Ieri sera, il censimento ministeriale contava 4.571 delibere, e contando che oltre cento sono correzioni di atti precedenti approvati dallo stesso ente si può calcolare che oltre il 45% dei Comuni italiani manca ancora all'appello. Per essere valide per l'acconto in calendario il 16 ottobre (nei quasi 6mila Comuni in cui non si è pagata la Tasi a giugno per assenza della delibera), le decisioni comunali devono essere inviate entro il 10 settembre, che avrà tempo di pubblicarle entro il 18. Un affollamento concentrato negli ultimi giorni, come spesso accade in questi casi, è probabile, ma è alto il rischio che una grossa fetta di Comuni non arrivi in tempo.
A rilanciare l'allarme è stata ieri la Consulta dei Caf, confermando il quadro delineato dagli ultimi monitoraggi del Sole 24 Ore (si veda ad esempio l'edizione del 25 agosto). «Sono molto preoccupato - ha spiegato Valeriano Canepari, presidente Caf Cisl e coordinatore della Consulta - perché la scadenza è sempre più vicina e moltissimi Comuni mancano ancora, ma già in questi giorni i centri di assistenza fiscale sono impegnati soprattutto per la Tasi». La prospettiva, insomma, sembra quella di un nuovo ingorgo autunnale, dopo quello registrato nella tarda primavera.
Il problema riguarda ovviamente anche i Comuni che hanno deliberato, perché nelle decisioni locali si incontrano una miriade di variabili che complicano i calcoli. Anche dove la delibera dovesse saltare l'appuntamento, però, non mancherà il carico di calcoli per i contribuenti. La disciplina Tasi, visto l'alto grado di incertezza che l'ha accompagnata nella sua lunga gestazione, ha previsto infatti una via d'uscita, che in caso di mancata delibera impone ai contribuenti di pagare a dicembre l'aliquota standard (1 per mille). Nel caso dell'abitazione principale, il calcolo è semplice (e non prevede detrazioni), ma sugli altri immobili incontra due complicazioni. Prima di tutto, la somma di Imu e Tasi non può superare il 10,6 per mille, quindi toccherà ai contribuenti applicare l'aliquota della Tasi che rispetta questa regola: dove l'Imu è al 10 per mille, per esempio, la Tasi da pagare sarà lo 0,6. Quando la casa è «occupata» (per affitto o in altre situazioni), il proprietario dovrà pagare il 90% del tributo, lasciando all'«occupante» l'altro 10 per cento.