Il quadro di riferimento del Paese resta debole e con scarse prospettive occupazionali: la disoccupazione non aumenterà ma nemmeno scenderà sotto la soglia dei tre milioni. In sintesi la «guarigione della crisi globale continua, l'incertezza rimane endemica e si ripresenta ogni volta che un grappolo di dati tradisce le attese di miglioramento dello scenario». L'indefinibilità del panorama politico in Italia poi non aiuta a pensare positivo, con il segretario generale della Cgil Susanna Camusso che ieri ha lanciato l'ennesimo allarme per la tenuta della coesione sociale: «Leggendo il documento di economia e finanza (Def) del governo la parola "esodati" non esiste, così come non esistono le risorse». E ha poi spiegato che «le procedure sono così complesse che nonostante sia un anno che si decreta, non c'è un solo esodato che è riuscito ad andare in pensione».
L'emergenza ha fatto trovare una sorta di coesione tra le parti sociali che, dopo aver aderito al «patto della fabbrica tra produttori» proposto dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sabato scorso a Torino, e aver siglato un innovativo accordo in Finmeccanica, oggi si riuniranno nella foresteria di Via Veneto per tentare una stretta e per riscrivere le regole sulla rappresentanza. Impegnati a procedere su questo terreno dal decreto sulla produttività, voluto dal governo Monti e firmato a dicembre dopo moltistop and go, da gennaio imprenditori e sindacati si sono già visti cinque volte. Probabilmente anche quello di oggi sarà un tavolo interlocutorio ma la sensazione è che entro il mese l'intesa finale potrebbe arrivare. Il nodo principale è il referendum sugli accordi raggiunti. Confindustria non lo vuole, convinta che a vincere debba essere la capacità negoziale delle parti. Il sindacato, in particolare la Cgil sotto la spinta della Fiom, ha dei problemi.