Fatto sta che la tassa rifiuti sfiora ormai quota 9 miliardi, nell'ultimo anno ha visto crescere i propri incassi del 9,6% e promette nuovi ritocchi anche quest'anno, perché è l'unica a sfuggire al congelamento deciso dalla legge di stabilità per le altre voci del fisco locale. Continua u pagina 2 u Continua da pagina 1 pAppena prima della pausa di Pasqua, in realtà, il sospetto di un'eccessiva "vivacità" della tassa rifiuti si era affacciato anche in Parlamento, con un'interrogazione a cui il viceministro dell'Economia Enrico Morando ha risposto prospettando la possibilità di un «tavolo di confronto», aperto anche ai contribuenti, per fissare i nuovi parametri di costo. Un conto, però, è un allarme generico, un altro è invece una dinamica tradotta in cifre puntuali: quelli riportati in questa pagina sono i numeri ufficiali degli incassi, registrati dal ministero dell'Economia, e dicono che nel 2015 famiglie, esercizi commerciali e imprese hanno pagato per il servizio rifiuti 8,7 miliardi, cioè il 9,6% in più dell'anno prima. E nel 2016 il conto potrebbe salire ancora, perché la «Tari», cioè l'ennesima metamorfosi del tributo che si paga sullo smaltimento dei rifiuti, è l'unica grande voce del fisco locale a sfuggire al divieto di aumenti imposto dalla manovra a un sistema di tributi che dopo i tagli ImuTasi su abitazione principale, terreni agricoli e imbullonati aspetta dalla prossima manovra l'ennesima riforma. I numeri, si diceva, sono quelli delle riscossioni effettive realizzate dai Comuni dal 1° gennaio al 31 dicembre dell'anno scorso, e quindi sono figli di due fenomeni: dell'aumento delle tariffe, prima di tutto, decise nei piani economico finanziari sulla base dei costi del servizio indicati dai gestori, ma anche di un maggiore impegno nella caccia agli ar retrati non pagati, che nel servizio rifiuti si trasformano in un boomerang per Comuni e contribuenti. Anche se a ritmi diversi, dal +2,9% registrato in Sicilia e Sardegna al +15,8% delle Regioni del Centro (influenzate dal dato di Roma che da sola raccoglie 454 milioni sui 2 miliardi incassati in Toscana, Umbria, Marche e Lazio) passando per il +10,5% registrato a Sud, gli aumenti sono generalizzati, e si sviluppano all'interno di un cerchio che non si chiude. A pesare il conto presentato a famiglie e imprese sono i costi del servizio, che devono essere coperti al 100% dalla tariffa, ma l'ancoraggio di questi costi a parametri standard è finora rimasto un timido auspicio. Scritto dal Governo Letta nella manovra per il 2014, è stato rinviato di anno in anno, ora è in calendario per il 2018 ed è stato "rilanciato" con l'ipotesi del tavolo tecnico proposta da Morando in commissione Finanze alla Camera: anche perché la corsa della tassa rifiuti rischia di rappresentare una stonatura per un governo che sui tagli al fisco locale del mattone e al blocco delle altre aliquote comunali e regionali ha puntato parecchio. Il tema dei rifiuti, è ovvio, non brilla per fascino, e questo spiega forse la scarsa fortuna politica che finora l'ha accompagnato, ma di ritocco in ritocco la Tari vale ormai più del doppio rispetto alla tassa sull'abitazione principale appena abolita dall'ultima manovra. A spingere la corsa, come accennato, può essere anche l'effettoarretrati, prodotto dall'evasione e dal tentativo di rintuzzarla: perché mai come nei rifiuti è vero il principio per cui l'evasione si scarica direttamente sui contribuenti che invece si presentano puntuali alla cassa. Nel complicato meccanismo dei parametri che governano la costruzione della tariffa, le mancate riscossioni entrano infatti tra le «voci di costo», con il risultato che dove il problema è più grave i bollettini scacciati dalla porta degli evasori finiscono per rientrare nella finestra dei contribuenti paganti. L'effetto combinato di questi fattori spiega come mai la geografia delle tariffe non si sposi più di tanto con quella della qualità del servizio. Per capirlo basta sfogliare l'ultima indagine Federconsumatori, secondo cui a Napoli una famiglia di tre persone che abita in 100 metri quadrati ha pagato l'anno scorso 448 euro, cioè il 13% in più che a Roma e il 36% in più che a Milano mentre i dati sulla qualità del servizio, misurati per esempio dai tassi di differenziata, disegnano una classifica contraria.