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Tutti d'accordo Iva e Imu slittano a fine anno - La Stampa del 19 luglio del 2013

  • 19 Lug, 2013
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Su Imu e Iva avanti tutta. Con i rinvii. Lasciate fuori dalla porta le tensioni sul caso Ablyazov il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi ieri ha messo pace tra i partiti, per una volta uniti nel decidere che dopo le vacanze estive non dovremo pagare l'acconto Imu a settembre sulla prima casa e nemmeno temere l'aumento dell'Iva ad ottobre.

Per entrambe se ne riparlerà a dicembre, quando a pagare la tassa sugli immobili dovrebbe rimanere non più del 15% dei proprietari di prima casa, mentre sull'Iva si lavorerà di cacciavite, senza aumenti generalizzati ma spostando qualche bene non proprio di prima necessità dalle aliquote agevolate del 4 e del 10% a quella ordinaria del 21. «Apertura, confronto, collaborazione», così in un tweet il ministro dell'Economia Saccomanni descrive il clima della «cabina di regia», che ha fissato al 31 agosto la deadline non solo per decidere le sorti di Imu ed Iva, ma anche per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione e garantire le risorse necessarie per ammortizzatori sociali ed esodati. E a fine agosto bisognerà trovare le risorse necessarie per coprire l'ennesimo rinvio delle due imposte e a ridisegnare da cima a fondo quella sulla casa, che da Imu si trasformerà in «service tax», accorpando anche la Tares sui rifiuti. Quindi, primo problema: con la nuova imposta chi pagherà e quanto dell'Imu 2013? Sicuramente verrà abbonato l'acconto, ma Saccomanni ha detto a chiare lettere che non intende dare all'Europa l'impressione di aver dato un colpo di spugna su tutta l'imposta per l'anno in corso. Probabilmente si deciderà di assestare una stangata di Natale a quel 15% di proprietari più facoltosi che dovrebbero pagare la service tax per tutto il 2013. Poi c'è il secondo problema: quello delle coperture. Per coprire i circa 3 miliardi di mancato gettito per lo slittamento di Imu e Iva si punterà a tagli selettivi sul bilancio dello Stato e dei singoli ministeri. Il metodo imposto da Letta e Saccomanni in cabina di regia è stato quello di girare la frittata ai ministri, invitandoli a fare una loro spending review nei loro dicasteri. Ciascuno dirà quanto si può tagliare. Meno risorse ci saranno e meno sconti saranno possibili su Iva e Imu. Anche se a via XX settembre la vera spending review sull'intera spesa pubblica la stanno quasi per ultimare e non sarà una manovra da poco. «Il metodo utilizzato è quello dei costi standard», spiega il sottosegretario l'Economia in quota Pd, Pier Paolo Baretta. «Abbiamo individuato i fabbisogni per garantire l'efficienza amministrativa e chi è sopra dovrà tagliare». Altre risorse arriveranno probabilmente da un disboscata alla giungle delle agevolazioni fiscali e degli incentivi alle imprese. Una manovra di dimensioni vaste, che a questo punto potrebbe però spostare tutta la partita dentro la legge di stabilità ad ottobre, con un quadro più chiaro sui conti pubblici. Intanto, mentre ci si arrabatta a trovare le risorse, al Senato la tassa del 58,5% sulle sigarette elettroniche viene dirottata dalla copertura del primo rinvio Iva verso la cancellazione dei tagli agli agenti penitenziari. Alla Camera un emendamento al «decreto del fare» cancella il taglio del 50% alle spese per le auto blu dei manager pubblici. E sempre a proposito di caste scatta la polemica sulla norma, inserita nello stesso decreto, che salva lo scranno dei deputati-sindaci dei grandi Comuni e che qualcuno ha letto come una ciambella di salvataggio lanciata al viceministro alle Infrastrutture, nonché primo cittadino Pd di Salerno, Vincenzo De Luca.

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