Come mostrano i numerosi quesiti inviati a ItaliaOggi dai lettori, infatti, la relativa semplicità della regola generale (per cui la Tasi va suddivisa in base alla scelta dei comuni, entro le percentuali minima e massima ? ssate dalla legge) si scontra con la complessità delle situazioni concrete e con la varietà delle decisioni assunte dalle singole amministrazioni. Partiamo dalla regola generale. Sono tenuti a pagare la Tasi sia i soggetti che sono titolari di diritti reali su beni immobili sia i meri detentori degli stessi, cioè di soggetti che dispongono di un bene pur non essere titolari di diritti reali sul medesimo. Sono soggetti, quindi, sia il proprietario o il titolare del diritto di usufrutto, uso, abitazione e super? cie, sia il locatario, il comodatario o l'occupante a qualsiasi altro titolo (comprese secondo l'interpretazione più rigorosa, le badanti e gli occupanti sine titulo). Il tributo colpisce, infatti, tutti coloro che sono potenziali fruitori dei servizi indivisibili comunali in quanto possessori di immobili o anche semplici utilizzatori degli stessi. Nell'ipotesi in cui l'immobile sia occupato o a disposizione solo del titolare di diritti reali sullo stesso, il possessore sarà l'unico soggetto passivo del tributo. Viceversa, nell'ipotesi in cui l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, l'obbligazione tributaria sorge, in maniera autonoma, sia nei confronti del titolare del diritto reale sull'immobile e sia nei confronti dell'occupante. In tale ipotesi, l'occupante versa la Tasi nella misura stabilita dal comune, compresa tra il 10% e il 30% dell'ammontare complessivo, mentre il titolare dei diritti reali è tenuto al pagamento della restante quota. In caso di mancata decisione del comune sulla ripartizione della Tasi fra possessori e detentori, questi ultimi dovranno versare la quota minima del 10%. L'imposta complessiva deve essere determinata con riferimento alle condizioni del titolare del diritto reale e successivamente ripartita tra quest'ultimo e l'occupante sulla base delle percentuali stabilite dal comune. Fin qui, tutto abbastanza chiaro. Nella pratica, però, possono veri? carsi casi dubbi. Uno dei più frequenti è quello dell'immobile solo parzialmente occupato da un soggetto diverso dal possessore. Nel silenzio del legislatore (che non ha considerato la fattispecie), è stato il Mef a fornire la sua lettura nella faq n. 17. Con specifico riferimento all'ipotesi di abitazione principale parzialmente locata (ad esempio, viene af? ttata una camera), Via XX settembre ha affermato che la Tasi deve essere comunque ripartita tra possessore e occupante. Non è chiaro se tale conclusione (che peraltro contraddice un'altra tesi del Mef, quella per cui, in tutte le ipotesi in cui si può parlare di abitazione principale, l'obbligo di versamento ricade interamente sul possessore e non sull'occupante) valga anche qualora l'immobile parzialmente locato non sia l'abitazione principale del possessore. La risposta dovrebbe essere affermativa, fermo restando che nel primo caso si applicherà l'aliquota prevista per le "prime case", nel secondo quella prevista per gli altri fabbricati. Ma cosa accade se il comune ha deciso di applicare la Tasi solo sulle abitazioni principali (ipotesi piuttosto ricorrente)? Uno dei quesiti pervenuti riguarda appunto il caso di un immobile posseduto da due fratelli, ma occupato solo da uno di essi (come prima casa). È evidente che il fratello possessore ma non occupante non deve pagare nulla (per lui trattasi di seconda casa), per cui l'altro pagherà solo sulla sua quota, senza dover versare alcunché per l'eventuale occupazione della porzione di immobile posseduta del primo. Tale lettura, tuttavia, fa emergere un'evidente disparità rispetto ad altre ipotesi di occupazione: ad esempio, in un comune che ha deciso di tassare anche gli altri fabbricati, un'azienda che ha locato solo il 10% di un capannone dovrà pagare ? no al 30% della Tasi complessivamente dovuta sull'immobile.