Le forze politiche dovranno tornare al ministero dell'Economia per l'attesa riunione decisiva, in cui lo stesso Mef dovrebbe delineare una soluzione-sintesi del lavoro fin qui svolto. Ma l'appuntamento, che pareva potesse essere ravvicinato, è invece destinato a slittare a venerdì o forse anche alla prossima settimana. Sul tavolo ci sono tutte le proposte elaborate dai tecnici del dicastero, che vanno dalla cancellazione totale per l'abitazione principale, giudicata però troppo favorevole per i proprietari di case ad alta rendita catastale, all'introduzione di una tassa sui servizi comprensiva anche di parte della Tares, destinata ad essere pagata anche dagli inquilini. In mezzo ci sono le varie ipotesi di sconto, uguale per tutti oppure modulato in base alla rendita catastale o all'indicatore Isee dei proprietari. E c'è anche una proposta tampone per quest'anno che prevede la definitiva sospensione della prima rata non pagata a giugno, non solo per le abitazioni principali ma anche per i fabbricati rurali, e il versamento della rata di dicembre. Il costo dell'operazione è di circa 2,4 miliardi. Soldi che servono a compensare i Comuni per i minori incassi. Ma anche questa operazione finanziaria pone dei problemi, perché se agli enti locali venisse trasferita la metà degli introiti effettivi dello scorso anno, risulterebbero premiati quelli che hanno usato la leva fiscale per aumentare le aliquote a carico dei propri cittadini (che riceverebbero di più) e puniti invece quelli virtuosi che hanno cercato di limitare il prelievo. Ma la partita con i Comuni non finisce qui: si ipotizza di trasferire a loro tutto il tributo, inclusa la quota relativa agli immobili produttivi oggi riservata allo Stato. I maggiori fondi verrebbero compensati con la cancellazione dell'attuale addizionale Irpef, per recuperare la quale, a sua volta, lo Stato potrebbe disporre un incremento di 0,47 punti percentuali delle aliquote nazionali.