Una premessa per confermare tutti gli impegni annunciati nella cronologia delle ultime settimane: «Nel 2015 c'è stato l'intervento su Irap e costo del lavoro. Nel 2016 ci sarà quello su Imu e Tasi. Nel 2017 sull'Irese nel 2018 sull'Irpef, la mettiamo più bassa della Spagna» è la promessa del premier. Che poi manda un nuovo segnale di rassicurazione alle amministrazioni comunali, che sulle imposte locali costruiscono i loro bilanci: «Noi togliamo Imu e Tasi e daremo ai sindaci un assegno corrispondente». «Quel che togliamo ai Comuni ha spiegato lo restituiamo paro paro, come si dice a Roma. Sarà emblematico: tot levi ai Comuni, tot rimetti immediatamente». Nell'intervista televisiva Renzi conferma anche altri due fronti d'intervento sui quali le aspettative sono salite alle stelle nel corso dell'estate: il Sude il lavoro. Per le regioni del Mezzogiorno è in campo l'ipotesi di un credito di imposta per chi investe: «Avrebbe un importo di un paio di miliardi, secondo le stime», dice il premier. Che poi aggiunge l'altra ipotesi: prorogare gli sgravi contributivi sulle nuove assunzioni solo per le Regioni meridionali. Tutte ipotesi allo studio in vista della presentazione della legge di Stabilità (ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto il ministro Pier Carlo Padoan) ma sulle quali il premier ha evidentemente le idee già molto chiare sapendo, come ha spiegato in più occasioni negli ultimi mesi, che vincere la sfida del rilancio del Mezzogiorno significa vincere la sfida della crescita dell'intero Paese: «Quello che ci vuole al Sud è prendere un impegno e portarlo al termine. Non servono nuovi libri dei sogni, che sono diventati degli incubi». L'altro dossier aperto è quello delle pensioni, sul quale la cautela s'impone anche nell'eloquio di Matteo Renzi: «Le decisioni si annunciano solo quando siamo sicuri di farle», è la prima risposta alla domanda del conduttore. Poi il ragionamento: «Oggettivamente dice il premier dobbiamo trovare un meccanismo per cui chi vuole andare un po' prima rinunciando a un po' di soldi possa farlo. Il problema è quanto prima e quanti soldi». Secca la conclusione: l'intervento che arriverà dovrà essere a somma zero: «Spero che nelle prossime settimane o mesi» si possa arrivare a una decisione «ma per lo Stato l'intervento deve essere a somma zero». Sulle risorse con cui il Governo andrà a comporre la sua seconda manovra espansiva il riferimento inevitabile, oltre alla spending review,è al confronto con l'Unione europea sui margini concessi dal Trattato e dal fiscal compact. «Credo dice Renzi che in Ue le cose stiano cambiando anche sulla linea economica. Con un pochino di buon senso abbiamo preso 17 miliardi grazie alla flessibilità, ora si tratta di portare a casa tutto quello che riusciamo in modo da avere un deficit il prossimo anno che non sia l'1,4% che prevede il fiscal compact firmato dal governo italiano». Il riferimento è all'indebitamento netto tendenziale iscritto nel Def di aprile, che cifra invece un deficit programmatico all'1,8% nel 2016 e un indebitamento strutturale allo 0,4 per cento. Soglie che verranno spostate verso l'alto con il rinvio del pareggio di un altro anno. Nel ragionamento del premier le concessioni di Bruxelles sull'ulteriore flessibilità di bilancio (da giocare resta la clausola per gli investimenti) dovrebbero arrivare anche grazie alla sostenibilità del debito pubblico. «Quando ho giurato c'era una regola, il fiscal compact, che dice che l'Italia deve far scendere il debito, ed è giusto, con un ritmo molto impegnativo, un po' troppo» dice Renzi. Rispettare il fiscal compact oggi significa fare una corsa in salita, secondo Renzi «e oggia chi mi dice rompi il fiscal compact io dico: ma l'hai voluto tu». La strada alternativa è quella dello scambio riforme/risanamento dei conti: «Noi facciamo le riforme, il debito deve scendere ma un po' più piano: il debito dell'Italia è sostenibile, noi siamo in grado di assolvere i nostri compiti».