Con l'avvicinarsi della scadenza del pagamento dell'Imposta municipale unica del 17 giugno si moltiplicano i dubbi dei lettori in ordine alla definizione del perimetro applicativo della sospensione disposta dall'articolo 1 del Dl 54/13.
Il lettore Paolo Salin pone un quesito relativo all'immobile di sua proprietà concesso in locazione a terzi, in regime di cedolare secca. Si precisa che in tale bene il proprietario continua a conservare residenza anagrafica e dimora abituale, poiché l'inquilino si trasferirà nel fabbricato solo dopo due mesi. Viene pertanto chiesto di sapere se per questi due mesi sia ancora possibile considerare l'unità in oggetto come abitazione principale.
La nozione di abitazione principale ai fini Imu discende dalla sussistenza di due requisiti, uno formale e l'altro di fatto. Con riferimento al primo, occorre che nell'immobile il contribuente abbia residenza anagrafica. Il secondo, invece, attiene alla concomitante circostanza che l'interessato vi dimori abitualmente. Nessuna altra condizione è posta dalla legge. Ne consegue che nel caso descritto la qualifica di abitazione principale continua a spettare sino a quando il proprietario/locatore non si trasferisce. Si tratterà, semmai, di provare documentalmente tale circostanza, in caso di controllo successivo.
E invero, il fatto che l'unità immobiliare sia stata ufficialmente locata a terzi costituisce un indizio sufficiente a presumere che il proprietario, quantomeno, non abbia più la dimora abituale nel medesimo immobile. Sarà quindi opportuno, ad esempio, riportare per iscritto nel contratto di locazione o in comunicazioni scambiate per posta tra le parti, che la materiale consegna della casa è differita a data successiva. Al momento del rilascio dell'immobile, con ingresso del locatore, potrà far rilevare tale circostanza, ad esempio, tramite presentazione tempestiva delle denunce di variazione previste per legge (cambio residenza, variazione Tares, eccetera). Con l'occasione, si ricorda che la nozione di abitazione principale non è incompatibile con la locazione di alcune stanze del medesimo immobile.
La lettrice Leonilde Vitolo, invece, pone la questione del trattamento della pertinenza dell'ex dimora familiare, su cui il coniuge superstite vanta il diritto di abitazione, ai sensi dell'articolo 540 bis del codice civile.
In proposito, si ribadisce innanzitutto che, in presenza di diritto di abitazione generato dalla caduta in successione della casa che costituiva la dimora della famiglia, l'unico soggetto passivo Imu è il coniuge superstite. Le quote di proprietà eventualmente attribuite ai figli, invece, non rilevano in alcun modo. Tale disciplina si estende anche alle pertinenze della suddetta unità immobiliare in virtù del principio generale, di derivazione civilistica, secondo cui la disciplina giuridica del bene principale si applica anche alle pertinenze. Ne deriva che su di esse dovrà considerarsi sussistente il diritto di abitazione del coniuge superstite. Perciò i figli non dovranno pagare l'Imu sugli immobili pertinenziali, e nei riguardi dei medesimi beni il coniuge superstite potrà fruire della sospensione del pagamento della prima rata. Ovviamente, il beneficio si applica unicamente alle unità che possono essere qualificate come pertinenze ai fini del tributo comunale. Si tratta, come noto, di una sola unità immobiliare per ciascun categoria catastale C2, C6 e C7.