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Lo scambio tra addizionale e Imu D non convince- Italia oggi

  • 25 Nov, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Lo scambio fra addizionale comunale all'Irpef e Imu sui fabbricati produttivi non convince molti sindaci, che temono un impatto negativo sulla cassa a seguito del passaggio da un'entrata certa a una assai più aleatoria.

Preoccupa anche la mancanza di chiarezza sull'assetto del futuro sistema di perequazione: la paura è che esso si basi nuovamente sulle stime ministeriali, con il rischio che si ripropongano le incertezze e i ritardi veri? catisi negli ultimi anni. Nell'ennesimo ridisegno della ? scalità dei comuni sta prendendo corpo l'idea di "statalizzare" l'attuale addizionale comunale all'Irpef, compensandola con l'attribuzione ai municipi dell'intero gettito dell'Imu (destinata verosimilmente a essere accorpata con la Tasi in un unico prelievo) sui fabbricati produttivi; quelli, per intenderci, inclusi nella categoria catastale D, ossia opi? ci, alberghi, teatri ecc. In base alla normativa vigente, invece, tale gettito ? nisce nelle casse dello stato, ? no a concorrenza dell'aliquota base, oggi ? ssata allo 0,76%. I comuni, pertanto, non possono intervenire al ribasso (perché causerebbero una perdita nel bilancio centrale), ma solo al rialzo (incamerando l'extra gettito). Tale suddivisione (introdotta nel 2013, mentre nel 2012 lo stato incassava il 50% di tutta l'Imu, esclusa solo quella sull'abitazione principale e su altre fattispecie minori), nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere superata devolvendo i circa 4 miliardi di introiti ai comuni. Poiché, però, nell'attuale contesto della ? nanza pubblica italiana non esistono pasti gratis, questi ultimi dovrebbero rinunciare alla propria Irpef. E qui c'è il nodo, evidenziato da diversi primi cittadini, non molto soddisfatti sulla direzione che stanno prendendo le trattative fra Anci e governo. L'addizionale Irpef, infatti, essendo in gran parte trattenuta dai sostituti di imposta è un'entrata che presenta un'elevata af? dabilità, sia in termini complessivi sia dal punto di vista della regolarità degli incassi. Non a caso, negli ultimi anni, i sindaci l'hanno utilizzata come ancora di salvezza, spesso spingendola ? no all'aliquota massima consentita dello 0,8%. Al contrario, l'Imu sui fabbricati D, complice la crisi in atto, manifesta crescenti percentuali di insoluto e ritardi nei ? ussi di cassa: molte imprese, infatti, non pagano o sfruttano la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso. Insomma, lo scambio rischia di essere a danno dei comuni.

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