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Squinzi: dall'Esposizione partirà il rilancio No a posizioni preconcette - Il Sole24 ore del 16 luglio del 2013

  • 16 Lug, 2013
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«Pensare di uscire dalla crisi cullandosi nello status quo non è una buona posizione. Servono cambiamenti forti perché con lo status quo non andremo da nessuna parte». Giorgio Squinzi torna a premere sul Governo: «Ha cominciato a fare qualche passo nella direzione giusta, dobbiamo sostenerlo e incalzarlo. Il problema è accelerare la velocità e la lunghezza dei passi». Pagamenti della Pa, costo del lavoro, fisco, semplificazioni, riforma del Titolo V: sono i temi su cui il presidente di Confindustria insiste. Ma c'è anche la partita dell'Expo 2015, per cui occorre una maggiore flessibilità del lavoro. Oggi il ministro del Welfare, Enrico Giovannini, ha convocato le parti sociali: «Vediamo quali saranno le posizioni, aspettiamo la mediazione del ministro. Noi abbiamo posizioni chiare, riteniamo che questa sia una delle tante opportunità da non perdere. La vicenda non è di per sé l'Expo, è che bisogna veramente dare segnali di svolta al Paese. Quelle dei sindacati mi sembrano posizioni preconcette, dobbiamo sciogliere alcuni nodi, se non recuperiamo competitività saremo condannati al declino».


A dirlo sono i numeri: per esempio sul costo del lavoro le valutazioni di Confindustria, ha spiegato il presidente, dicono che con la riduzione di 11 punti delle aliquote nel manifatturiero (-8% di costo del lavoro) distribuita su tre anni, e con un costo a regime di 12 miliardi, il Pil salirebbe dello 0,8% dopo tre anni, con 70mila nuovi posti di lavoro. Altro calcolo riguarda i pagamenti dei debiti della Pa: se si anticipassero tutti gli 80 miliardi, stimati per difetto, anzichè i 16 più 16 del decreto approvato, il Pil salirebbe dell'1,6% in tre anni anziché dell'1%, con 250mila nuovi posti di lavoro anziché 150mila.

«I ritardi dei pagamenti della Pa stanno uccidendo le imprese e quindi distruggendo capacità produttiva e posti di lavoro. Mi auguro che ci sia una forte accelerazione visto che la partenza è stata un po' lenta. È una battaglia di civiltà e Confindustria continuerà a fare pressioni perché lo Stato, che non sa nemmeno a quanto ammontino i debiti, li paghi tutti». Temi che Squinzi ha affrontato in mattinata all'assemblea degli industriali di Livorno, dove ha parlato anche del problema della Lucchini, definendolo «di rilevanza nazionale», e nel pomeriggio in quella di Novara. Serve un «grande patto» tra Governo e forze sociali sulla crescita e lo sviluppo industriale. «Abbiamo bisogno di un'iniezione di fiducia che deve partire dalle politiche industriali da porre al centro dell'azione di Governo e parti sociali attraverso quattro questioni strategiche per il futuro dell'industria italiana», e cioè innovazione tecnologica, green economy, nuova finanza per lo sviluppo, qualificazione del capitale umano. E a Susanna Camusso, leader Cgil, che ha accusato gli industriali di «stare solo sulla tolda», Squinzi ha risposto: «Anche gli imprenditori sono sotto a remare, come i lavoratori, siamo tutti sulla stessa barca».
Per ritrovare competitività bisogna avere certezza delle regole. Squinzi ha concordato con Sergio Marchionne, ad Fiat, che ha chiesto regole certe per continuare ad investire in Italia: «Una richiesta assolutamente legittima, un quadro legislativo e istituzionale più favorevole alle imprese è altamente auspicabile». E sul rientro di Fiat in Confindustria ha aggiunto: «Chi entra sarà sempore il benvenuto, il mio rapporto personale con Sergio Marchionne è di assoluta simpatia e sintonia. Confindustria non sta forzando Fiat, forse l'accordo sulla rappresentanza firmato nei mesi scorsi avrebbe potuto evitare a Fiat i problemi che ha avuto».
Sulle prospettive economiche, il presidente di Confindustria ha ribadito che «una luce vera in fondo al tunnel non si vede, c'è un lumicino che dipende dalla congiuntura economica internazionale». L'Italia, comunque, deve restare in serie A, «c'è già ed ha le potenzialità per andare in Champions». E sull'acquisto di imprese italiane da parte di imprenditori esteri, Squinzi ha sottolineato che non è importante la nazionalità degli azionisti, ma che in Italia rimangano braccia e cervello, dichiarandosi «fautore del libero mercato».

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