La legge di stabilità 2014 è più che mai un cantiere aperto. Decisiva sarà la partita che si giocherà in parlamento dove l'Anci potrà svolgere un ruolo importante per migliorare il testo appena consegnato al senato. Arriva dal presidente del consiglio Enrico Letta, l'apertura di credito che i comuni si attendevano per suggellare l'auspicato «cambio di passo» nelle relazioni tra governo e autonomie. Parlando a Firenze alla XXX assemblea dell'Anci, Letta non è entrato nello specifico delle richieste dei sindaci, ma ha rivendicato i segnali di discontinuità a favore degli enti locali contenuti nella manovra. E cioè lo sblocco di un miliardo di euro per gli investimenti e lo stop al taglio dei trasferimenti che era ormai divenuto una costante degli ultimi 12 anni.Il premier ha risposto alle sollecitazioni del presidente dell'Anci, Piero Fassino, che in una lunga e articolata relazione ha mostrato apprezzamento per la legge di stabilità appena consegnata al parlamento, definendola però solo «un primo passo». Perché restano al momento molti nodi irrisolti su cui i comuni chiedono risposte. In primis, l'esenzione dei piccoli comuni dal patto di stabilità che rappresenta un nervo scoperto tanto che in mattinata il ministro degli affari regionali (ed ex presidente Anci) Graziano Delrio ha dovuto subire una dura contestazione da parte degli amministratori locali degli enti sotto i 5.000 abitanti. Poi c'è il capitolo Imu su cui l'Anci chiede certezze in merito al pagamento dei rimborsi relativi alla seconda rata 2013. Per non parlare delle spese per mantenere gli uffici giudiziari che i comuni in cui hanno sede i tribunali anticipano sforando il patto di stabilità e senza nessuna certezza sui rimborsi. Ma il vero capitolo destinato a monopolizzare il cammino parlamentare della legge di stabilità non può che essere la service tax. Fassino lo ha lasciato intendere chiaramente. Servono correttivi perché il Trise «va configurato con modalità e aliquote che consentano ai comuni di non vedere ridotte le risorse che avrebbero introiettato con Imu e Tares e ai contribuenti (famiglie o imprese) un onere inferiore alla somma di Imu e Tares». In pratica una «mission impossible» che può diventare realtà solo a condizione che il governo innalzi il contributo compensativo, oggi fissato in un miliardo di euro dalla manovra, ma non sufficiente per l'Anci che di miliardi ne chiede due. «Così com'è stata disegnata dalla legge di stabilità, ossia con un'aliquota massima al 2,5 per mille e un miliardo di contributo dello stato, la manovra non dà ai comuni la certezza di avere gli stessi fondi un tempo incamerati con Imu e Tares», ha lamentato Fassino, secondo cui una delle due voci dovrà necessariamente aumentare. Come e in che termini lo deciderà il tavolo tecnico (di cui l'Anci farà parte) convocato presso il ministero dell'economia che inizierà a lavorare dalla prossima settimana sulla legge di stabilità. Fassino ha anche chiesto di «intervenire con coraggio» sulle società partecipate «superando istinti di autoconservazione, opacità gestionali, logiche d potere e pulsioni corporative». «Nessun paese europeo», ha detto il sindaco di Torino, «offre ai propri cittadini servizi idrici, energetici, ambientali o di trasporto con modalità così arcaiche e deficitarie».Secondo l'Anci la ricetta per uscire dall'impasse sarebbe studiare un sistema di incentivi che facilitino processi di aggregazione e consolidamenti industriali, invece che, com'è stato fatto negli ultimi anni, imporre termini temporali di dismissione che poi vengono puntualmente disattesi. Infine il capitolo riforme istituzionali, caro al presidente della repubblica Giorgio Napolitano, che dall'assemblea dell'Anci non ha mancato di sollecitare nuovamente il parlamento a mettere mano alla legge elettorale senza sperare che sia la Corte costituzionale a demolire prima il Porcellum (l'udienza è fissata per il 3 dicembre). «La dignità del parlamento e delle forze politiche si difende non lasciando il campo ad altra istituzione, di suprema autorità ma non preposta a dare essa stessa soluzioni legislative a questioni essenziali per il funzionamento dello stato democratico», ha ammonito il capo dello stato. Fassino invece ha puntato l'attenzione sulla necessità, a 40 anni dall'istituzione delle regioni e 15 anni dalla riscrittura del Titolo V, di «fare il tagliando» a quella riforma, a partire dal superamento delle materie di competenza concorrente che stanno ingolfando di ricorsi la Consulta e generano solo «sovrapposizioni, inefficienze, conflitti e sprechi». Senza dimenticare l'altra grande riforma non più rinviabile: la sburocratizzazione,ossia «il disboscamento della giungla normativa e dell'iperformalismo giuridico» che rappresenta un ostacolo per la crescita. A questo proposito Fassino ha proposto che si dia vita a una task force non solo per riformare il Tuel (si veda ItaliaOggi del 19/10/2013) ma anche per rivisitare la legislazione vigente eliminando tutte le norme che appaiono superflue e contraddittorie con l'autonomia degli enti locali.