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Pa, niente blocco assunzioni negli enti che pagano tardi- Sole 24ore

  • 23 Dic, 2015
Pubblicato in: Contabilità e Bilancio
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l blocco di assunzioni e rinnovi dei contratti nelle Pubbliche amministrazioni che si rivelano troppo lente nei pagamenti ai fornitori è incostituzionale.

Lo ha decretato la sentenza 272/2015 depositata ieri dalla Consulta (presidente Criscuolo, relatore de Pretis), che in questo modo accoglie il ricorso proposto da Regione Venetoe nei fatti invita il legislatore a trovare una strada diversa per spingere gli enti pubblici a pagare in tempo. A cadere sotto le forbici dei giudici costituzionali  è  l'articolo 41, comma 2 del decreto 66 del 2014 (quello sul bonus Irpef da 80 euro) che ha individuato nel blocco del personale l'argomento più convincente per spingere le amministrazioni a onorare i propri debiti com ­ merciali. I tempi massimi, 90 giorni nel 2014 e 60 a partire da quest'anno, sono quelli rafforzati dalla legge europea dell'anno scorso che ha attuato le direttive Ue in materia: per dimostrarne il rispetto, una serie di regole impone poi alle amministrazioni di calcolare l'indicatore sulla «tempestivitè  dei pagamenti », che misura il tempo medio della liquidazione delle fatture, di allegarlo ai bilanci e di pubblicarlo sul proprio sito istituzionale. Si tratta dello stesso parametro utilizzato per la sanzione, per cui chi ha sforato i 90 giorni nel 2014 non ha potuto quest'anno assumere nessuno e nemmeno rinnovare i contratti in corso. La stessa sorte sarebbe toccata l'anno prossimo alle amministrazioni che quest'anno facessero passare mediamente più di 60 giorni dal ricevimento della fattura al pagamento. Qui interviene però la sentenza depositata ieri dalla Consulta, che non cancella l'obbligo di calcolare e pubblicare l'indicatore ma le penalitè  sul reclutamento del personale. A motivarne l'illegittimitè   è  un complesso di fattori, riassu ­ mibile nella mancata «proporzionalitè  » delle sanzioni che le mette in conflitto anche con il principio del «buon andamento della Pubblica amministrazione » tutelato dall'articolo 97 della Costituzione. Il ragionamento seguito dalla sentenza  è  sistematico, e può tornare utile a Governo e Parlamento per evitare di riprodurre la tecnica della norma ­manifesto destinata a cadere di fronte alle contestazioni di illegittimitè . Prima di tutto, in molte amministrazioni, a partire da quelle locali,a rallentarei pagamenti potrebbero essere cause esterne, per esempio il ritardo nell'erogazione di trasferimenti statali e i vincoli del Patto di Stabilità . La prova arriva dallo stesso decreto 66, che all'articolo 44 ha provato a stabilire (con risultati alterni) che i trasferimenti vanno erogati entro 60 giorni dalla definizione delle loro regole. Ma anche ammettendo che i tempi lunghi dei pagamenti nascano solo da inefficienze interne all'amministrazione ritardataria, aggiunge la Corte, la sanzione non colpisce nel segno, perchè non va a colpirne le cause. Non solo: chi sfora di un giorno e impiega tempi biblici incappa nel blocco totale delle assunzioni, senza alcuna distinzione fra violazioni leggere e plateali. Tutti questi argomenti potrano all'incostituzionalitè  della regola anche se, spiega la Corte, la previsione di sanzionare le attese medie troppo lunghe inflitte ai creditori non viola in sè l'autonomia delle Regioni e rientra nel «coordinamento della finanza pubblica », competenza statale che si manifesta non solo nei tagli alla spesa pubblica ma anche nella sua riorganizzazione. Per farlo, però, servono misure proporzionali. Vale comunque la pena di ricordare che restano in campo tutte le altre sanzioni, che non si basano sul tempo medio impiegato peri pagamenti ma colpiscono i singoli ritardi. Quando si sforano le scadenze, infatti, scatta il tasso maggiorato dell'8%, partono in automatico gli interessi di mora, l'obbligo di risarcire il danno del creditore per le spese impiegate nel recupero. Sempre in vigore, infine, la nullitè  delle clausole «inique »..

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