u pagina 41 pI terreni incolti e gli orti rientrano nel novero dei« terreni agricoli », e quindi seguono le stesse regole dell' esenzione Imu, riscritte per l'ennesima volta dall'ultima legge di Stabilità (comma 13 della legge 208/2015). Suonano così le indicazioni fornite ieri dal viceministro all'Economia Enrico Zanetti nel corso del question time in commissione Finanze alla Camera, in rispostaa Gian Mario Fragomeli (Pd) che chiedeva lumi sul destino fiscale dei «terreni non condotti da imprenditori agricoli, come quelli incolti e gli orti». Quando si parla di Imu agricola, però, l'intreccio delle regole è ormai inestricabile, e anche le indicazioni arrivate dall'Economia si muovono con cautela tra le tante variabilie hanno bisogno del solito sforzo interpretativo. Per capire i termini del problema non si può evitare di addentrarsi nello slalom fra le norme. L'ultima manovra, nel tentativo di rimediare al pasticcio creato nel 2014 e ancora sotto esame alla Corte costituzionale dopo un dibattito infinito al Tar del Lazio, ha riesumato la circolare del 1993 per distinguere i Comuni montani da quelli «parzialmente montani»e dai pianeggianti, assicurando l'esenzione Imua tuttii terreni montani e, in pianura,a quelli «possedutie condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali». Il panorama fiscale, quindi, prevede in sintesi queste tre situazioni: nei Comuni montani sono esenti tutti i terreni, nei Comuni «parzialmente montani» l'esenzione è riservara ai terreni inclusi sempre nella circolare del 1993, e in pianura l'Imu evita tuttii terreni posseduti e condotti da coltivatori direttie imprenditori agricoli professionali. Su queste basi, l'interrogazione ha chiesto di capire il trattamento fiscale previsto per i «terreni non condotti da imprenditori agricoli, come quelli incoltie gli orti», ma la risposta ministeriale si è avventurata in una ricostruzione più ampia. Accanto alla legge di Stabilità, il punto di partenza richiamato da Zanetti è una sentenza di Cassazione (la 7369/2012, riferita all'Ici ma ritenuta dal ministero applicabile anche all'Imu), in cui si dice in pratica che per essere definito «agricolo» è sufficiente che il terreno sia «suscettibile di essere destinatoa tale utilizzo», mentre non è indispensabile «l'effettivo esercizio» dell'attività agricola. Di conseguenza, chiude la risposta ministeriale, terreni incoltie gli orti «devono essere considerati nel novero dei terreni agricoli, e sono esclusi dall'applicazione dell'Imu nei termini declinati dal comma 13» dell'ultima manovra. Se questaè la situazione, il caleidoscopio dell'Imu sui terreni muta ancora, e contempla un'altra esenzione: nei Comuni montani, l'Imu evita tutti gli ortiei terreni incolti, nei Comuni di pianura invece l'esenzione è limitata ai terreni dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali. Ergo: i terreni incolti e gli orti di proprietari che non hanno la qualifica di coltivatore diretto o di Iap continuano a pagare. In questo senso, infatti, andrebbe intesa la precisazione finale secondo cui anche negli ortie nei terreni incolti l'esenzione funziona «nei termini declinati dal comma 13» dell'ultima legge di Stabilità. Le indicazioni dell'Economia non fanno piacere ai Comuni, che sull'Imu dei terreni incolti hanno da tempo ingaggiato una battaglia interpretativa con l'amministrazione finanziaria. L'Ifel, in particolare, nel 2012 aveva sostenuto l'imponibilità di tutti i terreni incolti, anche in montagna, sulla base di un orientamento opposto rispetto a quello poi indicato dalla Cassazione richiamata ora dal Governo: in quello stesso 2012, con la circolare3 del dipartimento Finanze, il ministero aveva escluso dall'imposta i terreni incolti collinari e montani, e con la risposta di ieri il beneficio scende in pianura, ma solo per una parte dei proprietari. Questa moltiplicazione delle "fonti" e la scarsa fondatezza logica di alcune di queste distinzioni mostrano che servirebbe una regola chiarae definitiva.