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Congelata la «local tax» Imu-Tasi anche nel 2015- Sole 24ore

  • 15 Dic, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Con un emendamento alla manovra che ripropone nel 2015 i limiti massimi alle aliquote Tasi sull'abitazione principale, cioè il 2,5 per mille che può salire al 3,3 se il Comune finanzia detrazioni con le entrate extra.

il Governo evita il rischio di super-rincari per il prossimo anno, ma certifica ufficialmente di aver rinunciato almeno per ora alla «local tax» (come anticipato sul Sole 24 Ore di giovedì scorso). Nel 2015 sembra quindi destinato a riproporsi il groviglio di aliquote (poco più di 100mila per la Tasi, circa 200mila contando anche l'Imu che si versa sugli immobili diversi dall'abitazione principale) che ha caratterizzato quest'anno, e che sta impegnando i contribuenti in questi giorni in vista del saldo in scadenza il 16 dicembre, senza però il rischio di nuovi rincari a carico dei contribuenti. Sempre che la partita si chiuda qui, nonostante le più che probabili proteste dei Comuni. Il problema nasce appunto dall'abbandono temporaneo della local tax, che nelle intenzioni di Palazzo Chigi avrebbe dovuto riordinare il Fisco del mattone con un'imposta unica simile all'Imu, e cioè caratterizzata per la prima da un'aliquota standard un po' più alta dell'attuale (tra il 2 e il 2,5 per mille) accompagnata però da una detrazione fissa (90 o 100 euro secondo le ipotesi circolate nelle scorse settimane). La riforma mirava anche a restituire progressività alla tassazione, perché rispetto alla vecchia Imu la Tasi ha colpito le case più piccole e accordato sconti importanti a quelle di maggior valore fiscale, e rinviarla significa riaprire le porte all'accoppiata di Imu e Tasi, e in particolare al tributo sui servizi indivisibili per l'abitazione principale. La Tasi, però, nella legge di stabilità dello scorso anno incontrava un limite temporaneo, che solo per quest'anno non ha permesso all'aliquota di superare il 2,5 per mille oppure il 3,3 in caso di detrazioni. Dal 2015, dunque, anche il tributo sull'abitazione principale avrebbe potuto raggiungere i limiti ordinari dell'Imu, crescendo fino al 6 per mille anche senza prevedere detrazioni. Un'impostazione di questo tipo avrebbe finito per moltiplicare il carico fiscale sulle abitazioni, perché il costo fiscale della prima casa avrebbe potuto raggiungere i 10 miliardi, contro i 4 raggranellati dall'Imu nel 2012. Per un bilocale da 60mila euro di base imponibile, questo si sarebbe tradotto in una Tasi fino a 360 euro, contro i 150 massimi di quest'anno (e i 40 euro di Imu standard del 2012), mentre per un'abitazione da 100mila euro di valore fiscale si sarebbe arrivati fino a 600 euro di Tasi contro i 250-330 pagati quest'anno dai più tassati.

Il correttivo del Governo, che ripropone per il 2015 i limiti di quest'anno, serve a cancellare sul nascere il rischio di questa nuova impennata fiscale. «Diamo atto a Renzi e al Governo di questo risultato - sottolinea Confedilizia in una nota - ma bisogna sottolineare che la pressione fiscale sui proprietari di casa e anche sugli inquilini rimane intollerabile». Già, perché senza riforma si riproporrà nel 2015 anche il problema della «quota inquilini». Nella legge di stabilità entrano anche le disposizioni per il rinvio del evrsamento dell'Imu agricola, varate venerdì sera con decreto legge, oltre allo stop all'aumento delle accise in relazione ai mancati introiti legati al pagamento dei debiti Pa.

L'intervento del Governo, poi, pare destinato ad agitare i sindaci. Con il decreto «salva-Roma» ter di febbraio, per evitare problemi eccessivi ai Comuni che nel 2012-2013 avevano alzato l'Imu ai massimi, lo Stato aveva distribuito 625 milioni di euro come "aiuto" per accompagnare il debutto della nuova tassazione. Altri 625 milioni da dare ai sindaci oggi non ci sono, e infatti l'emendamento governativo non ne fa parola, per cui la replica della Tasi si trasformerebbe in un nuovo taglio alle risorse locali: insieme alla spending review da 1,5 miliardi già scritta, il costo complessivo per i Comuni supererebbe quota 2,1 miliardi. Per questa ragione è facile prevedere le barricate dei sindaci, a partire da quelli più interessati al problema. In prima fila c'è Milano, che dal fondo Tasi del 2014 ha ricevuto 89,4 milioni di euro, mentre a Napoli ne sono arrivati 37,2, a Torino 36,7, a Genova 27 milioni e a Roma 22,6. Attenzione, però, perché nel nuovo pacchetto dei correttivi governativi i Comuni incontrano anche qualche buona notizia. La più importante è rappresentata dalla replica degli incentivi a catena per il Patto di stabilità. In pratica, lo Stato mette sul piatto un miliardo di euro, per spingere le Regioni a liberare spazi di pagamento per i Comuni, i quali dovranno usarli per pagare i debiti nei confronti delle imprese. Una misura importante, che tuttavia aiuta i bilanci ma non risolve i problemi di cassa.

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