c'erano agevolazioni per i comodati, e quindii proprietari non avevano necessità della registrazione, passaggio che costa 200 euro di imposta di registro e 16 euro di bollo ogni quattro pagine. Proprio i costi dell'operazione, peraltro, impongono di capire bene chi ha diritto all'agevolazione, e per questo gli uffici tributi dei Comuni sono tempestati di telefonate con richieste di chiarimenti su una normativa non troppo chiara. Il problema principale è cosa debba intendersi per «immobile ». La norma (comma 10 della legge 208/2015) riserva lo sconto alle «unità immobiliari » diverse da quelle di lusso concesse in comodato a parenti che la utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante/possessore possieda «un solo immobile » in Italia e risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l'immobile concesso in comodato. L'agevolazione è concessa anche nel caso il cui il comodante oltre all'immobile concesso in comodato ne possieda un altro adibito a propria abitazione principale. Il termine immobile in Imu ha un significato ben preciso, e abbraccia i fabbricati, i terreni agricoli e le aree fabbricabili. Interpretando alla lettera, occorrerebbe escludere dall'agevolazione tutti i casi in cui il comodante possieda un altro immobile diverso da un'abitazione, come un negozio, un ufficio, un area fabbricabile, un terreno agricolo. Se cosଠè, però, si possono verificare situazioni al limite della ragionevolezza. Facendo rientrare nel limite degli immobili posseduti anche le pertinenze all'abitazione, non ci sarebbero sconti sul comodato se il proprietario, oltre alla casa data in uso gratuito, possiede una propria abitazione principale con due garage: poichà© uno solo può essere considerato pertinenza, il secondo andrebbe qualificato come «altro immobile ». Si può arrivare poi a situazioni ancora più assurde, come nel caso di possesso in percentuali ridotte di terreni agricoli. Se si ha la "sfortuna" di aver ereditato lo 0,1% di un terreno agricolo, magari montanoe quindi esente da Imu, l'agevolazione per i comodati non potrà più operare. L'interpretazione rigorosa richiederebbe anche il mancato riconoscimento nell'ipotesi di possesso di fabbricato inagibile. Poi ci sono ulteriori problemi, come la possibilità o meno di cumulare la riduzione del 50% della base imponibile per le abitazioni storiche date in comodato, problema già presente anche con riferimento ai fabbricati storici e inagibili. Si dovrebbe ritenere che il cumulo non operi in quanto entrambe le disposizioni parlano di «riduzione » della base imponibile, che è unica. Sarebbe opportuno quanto meno un chiarimento ufficiale tempestivo per evitare che i contribuenti registrino inutilmente contratti di comodato che non hanno diritto a sconti.Le regole