Il Governo deve superare questo ostacolo per fissare la distinzione fra esenti e paganti dell'Imu agricola sulla base dei parametri Istat che catalogano i Comuni come «montani», «parzialmente montani» e «non montani». Il ricorso a questa classificazione, in sostituzione dello sfortunato criterio «altimetrico» di cui è già stata praticamente annunciata la bocciatura al Tar, è già stato deciso, e secondo i progetti governativi filtrati nei giorni scorsi dovrebbe riguardare sia i pagamenti 2015 sia quelli 2014, prorogati al 26 gennaio prossimo.
Per arrivare a questo traguardo, il Governo sta appunto cercando le coperture, ma difficilmente le nuove decisioni riusciranno a diventare ufficiali prima della prossima settimana (il consiglio dei ministri è in programma per il 20 gennaio). Risultato: come a dicembre, quando sull'onda delle proteste il Governo decise di spostare il termine al 26 gennaio, i contribuenti avranno una manciata di giorni per capire se e quanto devono pagare. Anche per questa ragione i commercialisti, per bocca del consigliere nazionale delegato alla fiscalità Luigi Mandolesi, chiedono con urgenza «la sistemazione definitiva alla disciplina». Ma sul tema torna a scaldarsi anche la polemica politica, che a dicembre aveva prodotto uno scontro all'interno dello stesso Governo. L'ex ministro dell'Agricoltura Nunzia De Girolamo, oggi capogruppo alla Camera del Nuovo Centrodestra, preme per il ritorno delle vecchie esenzioni, per «porre davvero fine a un'assurdità che rischia di mettere in ginocchio agricoltori e Comuni in un colpo solo».
Anche i Comuni, che hanno già subito i tagli al fondo di solidarietà per compensare un gettito più che teorico nel caos di queste settimane, sono infatti sulla stessa linea. Più di 500 sindaci, chiamati dall'Intergruppo parlamentare sullo sviluppo della montagna guidato da Enrico Borghi (Pd), si sono riuniti ieri a Roma per un confronto con il Governo, e il delegato Anci alla Finanza locale Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno, ha rivolto un appello all'Esecutivo chiedendo Palazzo Chigi di «non applicare per il 2014 una norma oggettivamente inapplicabile, e inserire il tema all'interno della discussione sulla local tax» che dovrebbe ripartire a breve.
A complicare tutto, però, c'è appunto il nodo della copertura, perché l'Imu dei terreni ex esenti (ribattezzata «tassa sui rovi» nell'incontro di ieri) dovrebbe portare ai conti pubblici 350 milioni all'anno. Anche nella versione rimaneggiata, basata sulla tripartizione Istat, varrebbe intorno ai 260-270 milioni, e per cancellarla bisognerebbe trovare risorse alternative anche da attribuire ex post al bilancio 2014.