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Non profit, Imu e Tasi al 30 settembre- Sole 24ore

  • 02 Lug, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Dopo una lunga gestazione vede la luce il decreto dell'Economia con il modello di dichiarazione Imu per gli enti non commerciali, che conclude l'architettura normativa dell'imposta municipale e della Tasi per scuole, sanità, attività ricettive e di ricerca del non profit.


Per quest'anno, il termine entro cui presentare la dichiarazione si sposta al 30 settembre, e questa scadenza sembra portare con sé nei fatti anche i tempi per il pagamento del conguaglio 2013: nella risoluzione 1/2014 che aveva stoppato gli interessi e le sanzioni Imu e Tasi per il caos delle regole e delle aliquote, infatti, il dipartimento Finanze aveva spiegato che a giustificare la sospensione di sanzioni e interessi per gli enti non commerciali, oltre ai problemi che hanno complicato la vita degli altri contribuenti, si aggiungeva un «ulteriore aspetto di criticità» proprio perché lo scorso 16 giugno non era «ancora perfezionato l'iter di approvazione dell'apposito modello di dichiarazione con le relative istruzioni». Modello e istruzioni sono stati diffusi ieri ma, proprio per il ritardo con cui sono stati approvati, si è deciso di permettere la presentazione della dichiarazione sul 2012 e il 2013 al 30 settembre, rimandando al 2015 il debutto del termine ordinario del 30 giugno per i modelli relativi all'anno precedente: nel caso degli enti non profit, però, lo studio delle istruzioni e la compilazione della dichiarazione sono tappe essenziali per capire quanto si deve pagare, e per consentire ai Comuni di controllare se i calcoli sono corretti. In pratica, dunque, l'approvazione dei modelli dovrebbe avviare davvero in modo generalizzato la macchina dei pagamenti da parte degli enti non profit che utilizzano i propri immobili per attività commerciali, ma con tempi più distesi rispetto al calendario generale.
Il confine fra le attività «non commerciali», che sono esenti da Imu e Tasi, e quelle svolte con modalità «commerciali», che fanno invece scattare gli obblighi tributari, rimangono quelli tracciati nella legge (articolo 7, comma 1, lettera i del Dlgs 504/1992, che chiede lo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e così via, oltre a quelle di di ricerca scientifica a partire dal 2014) e specificati dal regolamento 200/2012 in cui si fissano requisiti generali (divieto di distribuire utili, obbligo di devolvere ad altro ente non commerciale attivo nello stesso campo il patrimonio dell'ente che si scioglie) e specifici di settore, concentrati soprattutto sull'obbligo di prevedere «tariffe simboliche» per rientrare nella definizione di attività «non commerciali» e quindi esenti.
Proprio sulle tariffe simboliche che fermano le imposte immobiliari, però, le istruzioni fissano le regole più importanti, che prospettano ambiti di esenzione piuttosto estesi. In particolare per le scuole, che rappresentano uno dei settori più ampi e politicamente delicati, il discrimine è rappresentato dal costo medio per studente, che sarà riportato all'indirizzo www.istruzione.it/web/ministero/imu (ieri non attivo): il riferimento è al «costo medio» sostenuto da tutta la pubblica amministrazione per ogni studente (compresi quindi quelli per l'edilizia scolastica e il trasporto pubblico) e riportato annualmente dall'Ocse nel rapporto Education at a glance: nell'edizione 2013, il costo è di 5.275 euro all'anno per gli asili, 6.098 euro per le elementari, 7.018 per le medie e 7.090 per le superiori. Per le scuole che tengono le rette entro questi tetti, Imu e Tasi non si pagano, a patto naturalmente che la scuola sia paritaria, applichi i contratti nazionali degli insegnanti (ma si può prevedere che fino a un quarto delle attività complessive siano volontarie) e rispetti il principio di non discriminazione degli alunni. In un confronto di questo genere, che paragona la retta al costo complessivo di sistema, è inevitabile che la prima sia spesso più bassa.
Analogo il trattamento per le Università non statali che, anche se non sono citate dal regolamento 212/2000, «rientrano a tutti gli effetti tra gli enti che svolgono attività didattica», come spiega la circolare: nel loro caso a garantire l'esenzione è il «riconoscimento» da parte dello Stato, che impone di seguire tutta una serie di regole su contratti, accreditamento dei corsi e così via, mentre il «costo medio per studente» registrato dall'Ocse si attesta a 7.040 euro all'anno.

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