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Che amarezza l'Imu sugli enti di ricerca - Corriere della Sera del 4 settembre del 2013

  • 04 Set, 2013
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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«Quante divisioni ha il Papa?», avrebbe chiesto sarcastico Josip Stalin in un incontro con Winston Churchill. «Quanti voti portano i ricercatori scientifici?»,

si deve essere chiesto qualcuno nei giorni scorsi. Ecco i numeri: 60.965, dei quali 17.495 nelle Istituzioni pubbliche e 43.470 nell'università. Più 4.161 ricercatori impiegati in istituzioni no profit come ad esempio i laboratori Telethon. Tutti insieme molto meno degli abitanti di Altamura o di Vigevano. Pochissimi, dal punto di vista elettorale. Fatto sta che, al momento di fare i conti, il governo ha scoperto di poter fare a meno dei quattro miliardi e passa degli introiti dell'Imu sulla prima casa di tutti ma proprio tutti gli italiani, compresi i miliardari con la Ferrari e la Bentley in garage e una villa a Cap d'Antibes o alle Bahamas ma di non potere assolutamente concedersi il lusso di quella manciata di milioni degli enti, delle associazioni, dei laboratori di ricerca universitari. Come poteva far quadrare i conti senza quegli spiccioli? Cosa sarebbe successo dei conti pubblici senza i 4.474.057 euro di Imu (426 mila Pisa, 427 mila Padova, 530 mila Federico II di Napoli, 298 mila Bologna...) pagata ad esempio dalle università? Certo, che sia stato accettato almeno per il 2014 (guai se se lo rimangiassero: guai) l'emendamento firmato da Ilaria Capua che finalmente metterà la ricerca scientifica tra gli esentati alla pari delle «attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive», è già un passo avanti rispetto al passato. Ed è giusto che la Capua e il ministro per l'Università e la ricerca Maria Chiara Carrozza, che più di tutti si sono battute per cambiare quella legge insensata che trattava meglio le associazioni di canottieri o ginnasti rispetto all'istituto Mario Negri o all'Associazione italiana ricerca sul cancro, siano moderatamente soddisfatte. Occorre anche saper guardare il bicchiere mezzo pieno. Resta l'amarezza nello scoprire che ancora una volta la ricerca scientifica è stata messa in coda dopo tante altre «esigenze» che venivano considerate più «importanti». E che anche quest'anno, ad esempio, la Torre della Ricerca di Padova, il centro italiano della ricerca sulle leucemie infantili, pagherà circa 50 mila euro, di cui 23.000 già pagate. E solo perché ha raggiunto un accordo con l'agenzia del territorio cedendo un pezzo della «Torre» in comodato gratuito all'Università. Sennò continuerebbe a pagarne 89mila. Stavolta, però, Silvio Berlusconi non ha lanciato affatto il suo indignato grido di protesta per il pedaggio imposto a quella struttura così importante per i bambini malati. E non si è neppure precipitato a far sapere che avrebbe pagato lui quei soldi ignobilmente sottratti alla guerra contro le leucemie che colpiscono i più piccoli. Né ha dato disposizione al gruppo Pdl del Senato di tirar fuori i soldi necessari. Qualche nemico politico dirà: per forza, stavolta non siamo in campagna elettorale! Ma che brutti pensieri maliziosi...

 

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