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L'Imu perde la sfida con l'Ici

  • 28 Mag, 2012
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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L'Imu costa meno dell'Ici? Sicuramente sì, ma solo per le case tassate come abitazione principale, e solo se la rendita catastale è piuttosto bassa o ci sono più figli in famiglia. Negli altri casi, il confronto con la vecchia imposta comunale è impietoso e mostra chiaramente le ragioni per cui il gettito su base nazionale passa dai 9,2 miliardi dell'Ici ai 21,4 miliardi stimati per l'Imu.


Esenzioni più strette
Tra le abitazioni principali, ce ne sono alcune che nel 2012 pagheranno meno di quanto versato prima del 2008 con l'Ici, già a partire dall'acconto che va versato entro il 18 giugno. Il dato esatto - oltre che dal valore fiscale dell'immobile - dipende dalle scelte dei singoli Comuni e dalla presenza dei figli, che fanno lievitare la detrazione per la nuova imposta (si vedano gli esempi a destra). Ma la portata degli sconti dovrebbe comunque essere rilevante: con questo meccanismo, stima il Governo, tre case su dieci potranno azzerare l'imposta.
Il punto è che i valori catastali, da cui dipende l'Imu, spesso non corrispondono alle quotazioni di mercato. Basti pensare che a Milano un alloggio di medie dimensioni può avere una rendita di 800 euro in zona Bande Nere e di 450 euro sui Navigli. Nelle stesse aree, per intenderci, i prezzi medi rilevati da Tecnocasa sono di 3.200 e 3.700 euro al metro quadrato. Se poi si aggiunge che le detrazioni Imu non sono correlate al reddito del contribuente, è facile intuire l'origine di molte proteste.
Il confronto tra aliquote, però, racconta solo una parte della storia. Perché l'Imu modifica la definizione di «abitazione principale» che veniva utilizzata dall'Ici, tassando come seconde case tutta una serie di immobili che in precedenza erano esenti. Ed è proprio da questo cambio di rotta che discende buona parte dei rincari legati al nuovo tributo. Per gli immobili della categoria «altri fabbricati», infatti, l'Imu è indubbiamente più cara dell'Ici: sia per l'aumento del moltiplicatore (in genere più elevato del 60%), sia per la nuova aliquota (fissata allo 0,76% e destinata per lo più a salire - anziché a scendere - dopo le scelte dei sindaci).
La casa in «prestito»
Un caso classico è quello degli alloggi "prestati" ai parenti. Con l'Ici i Comuni potevano «assimilarli» all'abitazione principale, esentandoli. Con l'Ici potranno al massimo avere un'aliquota dello 0,46%, e sarà difficilissimo arrivarci. Il Comune di Bologna, per esempio, sta valutando di fissare l'aliquota base all'1,06%, e concederà lo 0,76% alle situazioni in cui genitori e figli si sono scambiati le case e a quelle in cui i genitori vanno a vivere in affitto per lasciare l'alloggio ai ragazzi. Ma uno sconto generalizzato sembra troppo pesante per le casse locali: secondo le stime dei tecnici locali, le abitazioni prestate ai figli sono 10mila, e ogni punto di Imu in meno costa 5-6 milioni.
Concordati senza sconti
Tra i rincari maggiori, ci sono quelli per le case affittate a canone concordato. Con l'Ici, i Comuni potevano ridurre o azzerare l'imposta a carico del proprietario, in cambio di un canone calmierato a favore dell'inquilino. Con l'Imu, invece, la tassazione base è quella ordinaria (0,76%) e l'eventuale riduzione - comunque non al di sotto dello 0,4% - è affidata alle scelte comunali.
I contratti a canone concordato non sono diffusi in tutta Italia, ma è un fatto che sono stati utilizzati soprattutto nelle città in cui c'erano gli sconti Ici. Ora le cose cambieranno, e molto. Per esempio, un alloggio con una rendita catastale di 600 euro, quest'anno con l'aliquota standard dovrà pagare 766 euro di Imu, che nella migliore delle ipotesi non potranno scendere sotto i 403 euro. Mentre l'anno scorso - anche senza esenzione comunale - poteva sperare di cavarsela con circa 250 euro (ipotizzando un prelievo locale allo 0,4%). E i rincari potrebbero essere scaricati sugli inquilini ben prima della prossima scadenza contrattuale. Le associazioni dei proprietari affilano le armi e nei giorni scorsi Confabitare ha ricordato che il Dm Infrastrutture 30 dicembre 2002 - nel dettare i criteri per gli accordi territoriali tra proprietari e inquilini - consente di rivolgersi alla commissione di conciliazione stragiudiziale per rideterminare il canone, in caso di variazione dell'imposizione fiscale.

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