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Bilanci comunali: prima proroga al 31 marzo 2015- Sole 24ore

  • 17 Dic, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Si ricomincia. I bilanci preventivi 2015 degli enti locali incontrano già la prima proroga, grazie all'intesa sancita ieri in Conferenza Stato-Città sul rinvio del termine dal 31 dicembre al 31 marzo prossimo.

Un rinvio inevitabile, perché la scelta di replicare anche nel 2015 l'accoppiata di Imu e Tasi è lontana dal risolvere le tante incertezze che circondano la finanza locale. Come l'anno scorso, il nodo fondamentale è rappresentato dal fatto che il tetto alle aliquote Tasi sull'abitazione principale, confermato al 2,5 per mille (3,3 in caso di detrazioni) dai correttivi del Governo alla legge di stabilità presentati al Senato, non permette a tutti i Comuni di raggiungere i livelli di entrata dell'anno precedente. Nel 2014 la questione è stata risolta con il «fondo-Tasi» da 625 milioni, che è stato assorbito da 1.800 Comuni.

La replica della Tasi e dell'Imu senza bis dell'aiuto si trasformerebbe quindi in un taglio ulteriore per più del 22,5% dei Comuni, una platea nella quale occupano le prime file quasi tutte le grandi città. Un problema politico, quindi, oltre che tecnico, e anche per questo il Governo ha cominciato ad aprire alla possibilità di trovare una soluzione. L'ipotesi sul tavolo passa dalla riduzione della quota erariale Imu, cioè dei quattro miliardi abbondanti che capannoni, alberghi e centri commerciali oggi versano allo Stato; la sua riduzione potrebbe rappresentare la prima mossa verso la «tassa locale», che nelle intenzioni del Governo dovrebbe andare integralmente ai Comuni. La soluzione costa, e quindi sarà oggetto di una lunga ricerca delle coperture solo dopo la chiusura della stabilità.

Ma le incertezze sembrano destinate a circondare a lungo anche i consuntivi 2014: ieri è stato pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» il decreto con il «mini-rinvio» al 26 gennaio dell'Imu agricola sui terreni ex-montani, decreto che non sarà convertito perché è già confluito sotto forma di emendamento nella legge di stabilità. Nelle intenzioni di molta politica e parte del Governo il rinvio dovrebbe essere solo la premessa per cancellare del tutto le novità, in attesa di una riforma più solida, ma i 359,9 milioni prodotti per i conti pubblici dai terreni ex esenti non sono facili da sostituire.

Nella conferenza Stato-Città di ieri sono state gettate anche le basi per il calcolo della «capacità fiscale standard», che insieme ai fabbisogni standard dovrebbero governare quote crescenti del fondo di solidarietà fino ad abbracciarlo tutto nel 2021 (lo prevede un emendamento governativo alla legge di stabilità). Dal Viminale, invece, è arrivata la disponibilità a risolvere un nodo interpretativo che si è intricato intorno alla copertura comunale degli oneri previdenziali e assistenziali dei liberi professionisti che diventano sindaci o assessori. La legge (articolo 86, comma 2 del Dlgs 267/2000) chiede ai Comuni di pagare i contributi degli amministratori che sono lavoratori dipendenti e si mettono in aspettativa non retribuita. Nel caso dei professionisti, per i quali l'aspettativa non retribuita non è ovviamente prevista, le amministrazioni locali hanno sempre versato il trattamento minimo previsto dalle rispettive casse previdenziali, fino a che nell'aprile scorso il Viminale, sulla scorta di una decisione della Corte dei conti, ha stabilito che la copertura spettasse ai soli professionisti che dichiarassero di rinunciare all'attività professionale. Ora si apre la possibilità di tornare alla vecchia prassi, con una norma interpretativa, necessaria anche a evitare complicati contenziosi sull'arretrato.

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