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Il Comune accerta, lo Stato incassa- Sole 24ore

  • 10 Nov, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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I Comuni che si stanno cimentando con i primi accertamenti Imu relativi all'anno d'imposta 2012 si sono imbattuti in una spiacevole sorpresa:

parte del gettito recuperato potrebbe essere di competenza dello Stato. È l'effetto dell'articolo 1, comma 380, della legge 228 del 2012, che abrogando l'articolo 13, comma 11, del Dl 201/2011 ha fatto decadere la disposizione che riconosceva ai Comuni la spettanza di tutte le somme accertate, compresa la quota Imu che in autoliquidazione il contribuente avrebbe dovuto versare allo Stato per alcune fattispecie immobiliari.Per mettere a fuoco la questione occorre ricostruire il ginepraio normativo che si è venuto a creare a seguito delle reiterate scorribande del legislatore.

Il Dl 201/2011, all'articolo 13, comma 11, aveva originariamente riservato allo Stato una quota dell'Imu calcolata applicando l'aliquota del 3,8 per mille alla base imponibile di determinati immobili. Restava infatti di esclusiva competenza comunale l'imposta relativa alle abitazioni principali (e relative pertinenze) e ai fabbricati rurali strumentali. Successivamente, con il Dl 16/2012 è venuta meno (sempre a decorrere dal primo gennaio 2012) la compartecipazione dello Stato sugli immobili di proprietà dei Comuni posti nel loro territorio e sugli alloggi assegnati dagli ex Iacp. In definitiva, nel 2012, ad eccezione delle abitazioni principali (comprese quelle ad esse assimilate con regolamento comunale), dei fabbricati strumentali alle attività agricole, dei beni comunali e delle case popolari, su tutti gli altri immobili i contribuenti avrebbero dovuto corrispondere allo Stato una quota dell'Imu. L'articolo 13, comma 11, del Dl 201/2011 precisava però che le attività di accertamento e riscossione dell'imposta di pertinenza erariale competevano ai Comuni ai quali sarebbero spettati anche le maggiori imposte recuperate, gli interessi e le sanzioni.

Su questo assetto normativo è quindi intervenuta la legge 228 del 2012 che, a far tempo dall'anno d'imposta 2013, ha lasciato ai sindaci tutto il gettito dell'Imu riservandosi solo l'imposta sui fabbricati ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolata ad aliquota standard dello 0,76 per cento. La stessa legge, però, ha improvvidamente abrogato l'intero comma 11 dell'articolo 13 del Dl 201 del 2012. Di conseguenza oggi non vi è più una disposizione che con riguardo all'anno d'imposta 2012 individui il soggetto titolare dell'attività di accertamento sulle quote erariali e il destinatario delle somme contestate al contribuente.

Rispetto alla prima questione è da ritenere che, pure in assenza di una specifica disposizione, l'attività di accertamento sia comunque di esclusiva competenza municipale, trattandosi di un tributo che non perde la sua natura "locale" ancorché una parte dello stesso andasse versata dai contribuenti direttamente allo Stato. A diversa conclusione si deve invece pervenire rispetto alla quota erariale, che non pare possa essere trattenuta dai Comuni in assenza di una specifica previsione normativa. Non a caso la stessa legge 228 del 2012, nello stabilire che dal 2013 allo Stato compete solo il gettito Imu di base sui fabbricati di categoria catastale D versato spontaneamente dai contribuenti, ha dovuto espressamente disporre che ai Comuni spettano le somme derivanti dalle attività di accertamento e riscossione da loro condotte su detti immobili. A questo punto la parola dovrebbe tornare al legislatore per porre rimedio a quello che, con ogni probabilità, è stato un "incidente di percorso".

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