L'intervento della Consulta ne ha toccato solo uno (quello della cosiddetta «spending review»), ma sono almeno tre gli aspetti che richiedono qualcosa più di un tagliando. Spending review: tutto da rifare Nell'ultimo lustro, quello comunale è stato uno dei comparti maggiormente colpiti dalle sforbiciate imposte per far quadrare i conti a livello nazionale. Secondo i calcoli dell'Ifel, dal 2010 al 2015 il «contributo alla manovra» richiesto ai sindaci ha s? orato i 12 miliardi, fra stretta sul Patto, nuova contabilità e tagli secchi. Una parte significativa di questi ultimi, ci ha detto nei giorni scorsi la Corte costituzionale, è stata ripartita sulla base di regole illegittime sia nel metodo che soprattutto nel merito: secondo i giudici delle leggi, in particolare, il ricorso al criterio delle spese sostenute per i consumi intermedi come parametro per la quanti? cazione delle riduzioni delle risorse da imputare a ciascun comune fa acqua da tutte le parti, perché colpisce non solo le spese di funzionamento dell'apparato amministrativo (ciò che permetterebbe al criterio utilizzato di colpire le inef? cienze dell'amministrazione e di innescare virtuosi comportamenti di risparmio), ma anche le spese sostenute per l'erogazione di servizi ai cittadini. La conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale forse non sarà suf? ciente a imporre di rifare tutti i calcoli a ritroso, sia perché formalmente riguarda solo l'annualità 2013 (anche se è di fatto il medesimo meccanismo è incorporato anche nelle attuali regole di riparto del fondo di solidarietà), sia perché si sosterrà che, essendo i bilanci degli anni passati già chiusi, si con? gura il tipico limite al giudicato costituzionale rappresentato dai cosiddetti «rapporto esauriti». Per il futuro, tuttavia, è evidente che occorre cambiare registro. E qui si aprono gli altri due capitoli della vicenda. Local tax e autonomia finanziaria La legge di stabilità 2016 ha ulteriormente ridotto l'autonomia ? nanziaria dei comuni, abolendo quasi del tutto la Tasi sulle abitazioni principali, dopo che in precedenza le prime case erano state esonerate dall'Imu. In cambio dei mancati gettiti, ai sindaci è stato garantito un trasferimento compensativo, secondo le vecchie ma mai del tutto abbandonate logiche della ? nanza derivata. Una simile situazione non potrà protrarsi a lungo, anche perché l'attuale assetto congela scelte di politica ? scale contingenti, garantendo maggiori risorse statali a chi negli anni scorsi ha maggiormente spinto sulle aliquote ? scali e penalizzando le amministrazioni più virtuose. Prima o poi, dunque, bisognerà tornare ad aprire il dossier della local tax, frettolosamente abbandonato nei mesi scorsi per ragioni di consenso elettorale (peraltro poco apprezzate da molti elettori), in modo da mettere nelle mani dei comuni un paniere di tributi manovrabili in ragione delle funzioni che essi sono chiamati a svolgere. Perequazione Collegato a questo tema è quello della perequazione, che oggi viene assicurata da un precario e arzigogolato meccanismo «orizzontale» che sposta risorse dalle amministrazioni «ricche» (si fa per dire) a quelle «povere» (anche qui fra virgolette). Secondo la Costituzione, invece, la perequazione dovrebbe essere verticale, ossia ? nanziata dallo stato, sulla base di regole chiare basate sulla capacità ? scale e sui fabbisogni standard. Qualche passo in questa direzione è stato compiuto, ma occorre maggiore decisione. Ma soprattutto serve una visione d'insieme del problemi, che sono fra di loro strettamente intrecciati.