Nel dossier, una serie di proposte: dall'abolizione totale dell'Imu sull'abitazione principale, per un costo di 4 miliardi, all'introduzione di una tassa sui servizi che potrebbe anche non comportare una perdita di gettito per lo Stato, spostando però una parte del prelievo sugli inquilini. a pag. 13 R O M A Dall'abolizione totale dell'Imu sull'abitazione principale, per un costo di 4 miliardi, all'introduzione di una tassa sui servizi a parità di gettito per lo Stato, che dunque non ridurrebbe il prelievo complessivo per i cittadini ma sposterebbe una parte del carico sugli inquilini. Passando per tutte le ipotesi di riduzione dell'imposta, in corrispondenza di parametri quali il reddito, l'Isee o la rendita catastale. È un dossier complesso e articolato quello consegnato dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) alle forze politiche, come base per la trattativa in corso in questi giorni. Il punto d'arrivo sarà la proposta che lo stesso governo dovrà fare, una volta esaminati i punti di vista dei partiti. Nel testo viene precisato che tutte le soluzioni prese in considerazioni riguardano l'applicazione dell'Imua regime a partire dal 2014, salvo la possibilità di annullare definitivamente il versamento della prima rata di giugno e incassare solo quella di dicembre, dimezzando di fatto il prelievo.
DAL REDDITO ALL'ISEE
La possibilità di una cancellazione dell'imposta (con l'eccezione delle abitazioni di lusso) viene presa in considerazione dal Mef che però vi vede alcune fondamentali controindicazioni: minore efficienza, minore equità (perché la cancellazione sarebbe regressiva, ossia favorirebbe i contribuenti più ricchi), anomalia rispetto al panorama fiscale internazionale. In ogni caso lo Stato trasferirebbe ai Comuni solo 3,4 miliardi: il resto, che corrisponde agli aumenti decisi localmente, dovrebbe essere recuperato con altri tributi. Una serie di soluzioni intermedie prevedono una riduzione più o meno forte del tributo, obiettivo che può essere ottenuto per varie strade. La prima e più facile è l'incremento dell'attuale detrazione per abitazione principale, che potrebbe passare dagli attuali 200 euro a un valore più alto, fino a 500. Il minor gettito andrebbe da 1,3 miliardi (nell'ipotesi di un incremento di soli 100 euro) fino a 2,7. Una scelta di questo tipo favorirebbe i proprietari di immobili con rendita catastale più elevata ed inoltre concentrerebbe il pagamento dell'imposta solo nelle grandi città. Per ovviare a ciò sono state prese in considerazione alcune alternative. La detrazione potrebbe essere maggiore fino ad una certa rendita catastale e invariata al di sopra: in questo caso sarebbe favorito chi possiede una casa di minor valore ma resterebbe la perdita di gettito per i piccoli Comuni. In alternativa l'importo dello sconto può anche essere legata al reddito personale del contribuente, con la controindicazione però di favorire gli evasori e spingere a intestazioni fittizie. O ancora viene considerato come parametro l'Isee: l'indicatore di situazione economica equivalente risolverebbe almeno in parte i problemi di equità (in particolare per situazioni come quelle di un pensionato solo) ma sconterebbe comunque le distorsioni delle attuali rendite catastali, visto che la casa a sua volta rientra nell'Isee. Ci sarebbero inoltre problemi applicativi legati alla necessità di calcolare l'indicatore.
I VALORI DI MERCATO
Un'altra possibilità (menzionata dallo stesso Saccomanni in una recente audizione) è calcolare l'Imunon più sulle rendite catastali ma - in attesa della riforma del catasto - sui valori di mercato contenuti nella banca dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) dell'Agenzia delle Entrate. L'effetto sul gettito può essere opportunamente modulato, ad esempio prevedendo una riduzione di circa 2 miliardi. Sarebbe favorito circa il 60 per cento dei proprietari, ma si andrebbe probabilmente incontro a un forte contenzioso perché i valori Omi sono sostanzialmente stime. C'è poi la soluzione service tax, ossia l'istituzione di un nuovo tributo che comprenda l'attuale imposta sugli immobili e la maggiorazione sulla Tares (30 centesimi a metro quadrato) che dovrebbe essere pagata dal prossimo dicembre. Paradossalmente, questa scelta può essere attuata senza perdita di gettito per lo Stato, prevedendo un'aliquota dell'1,9 per mille sulla base imponibile data dalla rendita catastale (con moltiplicatore pari a 100). Siccome però in questo modo pagherebbero anche gli inquilini, verrebbero previsti dei correttivi per favorire i redditi più bassi e coloro che non sono proprietari, oppure le famiglie numerose: in questo caso l'aliquota potrebbe salire fino al 3,4 per mille.
I BENI DELLE AZIENDE
Infine è contemplata la possibilità di lasciare ai Comuni la decisione se ridurre o azzerare il prelievo, trasferendo loro una certa quota di risorse (da 1 a 2,7 miliardi). Per le imprese si ipotizza una deducibilità per circa 1,25 miliardi; per l'agricoltura una riduzione delle aliquote compensata dall'ampliamento della base imponibile ai terreni dei Comuni montani.