L'esclusione ex lege di detti immobili dal pagamento della rata di acconto e l'annunciata eliminazione anche del saldo di dicembre impongono un'attenta riflessione sulla nozione di abitazione principale ai fini Imu e, probabilmente, la rimeditazione della tesi interpretativa fornita sul punto dal Mef. L'art. 13, comma 2, legge n. 214/2011 esprime la puntuale definizione, ai fini dell'Imu, di «abitazione principale». Tale è l'immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Il legislatore, al chiaro scopo di arginare il fenomeno elusivo determinato dalle doppie residenze acquisite dai coniugi in immobili diversi per beneficiare delle agevolazioni previste dalla legge, ha quindi ulteriormente circoscritto la definizione di abitazione principale. Trattasi di una disposizione, peraltro già sussistente per l'Ici che fu qualificata dal diritto vivente come disposizione restrittiva con finalità antielusiva. Ne consegue che il trattamento agevolato che il legislatore dell'Imu riserva all'abitazione principale spetta esclusivamente agli immobili che rispondono ai requisiti prescritti dall'art. 13, comma 2. L'unica eccezione a tale regola è rappresentata dalla scelta del legislatore (art. 13, comma 2, terzo periodo) di estendere l'applicazione del trattamento agevolato riservato all'abitazione principale anche all'immobile nel quale abbia la residenza e la dimora abituale uno solo dei coniugi, purché, però, l'altro risieda comunque in un immobile di proprietà, situato nell'ambito dello stesso comune. Trattasi di una disposizione agevolativa poiché attribuisce un regime di favore a un immobile che, altrimenti, non ne avrebbe diritto, non rientrando nella nozione di abitazione principale così come codificata. Ma cosa accade nella diversa ipotesi in cui i coniugi abbiano fissato la residenza in immobili situati in comuni diversi? In tale caso, a rigor di legge, i coniugi perdono il diritto al regime di favore per entrambi gli immobili, atteso che con lo sdoppiamento delle residenze nessuna delle due abitazioni integra i requisiti di abitazione principale (ovvero, dimora e residenza del soggetto passivo e del suo nucleo familiare). Né, tantomeno è possibile una applicazione estensiva della predetta disposizione agevolativa, poiché necessariamente di stretta interpretazione. Letta la norma, non è, pertanto, condivisibile l'interpretazione dell'art. 13, comma 2 cit. elaborata dal Mef. In particolare, non convince la tesi ministeriale secondo cui «lo scopo dell'art. 13, comma 2, terzo periodo sarebbe quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all'applicazione delle agevolazioni per l'abitazione principale, ovvero impedire che nel caso in cui i coniugi stabiliscono la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l'abitazione principale». La disposizione de qua attiene non già alla puntualizzazione della nozione di abitazione principale, bensì consente, limitatamente a un solo immobile e alle prescritte condizioni, l'applicazione delle agevolazioni previste per le abitazioni principali, altrimenti non spettanti. Quindi più che di norma stringente e di finalità esclusivamente antielusiva (come considerata dal Mef) trattasi di specifica agevolazione. Tant'è vero che è rimessa ai coniugi contribuenti la scelta dell'immobile che potrà godere del regime di favore (con relativo onere dichiarativo che invece non è previsto per l'abitazione principale). A fronte delle citate considerazioni, l'apertura operata dal Mef al riconoscimento del trattamento agevolato per entrambi gli immobili, nel caso di coniugi con residenza e dimora in comuni diversi, non appare affatto condivisibile poiché sembra non tenere conto che l'applicazione del regime di favore per le abitazioni principali non può prescindere dalla definizione, appunto, di abitazione principale così come delineata (art. 13, comma 2). Allo stato dell'arte della normativa vigente, per Anutel è di stringente necessità, magari in sede di conversione del dl n. 102, una modifica legislativa dell'art. 13, comma 2, terzo periodo che preveda l'applicazione del trattamento di favore non già per uno degli immobili situati nello stesso comune, ma piuttosto per le situazioni di residenze e dimore in immobili in comuni diversi, e sempre per uno solo, dove la meritevolezza della agevolazione è certamente più giustificata.