Tuttavia, al di là del quantum richiesto per le rette scolastiche, un istituto religioso che svolge attività didattica ha diritto all'esenzione Ici, Imu e Tasi se le entrate servono solo a coprire i costi di gestione e raggiungere il pareggio di bilancio. Per gli istituti religiosi che svolgono esclusivamente attività di insegnamento, dunque, non ha alcuna rilevanza accertare se la retta versata dagli alunni sia meramente simbolica oppure copra le spese. L'importante è che l'attività sia svolta senza fi ne di lucro. È quanto ha affermato la commissione tributaria provinciale di Taranto, terza sezione, con la sentenza 1679 dell'11 luglio 2016. Secondo i giudici tributari, l'ente religioso possiede i requisiti per lo svolgimento dell'attività didattica con modalità non commerciali «così come interpretati anche dal decreto del Mef n. 200/2012». Il pagamento di una retta da parte degli alunni che frequentano i corsi scolastici «non trasforma affatto l'attività da non commerciale a commerciale, stante l'assenza di uno scopo di lucro». Le entrate devono almeno coprire le spese per evitare che l'attività sia in perdita. Pertanto, ricorda la commissione, per gli istituti religiosi che svolgono «esclusivamente attività di insegnamento e/o di oratorio, non ha nemmeno alcuna rilevanza accertare se la retta versata dagli alunni sia meramente simbolica oppure copra le spese (personale, utenze...)». La Cassazione (sentenza 14225/2015), invece, sulla questione ha assunto una posizione diversa, sostenendo che le scuole paritarie gestite da un ente ecclesiastico sono soggette al pagamento dell'Ici, e quindi anche dell'Imu e della Tasi, se gli utenti pagano un corrispettivo, nonostante le rette richieste siano modeste e la gestione operi in perdita. L'attività didattica non si può ritenere svolta in forma non commerciale, ancorché si tratti di un ente religioso, poiché non è a titolo gratuito. Per integrare il fi ne di lucro è suffi ciente che con i ricavi si tenda a perseguire il pareggio di bilancio. Per i giudici di piazza Cavour, l'attività didattica esercitata dall'ente religioso rientra tra quelle esenti, ma non è svolta in forma non commerciale. In realtà, se per la scuola paritaria gli utenti pagano un corrispettivo, anche qualora la gestione operi in perdita, l'agevolazione non può essere riconosciuta. E per integrare il fi ne di lucro è suffi ciente l'idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio. Ha inoltre chiarito (sentenza 4342/2015) che le disposizioni sull'Imu non sono applicabili all'Ici per l'esenzione degli immobili posseduti dagli enti non commerciali. L'evoluzione della norma che riconosce i benefi ci fi scali per una parte dell'immobile, per esempio, non può avere effetti retroattivi.