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Nelle mani dei sindaci il destino di Tari e Tasi - Il Sole 24 ore

  • 21 Ott, 2013
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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VERSO IL 2014
L'aliquota base della Tasi, la componente sui servizi indivisibili della service tax, è pari allo 0,1 per cento. La vera incognita, però, è legata ai possibili aumenti comunali, dal momento che i sindaci potranno alzare il prelievo fino allo 0,25% sulle prime case e 1,16% - Imu compresa - sugli altri fabbricati.
 
«Pagherò di più o di meno»? È la domanda che si stanno facendo tanti proprietari di immobili, dopo che il Consiglio dei ministri ha messo nero su bianco le regole della service tax per il 2014 nel disegno di legge di stabilità. La risposta, però, non la scriverà il Governo, ma i sindaci, che dovranno disciplinare nei dettagli i due nuovi tributi - la Tari sui rifiuti e la Tasi sui servizi - e la vecchia Imu, che continuerà a essere applicata su tutti gli immobili diversi dalle abitazioni principali. Sulla carta, i margini di manovra dei Comuni sono molto ampi. Ma proprio l'esperienza dell'Imu impone cautela di fronte alla facoltà di azzerare la Tasi, che pure è prevista nel disegno di legge di stabilità: il primo anno di applicazione dell'imposta municipale, infatti, insegna che non sempre uno sconto possibile si traduce in uno sgravio concreto. A maggior ragione se le casse municipali sono vuote o se gli amministratori non riescono a tagliare le spese inutili e i poltronifici delle municipalizzate. Il disegno di legge di stabilità prevede per il tributo sui servizi indivisibili un'aliquota base allo 0,1% (cioè 1 per mille), che i sindaci potranno aumentare fino allo 0,25% sulle abitazioni principali. L'Imu, invece, andava dallo 0,2 allo 0,6%, ma con una detrazione di 200 euro per l'abitazione principale, maggiorata di 50 euro per ogni figlio. Risultato: sulle case con una rendita catastale molto bassa e nelle famiglie molto numerose, il conto potrebbe anche aumentare. Su tutti gli altri immobili, invece, l'aliquota massima della Tasi sarà determinata in funzione dell'Imu: di fatto, la somma delle due imposte non potrà superare il livello massimo dell'Imu 2013, maggiorato di uno 0,1%, quindi 1,16% totale. Lo scenario più verosimile è che i Comuni siano costretti a centellinare - o comunque a selezionare con una certa attenzione - gli sconti sulle case e sugli altri immobili, senza poter prevedere esenzioni generalizzate dalla Tasi. Le delibere adottate l'anno scorso dai Comuni per disciplinare l'Imu offrono un buon campionario di possibili agevolazioni e aumenti. Anche perché la Tasi si applica sulla stessa base imponibile - il valore catastale - e per adesso non è stata confermata l'ipotesi secondo la quale i sindaci avrebbero potuto decidere di farla pagare in base ai metri quadrati. Vediamo allora alcune delle possibili linee d'intervento: - l'opzione più scontata è quella di differenziare l'aliquota in base all'utilizzo dell'immobile (abitazione principale, casa sfitta, casa affittata); - in alternativa, il Comune potrebbe differenziare gli immobili in base alla categoria catastale: una soluzione che nel 2012 è stata usata soprattutto per concedere una piccola agevolazione ai negozi e ai laboratori artigiani (categorie C/1 e C/3) e per penalizzare le abitazioni di pregio (categorie A/1, A/8 e A/9) che tra l'altro continueranno a pagare l'Imu prima casa anche nel 2014; - una soluzione adottata da pochi Comuni, tra cui Verona e Asti, ma ritenuta ammissibile dalle Finanze, è quella di elevare l'aliquota Imu in base al numero di immobili posseduti da un singolo proprietario: a una prima lettura, niente vieta di fare lo stesso con la Tasi; - un altro capitolo è quello degli sconti legati alla condizione soggettiva del possessore: famiglia con un reddito o un Isee sotto una certa soglia, impresa appena aperta, negozio utilizzato direttamente dal possessore. Non mancano soluzioni più originali, come quella di prevedere sgravi per certi quartieri o sobborghi, o di bandiera, come quella di alzare il prelievo sulle poche unità immobiliari censite nella categoria catastale delle banche (D/5). Scelte che non sempre fruttano granché in termini di gettito, ma che spesso servono a lanciare un segnale di (presunta) equità alla massa dei proprietari già duramente tassati.

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