Questo esempio racchiude tutte le perplessità del relatore Marco Causi (Pd) sul decreto Imu di fine agosto che cancella l'acconto dell'imposta sulla prima casa e che è all'esame della Camera. Nella sua relazione di ieri davanti alle commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio, l'esponente democratico giudica un «onorevole compromesso», in cui «nessuno ha vinto e nessuno ha perso», quello raggiunto all'interno del governo sul provvedimento che - tra le altre cose - rifinanzia la Cig in deroga, mette in sicurezza gli esodati e stanzia altri 7,2 miliardi per il pagamento dei debiti della Pa. Sottolineando però che non tutti i nodi sono stati risolti. In primis l'alleggerimento sui capannoni e la definizione della futura service tax.
Nel suo intervento Causi cita tre problemi da risolvere. A cominciare dall'incertezza dell'evoluzione complessiva dell'equilibrio finanziario della Pa nell'ultimo quarto del 2013. In attesa della nota di variazione del Def prevista per il 20 settembre, l'ex assessore al Bilancio del Comune di Roma ricorda le emergenze da affrontare entro fine anno e senza mettere a repentaglio la tenuta dei conti pubblici: destino della seconda rata Imu, stop all'aumento dell'Iva, rifinanziamento della Cig, del fondo esodati e delle missioni di pace.
Da qui a parlare di fisco il passo è breve. Per il deputato del Pd è il momento della selezione degli obiettivi dichiarati e «trasparenti» di politica economica. A tal proposito Causi fa notare come nel decreto ci sia concentrati solo sull'Imu senza giungere al «ridisegno complessivo della tassazione immobiliare» promesso con il decreto 54 (che a maggio aveva sospeso il pagamento della prima rata, ndr). In cui rientra anche il destino del prelievo sulle imprese: «Una riduzione dell'Imu sui fabbricati strumentali alle attività produttive - fa notare - sarebbe di grande utilità, soprattutto per i settori esportatori della nostra economia, ma il decreto che stiamo esaminando la limita al solo settore agricolo». E sempre in nome di quelle scelte di politica economica l'esponente democratico dice che «sarebbe interessante valutare durante l'esame del presente decreto e della prossima legge di stabilità» le proposte di riduzione del cuneo fiscale.
La terza area di incertezza riguarda il «futuro assetto a regime del sistema dei tributi comunali». Per lui è «assolutamente necessario che il parlamento e il governo comincino fin da ora a chiarire "quale" imposta comunale sui servizi verrà introdotta al posto dell'Imu sull'abitazione principale». Ad esempio chiarendo se sarà pagata da tutti i residenti e come si intreccerà con l'Imu.
Accanto alle ombre nelle parole di Causi c'è spazio anche per qualche luce già contenuta nel Dl. Come il superamento del regime di cogestione dell'imposta fra Stato e Comuni oppure la riduzione della cedolare secca sulle locazioni a canone concordato che potrebbe aiutare il mercato degli affitti. Senza dimeticare il collegamento che ci sarà con la riforma del catasto, contenuta nella delega fiscale che la Camera licenzierà prima ancora del decreto Imu. Proprio ieri la conferenza dei capigruppo ha calendarizzato per il 23 settembre l'approdo in aula della delega. Così facendo l'arrivo in assemblea del Dl potrebbe slittare di una o due settimane.
Sostanzialmente positivo è invece il giudizio dell'altro relatore, Rocco Palese (Pdl), che allontana lo spettro di un problema di coperture: «Le variazioni di bilancio sono state fatte su poste che non sarebbero state utilizzate e che poi saranno ripristinate, dai debiti Pa arriverà nuovo gettito Iva certo e per il contenzioso sui giochi è stata fatta una stima prudenziale di entrata, che ritengo potrà essere aumentata».
Fin qui le parole dei relatori. Da oggi tocca alle audizioni dei soggetti interessati dal provvedimento. Si comincia alle 9.50 con l'Ance. E si prosegue con Abi, Cgil-Cisl-Uil, comitato di esodati e Upi. Per poi ricominciare all'inizio della prossima settimana.