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Niente local tax per 3 milioni di prime case- Sole 24ore

  • 28 Nov, 2014
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Con il ritorno delle detrazioni standard, la nuova tassa locale in cantiere per il prossimo anno potrebbe esentare di nuovo dai pagamenti fino a 3,2 milioni di abitazioni principali.


Rispondendo ieri in Senato al question time, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha inserito la tassa unica al centro delle misure di semplificazione, da realizzare in questo caso attraverso «l'accorpamento di Imu con Tasi e una significativa riduzione della complessità delle aliquote dei Comuni, pur preservando l'autonomia», e ha spiegato che il Governo «sta seriamente pensando a misure in questo senso». La "riflessione" governativa, anzi, ha già prodotto una bozza (anticipata sul Sole 24 Ore di ieri) che dovrebbe tradursi in un emendamento alla legge di stabilità, da presentare proprio al Senato dove la manovra approderà la prossima settimana. E il delicato nodo politico dell'abitazione principale, insieme a quello del carico fiscale sulle imprese, è al centro dei calcoli, al punto che si lavora anche a una diversa struttura delle aliquote standard che potrebbe ampliare il raggio di esenzione per le case meno pregiate (almeno per il Catasto).
La questione da risolvere è rappresentata dal difetto di fondo della Tasi che, cancellando gli sconti fissi tipici della vecchia Imu, ha appesantito il conto per le case di valore fiscale medio-basso, e ha anche imposto i pagamenti a milioni di abitazioni che erano sempre state esenti da Imu e Ici. Un problema non da poco, vista la geografia delle abitazioni italiane, oggi parecchio schiacciata verso i valori più bassi. Il 36% delle case del Paese ha una rendita che non supera i 300 euro (cioè un valore di 50.400 euro ai fini Imu e Tasi), mentre solo il 10% supera i 900 euro di rendita (e quindi i 151.200 euro di valore imponibile). Con l'Imu, però, queste ultime pagavano più di metà dell'imposta totale, come ha mostrato un'analisi del ministero dell'Economia sui versamenti del 2012, mentre il primo gruppo, più folto, non è stato praticamente sfiorato dall'imposta perché l'aliquota standard ha esentato tutte le abitazioni che non raggiungono i 315 euro di rendita catastale. La Tasi, che ha raggiunto un'aliquota media effettiva del 2 per mille (2,5 per mille nei capoluoghi) ed è stata accompagnata da detrazioni, spesso selettive, solo in un Comune su tre, si è di conseguenza tradotta in una pesante redistribuzione verso il basso del carico fiscale. Lo stesso studio dell'Economia citato sopra, poi, confermava numeri alla mano un fenomeno scontato anche in base all'esperienza comune, e cioè che nonostante i molti difetti del nostro attuale Catasto c'è un legame diretto fra valore fiscale della casa e reddito medio di chi le abita: in altre parole, nelle case più piccole vivono le famiglie con i redditi più bassi.
Tra i compiti della tassa unica, quindi, c'è anche quello di rimediare al carattere regressivo assunto dallo sfortunato tributo sui servizi indivisibili. La prima ipotesi contenuta nella bozza di emendamento ha previsto un'aliquota standard al 2,5 per mille, accompagnata da uno sconto fisso da 100 euro, che riavvicinerebbe la distribuzione della pressione fiscale a quella prevista dall'Imu, esentando dai versamenti le abitazioni fino a 265 euro di rendita catastale. In questo modo i parametri standard eviterebbero alla nuova tassa locale di presentarsi alla porta di 2,6 milioni di case, ma i lavori sono in corso e puntano anche a una soluzione in grado di allargare ancora la platea degli esenti: l'ipotesi punta ad abbassare l'aliquota al 2 per mille prevedendo una detrazione fissa da 90 euro. In questo modo l'aliquota, riducendosi di un quinto, scenderebbe in misura maggiore rispetto alla detrazione (limata del 10%), e quindi si allargherebbe la fascia di esenzione fino a comprendere 3,2 milioni di abitazioni (nel grafico a fianco sono riportati gli effetti possibili sulle diverse abitazioni).
Sempre sui redditi medio-bassi è da segnalare poi che la tassa unica farà tramontare la famigerata «quota inquilini», che quest'anno ha creato più confusione che gettito ma ha comunque obbligato al pagamento, spesso modesto, centinaia di migliaia di famiglie in affitto.

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