Fisco e mattone. In «Gazzetta Ufficiale» il decreto che sposta al 16 ottobre l'acconto quando manca la decisione sulle aliquote
Arriva in «Gazzetta Ufficiale» il decreto approvato dal Governo giovedì scorso con la proroga Tasi al 16 ottobre, l'emendamento parallelo votato al Senato approda alla Camera e fa arricciare il naso ai tecnici di Montecitorio, ma soprattutto nei Comuni si moltiplicano le spinte al rinvio delle scadenze da parte di Caf e professionisti, che si rivolgono direttamente ai sindaci vista la scelta del Governo di confermare il termine del 16 giugno se la delibere è stata approvata in tempo.
Le amministrazioni che, come capita sempre più spesso, vogliono rispondere a queste richieste hanno due opzioni: prorogare tout court la scadenza o «disapplicare» sanzioni e interessi fino a una certa data.
La prima strada modifica con una scelta locale una data fissata dalla legge nazionale, ma l'articolo 52 del Dlgs 446/1997 offre ai Comuni una «autonomia regolamentare» che pare permettere scelte del genere. Un esempio del passato sembra confortare questa ipotesi perché lo stesso ministero dell'Economia, nella circolare 13/E/2000, aveva messo nero su bianco la possibilità per gli enti locali di prorogare termini previsti in norme statali (all'epoca si parlava di imposta sulla pubblicità e Tosap). Quando si è occupato di Imu, nelle «Linee guida» sui regolamenti dell'imposta, lo stesso Ministero ha negato questa possibilità, ma in questo caso entra in gioco anche la quota erariale che finisce alle casse statali e va versata contestualmente a quella comunale. In ogni caso, la proroga va decisa dal consiglio, a meno che il regolamento locale dia questa competenza alla Giunta.
Ancora più complicata sembra la seconda strada, quella cioè che mantiene in vigore la scadenza del 16 giugno ma promette lo stop a sanzioni e interessi fino a una data successiva.
A fondare questa idea c'è l'articolo 10 dello Statuto del contribuente, in base al quale le sanzioni non si applicano quando la violazione dipende da ritardi o omissioni dell'amministrazione o quando c'è incertezza sull'ambito di applicazione di una norma. Nel mondo della Tasi , «ritardi» e «incertezze» ricorrono in abbondanza, ma a ben guardare la norma si riferisce a una violazione già compiuta, e non ancora da compiere; la valutazione sull'incertezza normativa, poi, secondo una sempre più consolidata giurisprudenza di legittimità deve essere accertata dal giudice. In questo quadro, lo stop alle sanzioni rischia di essere letto come una sorta di "condono", che secondo la Cassazione (sentenza 7314/2014) il Comune non può decidere, e che per la Corte dei conti (sentenza 976/2011 della sezione giurisdizionale della Campania) è fonte di responsabilità per danno erariale. Naturalmente, questi principi giuridici andrebbero accompagnati al buon senso, e all'analisi di una condizione oggettiva di difficoltà per contribuenti, professionisti e amministrazioni locali. Intanto, mentre sembra finalmente in arrivo la definizione del Fondo di solidarietà comunale, il primo termine previsto dal calendario è passato senza risultati: entro ieri, infatti, l'Economia avrebbe dovuto assegnare le compensazioni (poco meno di un miliardo di euro) ai Comuni che non avendo deliberato non incasseranno l'acconto Tasi , ma il provvedimento non si è visto. Proprio queste compensazioni sono state ieri criticate dai tecnici del Senato, perché il meccanismo non tiene conto degli interessi e soprattutto trascura il fatto che Tasi e Imu non possono superare il 10,6 per mille, con la conseguenza che ad alcuni Comuni potrebbe arrivare un anticipo troppo "generoso".